Diventa sempre più difficile distinguere l’informazione dalla propaganda, sia commerciale che politica; e la questione riguarda ormai anche giornali e tg che continuavo a ritenere come una piccola oasi di professionalità in mezzo al marasma di informazioni “tutte da verificare”che riceviamo ogni giorno. Me ne sono reso conto con molto dispiacere in alcune occasioni recenti, e questa è una:
PERCHÉ MOLTI BLOG ORA TRASLOCANO SUI SOCIAL NETWORK
di Ernesto Assante, venerdì di repubblica 25 giugno 2010
Il mondo della rete evolve con grande rapidità e quello che era vero solo qualche mese fa spesso non lo è più oggi. Di certo l'area che sembra sul punto di cambiare natura più rapidamente è quella dei blog, che stanno subendo il grande «attacco» dei social network e stanno quindi, pian piano cambiando natura. I «diari» pubblici si sono trasferiti infatti in gran parte su Facebook, luogo dove, peraltro, vivono in maniera più consona alla loro natura, sono facilmente raggiungibili, conoscono una popolarità maggiore e possono essere più facilmente multimediali.
E i vecchi blog? Stanno trasformandosi in rubriche, appuntamenti di natura sempre più giornalistica o para-giornalistica, dove a dominare è l'opinione, che deve conquistarsi, strada facendo, autorevolezza. È un cambio di passo, uno spostamento interessante, che andrebbe analizzato con attenzione. Perché, se da una parte il territorio di Facebook si consolida, quello dei blog diventa più volatile, e costringe poco alla volta anche i più restii a consegnarsi nelle mani dell'azienda di Mark Zuckerberg.
Quello che mi inquieta maggiormente è la chiusa: “consegnarsi nelle mani dell'azienda di Mark Zuckerberg.” Mark Zuckerberg, quello che pochi giorni fa ha dichiarato che la privacy è un valore superato? Mamma mia!
Ma non è finita qui, eccone un’altra:
NON È UN BLOG PER GIOVANI
di Alessandro Gilioli, l’espresso 25 febbraio 2010 www.piovonorane.it
Nell'ultimo anno i blogger americani con meno di 17 anni sono dimezzati, crollando dal 28 al 14 per cento del totale. Meno 15 per cento anche per la fascia d'età immediatamente successiva, quella tra i 18 e i 29. Invece i blogger over 30 sono aumentati dell'l l per cento. Questi dati (diffusi pochi giorni fa dal Pew Internet and American Life Project di Washington) ci raccontano la velocità con la quale i fenomeni si modificano in Internet: benché ancora oggi nei telegiornali italiani si parli dei blog come di «diari on line di adolescenti», avviene invece che ì nativi digitali trovino molto più comoda e colloquiale la conversazione nei social network, mentre i blog stanno diventando sempre di più forme espressive mature di una generazione, appunto, matura.
I motivi sono tanti: a partire dal fatto che Facebook e Twitter consentono una rapidità e un'immediatezza dialogica (ma anche una ludicità) molto maggiori del "vecchio" blog, il che ovviamente piace a più giovani. Inoltre nei social network ci si sceglie il bacino di lettori con cui condividere le proprie esperienze, e quindi si fa molto più "gruppo". Ancora, i tweet rapidi si aggiornano benissimo dal cellulare, mentre tenere un blog soltanto col telefonino è un po' più complesso.
E allora che ne è dei blog? Al momento sembrano trasformarsi in piccole o grandi testate paragiornalistiche, personali o di gruppo, generaliste o di nicchia, serie o facete, ma insomma “da grandi". Più avanti, sono forse destinati a sciogliersi nel mare della Rete. sempre meno distinguibili dai siti Web veri e propri.
Mai uno che dica: “sì, ma per fare cosa?”. Le analisi sono anche condivisibili, e se tutti traslocano su Facebook è inutile negare il fatto, e la cosa in sè non è disdicevole; ma tutti questi che ti dicono “sono su Facebook”, e sembra che la cosa finisca lì, mi danno molto da pensare. Ok, sei su Facebook: e cosa fai, su Facebook? Cosa fai su Twitter? Ok, sei su Facebook, sei su Twitter, ma per fare cosa?
La mia impressione è che, tolte le evidenti e meritevoli eccezioni, la maggior parte di quelli che “sono su Facebook, sono su Twitter, ah tu sei ancora su un vecchio blog” oltre all’esser lì non sanno che cosa fare e non hanno niente da dire. E’ come alle feste: l’importante è esserci, fare ciao con la manina, far vedere che sei lì, sorridere ed essere fighi; poi di tutto il resto non è che importi molto.
Tutti pareri miei personalissimi, s’intende: non ho nessun pulpito e non faccio prediche, non mi ritengo superiore a nessuno, e anzi, se devo proprio dirla tutta – ma no, non lo dico, l’ho già detto ieri e non sto qui a ripeterlo. Però posso dire che, per me, l’importante è NON esserci. L’ho già messo in pratica parecchie volte nella mia vita, e dispiace molto doverlo dire, ma a non esserci il più delle volte (non sempre) si sta benissimo.
Life History of the Forget-me-not
7 ore fa
2 commenti:
Non riesco a cogliere la relazione tra informazioni (la loro autenticità) e il trasloco dei blog su FB che, dal mio punto di vista, solleva un "problema" di attenzione (oltre che di senso e di privacy). Personalmente non vado con l'accetta nei riguardi dei social network, ognuno ne fa l'uso che gli è più congeniale, sapessi quanti blog autoreferenziali di cuultuura farebbero meglio a trasmigare "tra loro e loro". Piuttosto sono sorpresa dall'interesse esagerato e gossipparo per la pochezza di questa comunicazione, mentre non ci si occupa quasi per niente della forma (sostanza) di questi luoghi dove ci scambiamo tante interessanti amenità. Per esempio, trovo stucchevole che ancora oggi si possa tirare manfrine perchè non si riesce a capire dove si scrive un commento!!! Perchè stupirci di Zuckerberg che ci semplifica (apparentemente) la scrittura e la comunicazione, Berlusconi ha fatto la stessa cosa con la Tv. Ma non possiamo passare la vita a lamentarci e a non guardare la TV.
Sì, ho tagliato un po' troppo per le scorciatoie, e avrei intenzione di completare il discorso ma non so se lo farò. Ma per me Mark Zuckerberg è comunque una persona fisica, così come Silvio Berlusconi o Rupert Murdoch o Tronchetti Provera, o Bill Gates - fai tu. Insomma, i blog e facebook eccetera sono gratis, ma solo in apparenza.
Sui blog mi sento molto a disagio, così come lo sarei su Facebook o su Twitter: si dipende sempre dai capricci di quelle persone, non esiste una vera libertà di espressione.
Per il resto, hai trovato l'espressione giusta: "la pochezza di questa comunicazione". Ecco, è questo che mi fa cascare le braccia. Per fortuna, ogni giorno mi capita di trovare dei blog interessanti; ed è un peccato non conoscere altre lingue, perché c'è tantissima gente che scrive bene e ha molti interessi - e di regola sono anche quelli che fanno zero commenti. Zero commenti magari perché si legge, si impara, non si sta lì a perdere tempo in commenti inutili: che Facebook abbia avuto successo si vede anche da questo, che sui blog ci sono sempre meno commenti inutili.
:-)
(ormai anch'io sono un veterano del blog, mi ricordo com'era fino a due-tre anni fa)
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