sabato 10 aprile 2010

Biografico

Duta la vita me son 'stao un pandòlo
che ha visto poco e meno l'ha capìo
in meso de la zente xe stao solo
in conpagnia d'ignoto Dio.
Fiurisse a magio rose
senza savé 'l perché
e la tera d'istae l'ha tanta sé,
le restìe de la spiagia xe amorose.
El sol m'ha fato crésse
el vento m'ha portao intorno
de note e zorno
tra miserie e richesse.
Hè visto, hè vardao,
e m'hè calao su un prao
comò piova o nebiola
co' l'anema sognante senpre sola.
(Biagio Marin, da “Nel silenzio più teso”, ed. BUR Rizzoli 1981, pag.135)

(Tutta la vita sono stato come uno stupido, che ha visto poco e meno ha capito ed in mezzo alla gente è stato solo, in compagnia d'ignoto Iddio. Fioriscono le rose a maggio senza sapere il perché, e la terra d'estate ha tanta sete, le onde della spiaggia sono amorose. Il sole mi ha fatto crescere, il vento mi ha portato intorno, notte e giorno, tra miserie e ricchezze. Ho visto, ho guardato, e mi sono calato su un prato, come pioggia o nebbiolina, con l'anima sognante sempre sola. )

Un pandòlo = uno stupido; con tale vocabolo si indica un gioco antichissimo e semplice, anzi si indica il pezzo di legno usato per giocare; il quale, ovalizzato alla meglio, viene percosso con una mazza all'estremità affusolata, e viene fatto saltare. (penso che si tratti della lippa)

6 commenti:

Amfortas ha detto...

Sì i nostri vecchi a Trieste giocavano "al pandolo". Il gioco ormai non si "pratica" più, come è difficile trovare qualcuno che ti dia del "pandolo" ad indicare la tua scarsa intelligenza.
Credo che la mia sia l'ultima generazione che usa ancora questo termine.
Ciao Giuliano :-)

Giuliano ha detto...

Mio papà raccontava volentieri delle partite alla lippa che giocava da bambino, ma già negli anni '60 era un vocabolo antico. Quando vedeva il baseball nei film americani si divertiva a dire: "quelli lì giocano a lippa come noi quand'eravamo bambini". Ed era vero.
ciao Paul!
:-)

angela ha detto...

vedi che ha ragione Bossi, bisogna insegnare il dialetto nelle scuole ;)

Giuliano ha detto...

Dario Fo e il Nobel alla Padania: ti rimando al primo post di questa serie. E poi a quello su Miracolo a Milano, o ai tanti su Delio Tessa che ho messo e metterò.
La Lega Nord è l'esatta negazione di tutto ciò che è tradizione, stanno cementificando anche il nostro passato, oltre che il nostro paesaggio.

Io ho un cognome veneto, due dei miei nonni parlavano più o meno così, e fino a un anno fa avevo qui spesso il caro Gigi, cugino e quasi fratello di mio padre, che mi teneva vivo il ricordo di questa parlata. Spero che anche dalle tue parti ci sia qualcuno all'altezza dei nostri vecchi - oppure sono tutti dediti all'i-phone anche in Puglia?

angela ha detto...

Bisogna distinguere, come sempre, tra città e provincia e comunque parlano dialetto, con fierezza a Bari, come nel Salento. Io no, la nonna mi ha insegnato a parlare in italiano e, infatti, non ho inflessioni particolari. Però mi piace parlare in barese, distinguendo tra i vari quartieri, quelli che conosco, ovviamente.
In generale, qui tutti si sforzano di parlare in italiano, appena fuori dal contesto quodidiano-famigliare. E' una forma di educazione, tutti devono poter capire (contrariamente a quanto mi succede con i trentini o i veneti), e non mi pare che manchiamo di identità o territorialità. Anzi :)

Giuliano ha detto...

Io con i dialetti ho sempre fatto un gran pasticcio: mamma emiliana, nonni e zii veneti, papà veneto ma cresciuto in Lombardia, ancora oggi non so bene se una parola è veneta o emiliana o comasca!
Forse per questo in casa si parlava solo l'italiano. Mio papà usava i dialetti quando voleva scherzare e divertirsi, mi piace molto questo modo.
Poi, vivendo in Lombardia si imparano tutti i dialetti, volendo: qui ci sono tutti!
Adesso però con il maghrebino e l'ucraino si è fatta molto più dura: sono peggio dei bergamaschi, il che è tutto dire.

Mi piaceva molto quando questa storia dei dialetti era in mano alle persone di sinistra, ai comunisti di ferro come Roberto Leydi...
(prima o poi tiro fuori qualcosa, di Leydi: che distingueva proprio questi due differenti usi del dialetto, uno dei quali - quello che spopola oggi - è razzismo)