«Trovo meraviglioso comunicare una bella storia a qualcuno che mi sta a cuore. Quello che abbiamo letto di più bello lo dobbiamo quasi sempre a una persona cara, ed è a una persona cara che ne parleremo subito. Forse perché la peculiarità del sentimento, così come del desiderio di leggere, è il fatto di preferire. Amare significa proprio questo: regalare le nostre preferenze a coloro che ci piacciono di più. E sono queste preferenze condivise a costruire la nostra libertà».
(Daniel Pennac, da un'intervista a La Repubblica, 31 gennaio 2010)
Pietro SERANTONI
4 ore fa
6 commenti:
Grazie del pensiero.
Si addice veramente alla passione e generosità con cui scrivi i tui blog.
Regali una parte di te attraverso le riflessioni e le accurate ricerche. Chi le riceve ha la sensazione di appartenere ad una cerchia di affinità elettiva.
Hermann Hesse parlava di "cerchio ermetico" , Dove non si capita per caso.
Grazie!
Cara Marisa, purtroppo sono riuscito a condividere quasi soltanto attraverso i blog, con persone lontane che non conosco. Una delle grandi sconfitte della mia vita.
L'intervista a Pennac è molto bella, mi piace molto come persona ma non amo moltissimo i suoi romanzi. (ma "Come un romanzo" è una lettura da non perdere)
Condividi parole bellissime.
Scritte da una persona che, anche se non conosciuta, in me suscita solo ammirazione.
E, se posso permettermelo, amicizia.
A presto!
Un abbraccio
Pennac è stato uno scolaro asino, secondo quanto racconta lui stesso: poi è diventato insegnante, e ha scritto un libro bellissimo sull'argomento, appunto "Come un romanzo".
E' francese e ha un cognome vero magnifico: Pennacchioni.
Io di Pennac ricordo sempre con piacere la variopinta umanità multietnica, che mi colpì tanto quando ho letto i suoi romanzi.
Chissà, forse un giorno certi equilibri si vedranno anche...dal vivo.
Ciao Giuliano.
Ciao Paolo! Quest'intervista è molto bella, dovrebbe essere facilmente reperibile sul sito di Repubblica in "archivio" (vicinissimo alla testata del giornale on line).
Parla anche di queste cose, ma da noi verrebbe subito censurato: l'unica risposta è "mandarli a casa loro". (beh, quantomeno per gli idioti non italiani c'è questa possibilità, almeno teorica: ma gli idioti che sono nati qui ci tocca tenerli, nessuna scappatoia).
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