Mi avvicino alla targhetta e leggo: "Cesare Magni, San Giorgio e il drago". Il mio cacciatore è dunque un San Giorgio, e quello lì è il drago?? Che mattacchione, questo Magni... Però vedendo il suo quadro ( che risale al '500) mi è venuta in mente qualcosa di veramente bello, e vorrei rendervi partecipi di questo affioramento della mia memoria.
Il libro è "Il castello dei destini incrociati" di Italo Calvino, e questo è il capitolo finale.
(...) C'è stato pure un tempo in cui girando nei musei mi fermavo a confrontare e a interrogare i Sangiorgi e i loro draghi. I quadri di San Giorgio hanno questa virtù: fanno capire che il pittore era contento d'avere da dipingere un San Giorgio. Perché San Giorgio lo si dipinge senza crederci troppo, credendo solo alla pittura e non al tema? Della condizione instabile di San Giorgio (come santo di leggenda, troppo simile al Perseo del mito; come eroe del mito, troppo simile al fratello minore della fiaba) sembra che i pittori siano sempre stati consapevoli, cosi da guardarlo sempre un po' con l'occhio "primitivo". Ma, nello stesso tempo, credendoci: nel modo che hanno i pittori e gli scrittori di credere a una storia che è passata per tante forme, e per il fatto di dipingerla e ridipingerla, di scriverla e riscriverla, se non era vera lo diventa.
(Italo Calvino, Il castello dei destini incrociati, capitolo finale)
PS: il San Giorgio di Cesare Magni in rete non si trova; questo qui sotto è di Giovanni Bellini.
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