Le città tedesche sono piene di alberi e di parchi. Non “il verde” striminzito degli architetti, quello degli alberelli stentati messi a languire nel cerchietto di cemento, trattati come se fossero lampioni: ma veri e propri alberi, anche centenari, con parchi grandi e ben tenuti tutt’intorno. Ricordo che di Bonn, quand’era capitale della Germania ovest, alcuni fra i tedeschi si lamentavano perché non sembrava una capitale, ma un giardino.
Il maestro Claudio Abbado, che è milanese ma che nei paesi di lingua tedesca ha vissuto gran parte della sua vita, a capo delle orchestre sinfoniche più importanti del mondo e portando molto prestigio al nostro Paese, ha sempre detto che gli sarebbe piaciuto molto che anche Milano fosse così, che somigliasse un po’ a Vienna, a Bonn, alle altre città grandi e piccole che hanno grandi parchi naturali al loro interno. Di recente ha espresso questo pensiero, che riassumo a memoria sperando di non essere troppo impreciso: “Tornerei volentieri a dirigere alla Scala, però invece di essere pagato vorrei che con quei soldi si piantassero diecimila alberi”.
La risposta della classe politica milanese, attentissima al marketing e agli spot, è stata – a parole – entusiasta; nei fatti molto meno. Comunque sia, Claudio Abbado (che è una persona ottimista e propositiva, e che ha fatto molto nel campo del sociale per tutta la sua vita, anche senza propagandarlo) tornerà alla Scala, a giugno: è casa sua, manca da tanti anni, ne aveva una gran voglia, eccetera. Si può anche non essere contenti della sua decisione (io avrei preferito che stesse lontano da questa Milano), ma quello che è successo dopo è davvero curioso, ed è un sintomo evidente del degrado a cui siamo giunti.
Si è cominciato a criticare “il verde” in città (si sa, in città ci vuole solo il grigio cemento, al limite il marmo purché sia bianco funerario); si è cominciato a dire “mettere le piante nei vasi”; si sono cominciate teorie strampalate; sono piovute critiche pesanti su Claudio Abbado; si è detto che chi era d’accordo con Abbado era un nostalgico sessantottino. E il dibattito è finito lì. Il sogno del maestro Abbado (perché un sogno è destinato a restare, questo è evidente a tutti e anche lui lo sa benissimo) è dunque naufragato in mezzo alle polemiche degli “intellettuali” milanesi.
Sembra la lezione di un maestro zen: io vi posso anche indicare la via, ma poi sta a voi realizzarla. E il maestro Abbado (mi dispiace ma stavolta devo dirlo) oggi è un uomo anziano, ed è stato molto malato in questi ultimi anni: non sta a lui risolvere i problemi, sta a noi.
Il gesto di Claudio Abbado ha anche evidenziato la materia di cui è composta la nostra classe dirigente, politica e non solo politica: mala tempora currunt, dicevano gli antichi romani (ma non avevano ancora visto i nostri tempi). Una classe politica pronta a fare il pieno di voti alle prossime elezioni, perché gli astutissimi lombardi hanno già deciso: non sia mai che qualche pericoloso estremista come il maestro Abbado arrivi a prendere il potere.
(Nel frattempo, godetevi il blocco del traffico e l’ecopass e le targhe alterne, e tutto per il vostro bene, s’intende: per combattere l’inquinamento e abbattere il pericoloso mostro del pm10).
Life History of the Forget-me-not
10 ore fa
2 commenti:
Chissà, qualche giudice talebano potrebbe poi decidere che non era previsto un terzo mandato. Ma non è solo così che si risolvono i problemi :(
Cara Angela, ai milanesi la Natura fa proprio schifo. Se metti tante piante, poi magari salta fuori qualche lucertola, o una vespa...No, meglio i topi e gli scarafaggi. (e le cacche di cane sui marciapiedi di cemento, of course: che vogliamo tanto bene agli animali).
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