Cosa significa essere di sinistra, oggi? A me sembra che ci siano in giro idee molto confuse, e soprattutto che ci siano molte persone che si dicono di sinistra ma che mancano di qualsiasi punto di riferimento, un po’ per colpa propria e un po’ per le martellanti campagne di disinformazione fatte da vent’anni in qua. Per cercare di spiegare cosa succede, almeno in minima parte, mi vien buona questa pagina recente di Michele Serra – e chiedo scusa a Serra caso mai passasse di qui, ma ho scelto lui perché lo leggo sempre e mi trovo quasi sempre d’accordo. Stavolta, però, mi sembra proprio che manchi qualcosa.
I NEGOZI SEMPRE APERTI, UN'IDEA « PULSANTE» MA UN PO' RISCHIOSA
Gentile Serra, ma abbiamo davvero bisogno dei negozi sempre aperti? Oltre ai problemi dei piccoli negozi che non potranno reggere la concorrenza della grande distribuzione e ai disagi per i dipendenti del commercio - che saranno costretti a lavorare su turni sempre più lunghi - la domanda che dobbiamo porci è: migliora la nostra vita poter acquistare e consumare 24 al giorno, domeniche comprese? O questa opportunità non finirà, soprattutto la sera e nei giorni festivi, per distrarci da altre attività fondamentali come lo stare in famiglia, con gli amici, giocare, fare volontariato, trovare tempo per la riflessione personale? Ci sono giorni, in particolare la domenica, che è bene siano veramente liberi. All'insegna della gratuità e non del commercio. L. B.- email
Buona domanda. Non si vive solo per consumare, anche se l'orrida definizione di «consumatori» ha preso quasi stabilmente il posto della ben più civile e completa definizione di «cittadini». Sarei ipocrita se non le dicessi che i negozi sempre aperti, come nelle grandi metropoli di tutto il mondo, mi danno comunque un'idea di vita pulsante, di libertà e di adrenalina. Il vero problema dello shopping compulsivo (e della complessiva bulimia delle società occidentali) è culturale. Sta nella scala dei valori e delle priorità personali. Chi ha di meglio da fare, è perfettamente in grado di fare a meno dei negozi, anche se sono sempre aperti. Chi invece vive solo per acquistare, non sa che cosa altro fare di se stesso anche quando i negozi sono chiusi. La questione, per come la vedo io, assomiglia a quella della droga, e delle dipendenze in generale. I proibizionisti pensano che si possa migliorare la situazione solo vietando. Gli antiproibizionisti pensano che i divieti servano a poco e che si possa guarire dalle dipendenze solo crescendo, come società e come individui. Tendenzialmente, nonostante gli anni mi abbiano levato molte delle convinzioni e delle illusioni della gioventù, resto un antiproibizionista: che i negozi siano aperti o chiusi, l'importante è decidere noi come servircene, anziché essere al loro servizio.
(Michele Serra, rubrica della posta, Il Venerdì di Repubblica 20 gennaio 2012)
Che dire? So bene che questo non è un saggio di trecento pagine, e nemmeno un articolo di fondo, ma nella risposta di Serra (che vota a sinistra e scrive su un giornale almeno in apparenza orientato a sinistra) c’è un solo punto di vista, quello del consumatore. Una persona di sinistra dovrebbe invece pensare, in prima battuta, ai lavoratori. Le domande da farsi, per una persona di sinistra (e non solo) sono queste: chi lavora nei negozi? Da dove nascono le norme che si vorrebbero abolire, quelle sugli orari di chiusura e sul riposo nei giorni festivi?
Chi ha un negozio di proprietà e sta chiuso, rischia di vedersi portar via la clientela dal negozio vicino, e questo mi sembra ovvio. Ma anche chi ha un negozio di proprietà è una persona, prima che un lavoratore: non lo si può costringere ventiquattr’ore filate in negozio, avrà pure degli interessi, dei bisogni, una famiglia. Il rispetto degli orari di apertura e chiusura, e dei riposi nei festivi, è in primo luogo una norma di civiltà: orari uguali per tutti, o turni di chiusura ben programmati, consentono ugualmente la concorrenza e permettono una vita decente anche a chi gestisce un negozio.
Se invece si parla di lavoratori dipendenti, credete davvero che i supermercati assumeranno più personale? Forse non si è capito che aria tira: il personale rimarrà ridotto all’osso, non si pagheranno gli straordinari, si aumenterà la precarietà. E se qualcuno non ci crede, consiglio di guardarsi in giro: il prossimo passo sarà l’abolizione (cioè il licenziamento) delle cassiere. Il conto alla cassa lo faremo direttamente noi clienti, tecnicamente è già possibile e in molti supermercati stanno già cominciando.
PS: aggiornamento ad aprile 2012: una serie di servizi gioiosi ai tg sugli "studenti che vengono assunti per lavorare la domenica e così possono contribuire alle spese familiari". Ammesso che sia vero, quanto gli danno? E, soprattutto, perché solo gli studenti e non le madri di famiglia, o i disoccupati in generale? Semplice: gli studenti si accontentano di poco, li mandi via quando vuoi, non rompono con le storie dei figli da accompagnare o dei figli che hanno il morbillo, non sono sindacalizzati, e soprattutto - mi ripeto, ma è qui il punto importante - li mandi via quando vuoi. Se provano a dire mezza parola, per esempio: se non ti va bene, lì c'è la porta. (ammesso che sia vero, che assumono gli studenti: questa è un'altra bufala, magari ne assumono una ventina, come spot funziona).
(La vignetta di Massimo Bucchi è del 2004, e viene da www.repubblica.it dove Bucchi pubblica da sempre, ogni giorno o quasi)
Vivere in pace – Luigi Zampa
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