Duta la vita me son 'stao un pandòlo
che ha visto poco e meno l'ha capìo
in meso de la zente xe stao solo
in conpagnia d'ignoto Dio.
Fiurisse a magio rose
senza savé 'l perché
e la tera d'istae l'ha tanta sé,
le restìe de la spiagia xe amorose.
El sol m'ha fato crésse
el vento m'ha portao intorno
de note e zorno
tra miserie e richesse.
Hè visto, hè vardao,
e m'hè calao su un prao
comò piova o nebiola
co' l'anema sognante senpre sola.
(Biagio Marin, da “Nel silenzio più teso”, ed. BUR Rizzoli 1981, pag.135)
(Tutta la vita sono stato come uno stupido, che ha visto poco e meno ha capito ed in mezzo alla gente è stato solo, in compagnia d'ignoto Iddio. Fioriscono le rose a maggio senza sapere il perché, e la terra d'estate ha tanta sete, le onde della spiaggia sono amorose. Il sole mi ha fatto crescere, il vento mi ha portato intorno, notte e giorno, tra miserie e ricchezze. Ho visto, ho guardato, e mi sono calato su un prato, come pioggia o nebbiolina, con l'anima sognante sempre sola. )
Un pandòlo = uno stupido; con tale vocabolo si indica un gioco antichissimo e semplice, anzi si indica il pezzo di legno usato per giocare; il quale, ovalizzato alla meglio, viene percosso con una mazza all'estremità affusolata, e viene fatto saltare. (penso che si tratti della lippa)
Fantasma d’amore – Dino Risi
4 ore fa
6 commenti:
Sì i nostri vecchi a Trieste giocavano "al pandolo". Il gioco ormai non si "pratica" più, come è difficile trovare qualcuno che ti dia del "pandolo" ad indicare la tua scarsa intelligenza.
Credo che la mia sia l'ultima generazione che usa ancora questo termine.
Ciao Giuliano :-)
Mio papà raccontava volentieri delle partite alla lippa che giocava da bambino, ma già negli anni '60 era un vocabolo antico. Quando vedeva il baseball nei film americani si divertiva a dire: "quelli lì giocano a lippa come noi quand'eravamo bambini". Ed era vero.
ciao Paul!
:-)
vedi che ha ragione Bossi, bisogna insegnare il dialetto nelle scuole ;)
Dario Fo e il Nobel alla Padania: ti rimando al primo post di questa serie. E poi a quello su Miracolo a Milano, o ai tanti su Delio Tessa che ho messo e metterò.
La Lega Nord è l'esatta negazione di tutto ciò che è tradizione, stanno cementificando anche il nostro passato, oltre che il nostro paesaggio.
Io ho un cognome veneto, due dei miei nonni parlavano più o meno così, e fino a un anno fa avevo qui spesso il caro Gigi, cugino e quasi fratello di mio padre, che mi teneva vivo il ricordo di questa parlata. Spero che anche dalle tue parti ci sia qualcuno all'altezza dei nostri vecchi - oppure sono tutti dediti all'i-phone anche in Puglia?
Bisogna distinguere, come sempre, tra città e provincia e comunque parlano dialetto, con fierezza a Bari, come nel Salento. Io no, la nonna mi ha insegnato a parlare in italiano e, infatti, non ho inflessioni particolari. Però mi piace parlare in barese, distinguendo tra i vari quartieri, quelli che conosco, ovviamente.
In generale, qui tutti si sforzano di parlare in italiano, appena fuori dal contesto quodidiano-famigliare. E' una forma di educazione, tutti devono poter capire (contrariamente a quanto mi succede con i trentini o i veneti), e non mi pare che manchiamo di identità o territorialità. Anzi :)
Io con i dialetti ho sempre fatto un gran pasticcio: mamma emiliana, nonni e zii veneti, papà veneto ma cresciuto in Lombardia, ancora oggi non so bene se una parola è veneta o emiliana o comasca!
Forse per questo in casa si parlava solo l'italiano. Mio papà usava i dialetti quando voleva scherzare e divertirsi, mi piace molto questo modo.
Poi, vivendo in Lombardia si imparano tutti i dialetti, volendo: qui ci sono tutti!
Adesso però con il maghrebino e l'ucraino si è fatta molto più dura: sono peggio dei bergamaschi, il che è tutto dire.
Mi piaceva molto quando questa storia dei dialetti era in mano alle persone di sinistra, ai comunisti di ferro come Roberto Leydi...
(prima o poi tiro fuori qualcosa, di Leydi: che distingueva proprio questi due differenti usi del dialetto, uno dei quali - quello che spopola oggi - è razzismo)
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