Il futurismo ha due facce: una allegra, giocosa e simpatica; l’altra truce e minacciosa, funerea.
Il futurismo nasce più o meno cent’anni fa, agli inizi del Novecento, preceduto dal Ballo Excelsior, dalla nascita del fumetto, dal Liberty. Gli esponenti dell’ala simpatica del futurismo sono molti; a me piace ricordare soprattutto Bruno Munari, grandissimo designer e architetto, che iniziò col futurismo ma che poi dal futurismo prese le distanze. Anche tra i russi si trovano esempi di futurismo simpatico e divertente, o comunque impegnato nella satira sociale (Majakovskij, La cimice); purtroppo la faccia più nota e prevalente del futurismo è l’altra, quella nefasta.
La faccia brutta del futurismo è nell’esaltazione della guerra: il suo “manifesto programmatico” è infatti un libro intitolato “zzang tumb tumb” di F.T.Marinetti, che non è una storia a fumetti ma il rumore delle bombe e delle pallottole sul campo di battaglia. A Marinetti la guerra piaceva, la chiamava “igiene del mondo”.
Il mito della velocità è l’altra faccia negativa del futurismo. Non perché la velocità in sè sia un fattore negativo (a tutti piace arrivare presto, mi sembra quasi inutile dirlo ma non si sa mai) ma per l’assoluta e dittatoriale certezza, un vero dogma, con cui viene pronunciata ed enunciata. Di recente, lo storico dell’arte Salvatore Settis ha fatto notare una cosa, dati alla mano: con il costo di pochissimi chilometri di TAV (treni ad alta velocità) si potrebbe ricostruire senza problemi il centro storico dell’Aquila, la città devastata da terremoto. Questo non succede, aggiungo io, perché la percezione di quasi tutti è che andare a trecento all’ora (mi si passi il termine) è figo, mentre ricostruire l’Aquila (città antica) è cosa noiosa. Anche questo modo di ragionare fa parte dell’eredità del futurismo marinettiano: le cose vecchie sono noiose, “uccidiamo il chiaro di luna” è una delle citazioni più famose di Filippo T. Marinetti. Marinetti dunque esaltava la guerra, e poi si annoiava davanti al chiaro di luna: a me basta per prendere le distanze da lui e dal suo movimento.
C’è poi il mito del cemento, il cemento razionalista, che è la diretta conseguenza del mito della velocità. Con il cemento si costruisce velocemente, con il cemento armato si costruisce ancora più velocemente, il futuro è nel cemento; si dichiara dunque guerra a tutto ciò che è naturale, come il chiaro di luna, e disturba il Liberty, cioè il lavoro manuale, il piccolo piacere personale, l’individualità anche nella costruzione delle case. Il razionalismo in architettura, al di là delle sue premesse teoriche, ha portato ad un’architettura sempre più uguale in ogni parte del mondo; se individualità ci deve essere, non è quella del proprietario ma quella del costruttore o del padrone. A Roma, in nome del razionalismo e del futurismo, fu distrutta gran parte della città antica per costruire Via dei Fori Imperiali e così fare le parate militari...
Ormai sono passati cent’anni, i baffi impomatati di Marinetti e di D’Annunzio ci appaiono patetici e antichi, eppure quel topo futurista continua a rodere e a costruire, e a mangiarsi l’ambiente in cui viviamo. Speriamo che non arrivi anche un’altra guerra: a Marinetti settant’anni di pace sarebbero sembrati noiosi, il suo ideale di vita ero lo zzang tumb tumb dei campi di battaglia del 1914-18...
sabato 9 febbraio 2013
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