lunedì 31 ottobre 2011

Copyright, ma forse no

Il discorso sul copyright in teoria è semplicissimo: se uno inventa qualcosa di nuovo, di bello o di utile, è giusto che sia ripagato. E si potrebbe finire qui se non fosse per un dettaglio: che il mondo non è perfetto, e quindi di cose da dire ce ne sono tante, i “se” e i “ma” sorgono numerosi non appena ci si addentra nella pratica, cioè nella vita vera.
La prima cosa da dire è questa: siamo sicuri che quello che viene coperto dal copyright è veramente nuovo e autentico? Non entro nel dettaglio del copyright tecnologico-scientifico perché la materia è troppo complessa, gli interessi sono molto grandi, ed è meglio lasciare queste cose agli esperti (anche di politica, s’intende). Nel nostro campo più ristretto e più accessibile a tutti, e cioè parlando di musica, di libri, di spettacoli, succedono cose che lasciano molto perplessi. Provo a farne un piccolo elenco.

1) Nella musica, non si inventa niente. L’ultima grande stagione di novità è stata quella dell’inizio del Novecento, la dodecafonia di Arnold Schoenberg, il jazz, il blues, la musica elettronica. A guardar bene, anche i grandi gruppi rock e pop degli anni ’60 non hanno inventato nulla di nuovo, dal punto di vista musicale: i Rolling Stones, i Beatles, Eric Clapton, Bob Dylan, si sono mossi molto bene ma con chiarissimi punti di riferimento a musiche già esistenti: appunto il blues, il folk, il jazz, la musica classica. I musicisti lo sanno da sempre: il giro di accordi del blues non è infinito, è anzi molto ristretto; il più delle volte conta più la personalità dell’artista che la musica in sè. E che cosa dire dei musicisti venuti dopo i Rolling Stones, i Beatles, i Pink Floyd, eccetera? Nella musica non si inventa più niente da almeno cinquant’anni, sono sempre gli stessi accordi che girano. Possono essere cose piacevoli, anche molto piacevoli, ma sono sempre sempre gli stessi accordi: chiedetelo a chi ha studiato composizione, a me è bastato fare i primi tre anni di pianoforte (tanti anni fa) per accorgermi di cosa succede. Gli esercizi del Longo, quelli per allenare le dita, contengono più musica di tutti i Festival di Sanremo dal 1950 in qua: io mi vergognerei a portare alla Siae canzoni come quelle che oggi vengono difese come se fossero dei tesori d’inventiva. Non faccio nomi, perché so che i fans sono molto aggressivi, ma i primi dieci nomi che vi sono venuti in mente sono comunque perfetti come esempio. Il discorso vale anche per le colonne sonore dei film, quelle contenute nei trailers e che oggi la Siae vuole far pagare: ad un orecchio attento, il 90% delle colonne sonore contiene evidentissimi arrangiamenti da Mahler, da Wagner, da Brahms, da Monteverdi, da Vivaldi, da Scarlatti... Pagherei molto volentieri le royalties almeno a Gustav Mahler, il più giovane tra quelli che ho citato, ma non mi sembra che abbia lasciato eredi.

2) Molti testi, molte registrazioni, molti film, non sono disponibili sul mercato. Non sono disponibili nel senso che i proprietari dei diritti li tengono nascosti, chiusi a prender polvere, perduti, dimenticati: e il discorso vale anche per le pietre miliari del cinema e della letteratura. Siamo nelle mani di pochi manager (e dispiace dirlo: sempre più incolti) che decidono cosa posso comperare e cosa no. E in questi casi che si fa? Ci si rivolge alla pirateria, ci si arrangia su youtube? Aspetto sempre che qualcuno me lo spieghi; nell’attesa, abbraccio fraternamente tutte le persone che, in questi ultimi vent’anni, hanno reso disponibile materiale che altrimenti non avremmo mai potuto vedere, leggere, ascoltare.

3) Con le nuove tecnologie, quelle nate negli ultimi anni, il copyright diventa impossibile. Un e-book, tanto per dirne una, sarà copiato subito ventimila volte, inutile sbattersi tanto, conviene farsene una ragione. Volete metterne in galera uno, mandarlo alla sedia elettrica o all'iniezione letale? Si può fare, ma ora che lo trovate quel file sarà già stato duplicato all’infinito. Io ho risolto il problema così: sono uno scrittore, sono stato pubblicato da terzi, ogni tanto c’è perfino qualcuno che mi dice che sono bravo, ma i miei testi sono qui disponibili, gratis. Ho una certa età e so bene come funzionano queste cose: nel mondo dell’editoria si entra quando si è già famosi, o quando si è parenti, amici, amanti, eccetera. Insomma, saper scrivere, saper suonare, saper comporre musica, saper fare un film – mi si passi la battuta – sono diventate questioni del tutto secondarie. Nel mondo in cui sono cresciuto io non era così, chi voleva entrare nell’editoria aveva davanti i Calvino e i Pavese, per esempio; era dura entrare, durissima, ma poi venivi preso in considerazione. Oggi non è più così, né nel mondo dell’editoria né in quello del cinema e della tv (la fìccion, quelle storie copiate, quei dialoghi tutti uguali, ci vuole una gran faccia tosta per coprirli col copyright), eccetera eccetera eccetera.
Uno spazio sarebbe rimasto, ed è quello dell’editoria di qualità: ne abbiamo molti ottimi esempi, sia nei dvd che nei libri che nei dischi. Edizioni accuratissime, nei libri, le abbiamo fin dagli inizi del Novecento (i libri della Sansoni, poi la BUR, poi gli Oscar del vecchio Mondadori...): vesti grafiche eleganti ma semplicissime, costi ridotti, traduzioni accuratissime, note a margine. Il Dante della Hoepli è ancora oggi esemplare: tutta la Divina Commedia (inferno, purgatorio, paradiso) in un libro che sta in una mano (cm 7x12), caratteri piccoli ma leggibilissimi, note a piè di pagina. Un altro esempio: i dvd della Ripley’s Home Video, immagini perfette, versione italiana e versione originale, sottotitoli italiani e nella lingua originale, commento dell’autore in voce su tutta la durata del film, con i sottotitoli tradotti per l’occasione, eccetera. Di fronte ad oggetti come questi, come si fa a piratare? Io non me la sentirei mai, vado in negozio e compro; piuttosto è un peccato che la pubblicità non sia adeguata, ma questo è un altro discorso.
Ma se invece si pensa di far scaricare e di guadagnare, signori miei, tempo perso e fatica sprecata. Pensate di recuperare qualcosa con le multe? Mah, se volete provarci provateci: io se appena posso non scarico nulla, ci ho provato un paio di volte ma le connessioni sono ancora troppo aleatorie, il più delle volte quando si ascolta o si guarda quello che si è scaricato poi si butta via tutto. A meno che non siano cose brevi, di pochi minuti, il gioco non vale il tempo che ci si perde; ma se voi mi chiudete tutti i negozi, se mi licenziate tutti i commessi esperti e appassionati, chi volete mai che comperi le cose che tenete sotto chiave e che non fate vedere a nessuno?

2 commenti:

Anonimo ha detto...

A proposito di Mondadori: sai cosa hanno fatto con i libri Einaudi quando l'hanno incorporata? Al macero... non si trova più niente!
Per quanto riguarda lo scaricare (le cose di qualche anno - se le trovi - sono abbastanza decenti; per quelle recenti, invece, vengono caricate le copie estere con un audio pirata - hai presente colpi di tosse e caramelle scartate?) ma volevo dire: mi sembra l'anno scorso, Maroni aveva fatto la proposta (com'è andata a finire poi la faccenda del wi-fi?), si scusa, dicevo che volevano permettere lo "scarico" infilandoci anche lì la pubblicità... e certo, probabilmente anche Publitalia (la concessionaria, altro bel conflitto d'interessi) comincia a risentire della crisi!

Giuliano ha detto...

i libri Einaudi li cerco sulle bancarelle, nei negozi di libri usati, ma sono sempre più difficili da trovare. Del resto, per spiegare la crisi economica attuale non c'è niente di meglio della frase detta nei mesi scorsi dall'attuale capo della fu Einaudi, che cioè a quei tempi non capivano niente di editoria...(fa il paio con le cazzate di Tremonti sul "non leggo un libro da vent'anni").
Sullo "scaricare" la mia impressione è questa: che funziona abbastanza bene con le cose brevi, le canzoni da tre minuti, i corti. Su una sinfonia, su un'opera, su un film intero, c'è quasi sempre da disperarsi. E poi, come spieghi bene tu, non sai mai in che mani sei capitato.
Tieni poi presente che mi sono molto limitato negli argomenti: sul copyright ci sono sentenze allucinanti, anche in USA, del tipo che se io mi chiamo McDonald di cognome non posso aprire un sito che si chiama McDonald, o Armani, o Versace, o Barilla...