sabato 13 giugno 2020

« Libertà è partecipazione »

Due immagini che mi tornano alla memoria dopo un servizio tv per un libro su Giorgio Gaber: la prima è un Roberto Formigoni nei suoi anni felici, trionfante e contento, che canta, anzi urla, una canzone di Gaber: "libertà è partecipazione", sottolineando e ripetendo più volte con forza il concetto, "libertà è partecipazione" (ci dev'essere ancora il filmato, in qualche teca Rai). Partecipazione agli utili, viene da dire pensando all'oggi, con Formigoni in galera per questioni legate alla Sanità.

La seconda immagine, sovrapposta alla prima, è la grande tristezza di Gaber negli ultimi anni della sua vita. Avevo conosciuto Giorgio Gaber in tv, come tutti, quand'ero bambino; e in casa circolava da sempre un 45 giri con "La ballata del Cerutti", dovrei averlo ancora in cantina. Gaber era una persona allegra, era bello, faceva subito simpatia, ed è rimasto così per tutti gli anni '60; negli anni '70 ha iniziato un percorso più riflessivo, con spettacoli in teatro e testi impegnativi, ma sempre con un sorriso di fondo. Ma poi, negli ultimi anni, Gaber non stava bene e si vedeva. Non sembrava solo una malattia fisica, la malattia c'era ma Gaber non era più lo stesso, e non credo che fosse solo la vecchiaia. Altri attori e cantanti famosi, come Enzo Jannacci e Dario Fo, pur invecchiando e ammalandosi, e subendo gravi lutti, erano comunque rimasti simili a se stessi. Nei giorni scorsi ho guardato le interviste a Francesco Guccini per i suoi ottant'anni, e Guccini è ancora Guccini anche se gli anni cominciano a pesare. Per Giorgio Gaber invece non è andata così.
Che cos'era successo a Gaber? Mi capita ancora di chiedermelo, ovviamente io non posso saperlo perché sono stato solo uno spettatore come tanti, ma quella profonda tristezza mi aveva colpito, ed è ben testimoniata anche dal suo ultimo disco. Provo a fare qualche ipotesi, per quel che vale: Gaber era deluso dalla situazione politica creatasi in quegli anni, e anche dalle persone intorno a lui. E poi, sempre visto dal di fuori, dalla tv, Gaber appariva innamoratissimo della moglie, e credo che lo sia sempre stato. Forse è qui che c'è qualcosa che non torna. Sempre ragionando da lontano (da molto lontano) vedere Ombretta Colli nello stesso partito di Formigoni penso che non sia stato piacevole. Ripenso a spettacoli come "Il signor G", e l'accostamento di quei testi di Gaber con i Formigoni e i Berlusconi, con i La Russa e i Bossi, mi provoca uno stridore insopportabile.

Sono molti, ancora oggi, quelli che storpiano Gaber, quelli che citano "cos'è la destra e cos'è la sinistra" come se Gaber fosse stato un qualunquista qualsiasi, quelli che cantano "la libertà non è star sopra un albero" ma poi pensano solo a riempirsi la pancia, ma Gaber non aveva niente a che fare con il "Polo della Libertà" berlusconiano, basta leggere o ascoltare i suoi testi per capire che era sicuramente di sinistra e la sua era una critica interna alla sinistra, relativa al comportamento di amici e conoscenti che vedeva sempre più lontani dagli ideali di una società migliore.
Questi sono anche giorni in cui mi torna in mente un altro spettacolo di Gaber, "Polli d'allevamento": guarda caso, sono gli anni in cui nascevano Salvini, Di Maio, Renzi, la Meloni, eccetera. Ovviamente, dato che lo spettacolo è degli anni '70, Gaber stava pensando ad altre persone; ma dire che aveva visto lontano mi sembra più che giusto. Già la mia generazione, quelli nati quando Gaber e Jannacci cominciavano a suonare, non è stata un gran che; ma subito dopo di me sono arrivati i paninari (quelli per cui la cosa che conta di più nella vita è la marca del giubbotto e se non hai le calze firmate sei un tamarro) e poi i figli dei paninari, e ormai siamo già alla terza generazione - aveva visto lontano Gaber... Polli d'allevamento, che non sanno che cos'è per davvero la vita, che non hanno mai lavorato, che non si sono mai sporcati le mani in fabbrica o nei campi, pronti a ridere di chi glielo fa notare. Ormai anch'io ho quasi raggiunto l'età di Gaber nei suoi ultimi anni, e comincio a capire perché fosse diventato così triste, al di là delle malattie e dell'invecchiare in sè e per sè.
 
qui per ascoltare Giorgio Gaber, e in ottima compagnia.

2 commenti:

Dario ha detto...

Concordo molto, ma soprattutto contento tu abbia messo quel link :)

Giuliano ha detto...

ho cercato di non dire tutto quello che penso