La casa di ringhiera, quella dove tutti passano sul ballatoio, che dà sul cortile, è probabilmente un’evoluzione delle antiche corti. La casa di ringhiera era tipica di Milano, la Milano di inizio Novecento: molti ne parlano ancora con affetto, e alcune di queste corti sono state restaurate. La ragione di questa nostalgia, una nostalgia positiva, sta in questo: che nei palazzi e condomini moderni ognuno se ne sta per conto suo, mentre per le case di ringhiera si faceva, nel bene e nel male, vita in comune. Per cui, si finiva per conoscersi tutti e per sapere, volenti o nolenti, cosa faceva il vicino e come se la passava: il lato negativo di questa convivenza è chiaro, il lato positivo è che c’era tanta brava gente, e tutti finivano per aiutarsi al di là delle simpatie o antipatie personali.
Ovviamente, le case di ringhiera non c’erano solo a Milano: ma è a Milano che se ne parla con nostalgia, e – soprattutto – arrivato a questo punto mi sono reso conto che ho messo in fila un po’ di parole ormai desuete, di quelle che non si riesce più a capire di cosa si sta parlando, soprattutto se si è molto giovani. E dunque, premesso che io in una casa di ringhiera non ci ho mai abitato, prendo il dizionario e provo a mettere un po’ in chiaro:
Ringhiera: in sostanza, sinonimo di parapetto. Un parapetto in ferro, “barre e tubi di metallo variamente disposti e foggiati per scale, ballatoi, terrazzi, eccetera”. La parola “ringhiera” pare che provenga da “arengo, arengario” e simili: quindi un’origine molto antica.
Ballatoio: è un “balcone che gira tutto attorno ad un edificio o a parte di esso, sia esternamente che internamente, con parapetto di protezione”. L’etimologia è probabilmente latina: “ballatorium”, o forse “bellatorium”, con riferimento alle scuole di combattimento (lo Zingarelli dice che è un’etimologia poco chiara, discutibile).
Corte: non la corte del Re, ovviamente, ma la corte delle case contadine, l’aia, lo spiazzo dove si facevano i lavori. Spesso le case erano disposte a cerchio intorno alla corte, e comprendevano i fienili, eccetera. Nell’Ottocento a Milano erano ancora molti i contadini, e questa è forse l’origine della case di ringhiera.
Ma le case di ringhiera, si sa, “non ci sono più”, "gh'è minga pü, la ringhera"; e non ci sono più neanche i milanesi “cont el coeur in man”, i milanesi con il cuore in mano, che oggi in tempo di bossismo-maronismo, di leghismo e secessionismo sembra una battuta di spirito, ma c’erano – oh, se c’erano, ce n’erano tanti e io ne ho conosciuti tanti. Persone cordiali, solari, aperte, ben disposte verso il prossimo: ma i loro figli (quelli della mia età) non erano già più così, i loro nipoti men che meno. Provo a dare una spiegazione a tutto questo: negli anni ’20, ’30, ’40, ’50, la televisione non c’era. Negli anni ’60, ’70, ’80, il telefonino e i videogames non c’erano. Negli anni ’10, ’20, ’30, eccetera, c’erano campi e prati, anche a Milano, dove i ragazzi e i bambini andavano a giocare; eccetera eccetera. Insomma, è tutto un mondo che è cambiato.
(vignetta di Maramotti, dal mensile Linus, anno 1992)
Fabrizio RAVANELLI
17 ore fa