Nel 1952 Carlo Emilio Gadda va a vedere l’Amleto di Shakespeare e ne scrive per una rivista che si chiamava “Il Giovedì”. La sua analisi fa piazza pulita di tutti i luoghi comuni, soprattutto quello del “dubbio amletico”: Amleto sa cosa deve fare, fin dall’inizio. A bloccarlo sono le possibili conseguenze della sua azione: nel momento in cui dovesse agire, si potrebbe arrivare alla catastrofe. E così accadrà.
Un’analisi illuminante, ma purtroppo il “dubbio amletico” continua a campeggiare, anche nel 2010: dalla pigrizia e dai luoghi comuni è difficile difendersi. Viene da pensare che in pochi abbiano letto l’Amleto, e che di quei pochi quasi nessuno ne abbia capito il senso. E’ per questo che io non finirò mai di ringraziare Gadda, ovunque egli sia in questo momento.
Ho dovuto fare numerosi tagli, relativi soprattutto al rapporto con Ofelia, a Polonio, e alla recensione vera e propria: in quell’Amleto recitavano Vittorio Gassmann , Anna Proclemer, Elena Zareschi, Luigi Squarzina, Gianni Cavalieri, Andrea Bosic, Luigi Vannucchi, Mario Feliciani, Carlo D’Angelo.
«AMLETO AL TEATRO VALLE», di Carlo Emilio Gadda, 1952
(dal volume “Un radiodramma per modo di dire”, raccolta di scritti di Carlo Emilio Gadda, edizioni “Il Saggiatore”1982)
(...) Amleto ha avuto interpreti, critici, traduttori, lodatori, falsificatori innumerevoli: qualche denigratore, anche: ogni epoca del gusto, della sensibilità, del costume, ogni trentennio od ogni decennio del pensiero (o della moda) vi ha cercato e vi ha trovato quello che voleva, quello che piaceva di cercarvi, di trovarvi.
I successivi atteggiamenti della sensibilità e della critica hanno dato alle scene i molti Amleti che la storia del teatro ricorda: e le schematizzazioni e le sforzature non mancano. Quasi ogni volta il personaggio era solo nella sua grandezza, tragicamente monologante o perfino delirante (poiché c'è stata anche una " pazzia " di Amleto) di fronte alle schiere dei mediocri, degli informi, da cui appena emergeva il pallido fiore preraffaellita della Ofelia.
Certo l'anima del principe di Danimarca giganteggia sopra la normale statura degli umani, la sua consapevolezza morale si manifesta - nel giudizio spietatamente crudo ed esatto ond'egli investe, come di un fascio di luce repentina, il verminaio della corte e della politica (direi che in Amleto è percepibile anche la componente " antimachiavellica " dell'anglicismo del puritanesimo e della riforma). La sua condotta tutta imperniata sulla necessità morale dell'azione, che sola può riscattare il nostro destino e motivarlo di fronte alla vergogna e alla colpa, affratella Amleto ai romantici del periodo alto; in Amleto essi hanno avuto il loro uomo.
In lui non si contorce il dubbio, chi mai ha inventato questa scemenza? Si palesa invece un dibattito: il ritardante, lacerante contrasto fra le promissioni della vita consueta, del mondo com'è, degli usi civili, ossia regali, e diplomatici, della menzogna acquiescente, del patto ignominioso datore di salute fisica e di pace fisica, e il senso invece dell'incarico e del conseguente adempimento cui siamo astretti dalle ragioni profonde del " cuore ", cioè dall'imperio etico d'una ragione sopraindividuale: la coscienza etica dell'eternità.
Il dubbio, semmai, non è altro che lo scrupolo procedurale (di timbro anglosassone): e lo scrupolo procedurale fa parte delle acquisizioni etiche dello spirito umano. Amleto, prima di agire, angosciato di dover agire, vuole ottenere la prova di ciò che ha oscuramente intuito dai fatti: oscena celerità delle seconde nozze di sua madre, loro carattere incestuoso (vietato, o almeno riprovato, dalle leggi o dalla consuetudine il matrimonio fra cognati: si pensi alla grana di Enrico VIII).
E poi quel presagio o quel sospetto già circolante nella coscienza collettiva, che è teatralmente reso con le apparizioni del re padre. Lo spettro è, in certo modo, il simbolo o almeno il coagulo di una nozione storica non documentata, ma solo registrata nella verisimiglianza, nella probabilità, nel risentimento profondo dei cuori.
Donde avviene che le parole " prova " e " azione " sono quelle che più ritornano sulle labbra di Amleto, che fanno di lui senza dubbio l'Elettra-Oreste dei romantici, quando per eroe romantico si debba intendere l'uomo invasato dalla missione ricostitutrice (d'una realtà morale del mondo), l'uomo chiamato, predestinato ad agire moralmente. Egli incontra e supera i contrasti e le more che la debilità del corpo, l'istinto fisico della conservazione, l'ambiente, la diplomazia, l'etichetta,
i rispetti umani, le tradizionali osservanze, la tentazione del compromesso, eccetera eccetera, frappongono a una disperata volontà.
Si noti che la missione di Amleto, come quella di Oreste - (da ciò le deriva il carattere e il significato tragico) - è missione forzatamente negativa; punisce e cancella il male e l'obbrobrio, riaprendo al futuro la sua possibilità, la sua verginità. Amleto non arriva alla speranza, alla riedificazione del regno: la quale si colloca al di là della punizione, cioè della così chiamata
" vendetta ". Amleto sente il carattere annichilitore della propria azione, sa di dover cadere lui stesso, nell'atto di operare il cauterio estremo del male, della vergogna e della colpa.
Ed è questa, forse, la ragione oscura e profonda per cui egli respinge da sé quella che lo ama riamata, volendo ridonarle, con la libertà, la salvezza. (...)
Il teatro ci rende consapevoli del bene e del male detergendo dal suo belletto il volto della menzogna, smascherando la vita. Non è questo il solo senso comportato dall'inserzione, tutta shakespeariana e diabolica, della scena nella scena. (...)
" AMLETO " AL TEATRO VALLE di Carlo Emilio Gadda, 1952
(dal volume “Un radiodramma per modo di dire”, raccolta di scritti di Carlo Emilio Gadda, edizioni “Il Saggiatore”1982)
Fabrizio RAVANELLI
16 ore fa
4 commenti:
Gadda vendica anche me! Più volte mi ero chiesta, leggendo, perchè mai Amleto fosse stato interpretato nella chiave ben nota.
Shakespeare è qui dentro! Non solo l'Amleto, fa capire tutto Shakespeare; è una pagina magnifica e non finirò mai di ringraziare Gadda.
Questo è un incontro che ho fatto grazie alle librerie dei Remainders, ed è un peccato che ormai siano quasi tutte perdute. Secondo te, è possibile un incontro casuale con un libro elettronico, come capitava con i libri sugli scaffali? A me sembra quasi impossibile, nelle bacheche virtuali si va a colpo sicuro, gli incontri casuali sono rarissimi.
di blog in blog ho incontrato te...e questo mi basta per dire che tutto può succedere:)
p.s.
ho iniziato a leggere Elémire.:)
Respiro!
eh sì, ma il blog non è una libreria elettronica...il blog è obsoleto, sono già un paio d'anni che partono col titolo il blog è morto, qui facciamo anche i commenti oltre il limte di battute consentito, poi va a finire che ci arrestano. (beh, speriamo di no ma chissà)(io non metto nemmeno i filmati, nemmeno i file audio...sono proprio obsoleto)
(boletus obsoletus)
:-)
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