venerdì 5 novembre 2010

Il caso Marcegaglia

Il caso Marcegaglia è un po’ più complesso, perché Emma Marcegaglia si presenta bene, ha un bell’aspetto, è intelligente, è grintosa. Insomma, a me piace: perciò, quando RaiNews trasmette il suo discorso, la seguo con interesse per molto tempo. E condivido quasi tutto quello che dice, l’unica domanda che mi sorge è questa: ma non poteva accorgersene prima, che le politiche di Bossi e Berlusconi andavano verso lo sfacelo? C’è molta gente che queste cose le dice da vent’anni...
Però pazienza, ok, meglio tardi che mai. Quello che mi disturba, invece, è questo: che ad un certo punto Emma Marcegaglia sembra cambiare marcia, diventare ancora più grintosa e aggressiva, alzare i toni: ce l’ha con gli operai e i lavoratori dipendenti. Ce l’ha con i sindacati, of course.
Sposa in pieno la linea di Marchionne alla Fiat: poca produttività, tanto assenteismo, troppe tutele. Ecco, qui la Marcegaglia diventa davvero cattiva, sembra che sia questo il suo vero obiettivo. Bossi e Tremonti e Berlusconi se li è fatti anche piacere, gli operai proprio no.

Vediamo un po’: pochi giorni dopo il discorso di Emma Marcegaglia (che è presidente di Confindustria) escono i dati ufficiali sul mercato dell’automobile: una catastrofe. Il dato peggiore è quello della Fiat, che in Italia è arrivata anche al 45% in meno; i suoi competitori sul mercato hanno perso anche loro quote, ma non così tanto. In queste condizioni, e purtroppo non si parla solo della Fiat e dell’automobile, che senso ha parlare di produttività? Se il cliente non compera il tuo prodotto, aumentare la produttività serve solo a riempire i magazzini di merce invenduta. Che il vero problema sia un altro, per esempio un mercato già saturo (non a caso la Fiat fa profitti in Brasile, dove le automobili pro capite sono ancora poche) oppure – apriti cielo! che sto mai per dire... – che sia un problema di idee, di imprenditorialità? Che per caso, per carità, solo un’ipotesi, in Italia negli ultimi 20-25 anni sia stata allevata una generazione di imprenditori un tantino scarsi, senza idee e senza iniziative, senza la minima tendenza al rischio? Fateci caso: qui in Lombardia ci sono decine di fabbriche chiuse, ma al loro posto ci sono quasi soltanto centri commerciali, spesso uno vicino all’altro. Tutta qui l’iniziativa imprenditoriale? Che poi, si sa, per un’Esselunga o un Bennet o un Iper, vendere merce cinese o prodotta qui vicino fa lo stesso, anzi meglio se è cinese che costa meno.

L’assenteismo è l’altro grande bersaglio: e io qui vorrei sapere che cosa si intende di preciso, perché se nell’assenteismo ci si mette, oltre a quello che pensano subito tutti, anche la mamma che sta a casa con il bambino o l’operaio con la febbre a 39, beh, insomma, bisognerebbe dirlo. Così sarebbe tutto più chiaro, anche per i vescovi e per il prete che confessa i Berlusconi i Bossi e le Marcegaglia e deve dare loro la Comunione. Siamo ancora cristiani se neghiamo di stare a casa ai malati? Che fine fanno le tante sbandierate politiche sulla famiglia, se una mamma non può mollare tutto e correre a casa dal bambino che ha la febbre alta?

PS: Pochi giorni dopo la conferenza della signora Marcegaglia, mi imbatto in un’intervista all’economista Mario Monti: dice più o meno le stesse cose, ma premette che Berlusconi ebbe il merito storico di evitare che l’Italia finisse nelle mani di Occhetto (anno 1994) e che questo gli va riconosciuto come grande merito; aggiunge che è d’accordo con le “riforme di Brunetta”, ma che non basta, bisognava andare oltre. Le “riforme” a cui si riferisce sono Mario Monti sono la pensione a settant’anni, e ancora maggiore precarietà sul lavoro; e un bel calcione a quei lacci e lacciuoli della Legge 626 e derivati, per esempio, che tanto intralciano la ripresa dell’economia. Le mie conclusioni, per quel che contano: che stimavo molto Mario Monti, ma che ogni giorno muore qualcuno sul lavoro, e sono stufo di sentir dire che è sempre colpa sua, del lavoratore (solo un idiota o un disperato, nell’anno 2010, scenderebbe in una fossa o in un serbatoio senza i necessari accorgimenti: consiglio di soffermarsi sulla seconda ipotesi); che io ho potuto studiare grazie al fatto che mio padre, grazie allo Statuto dei Lavoratori, si trovò a guadagnare qualche lira in più (mica tante, ma se le è fatte bastare); che mio padre morì a 55 anni, probabilmente per una malattia presa sul lavoro; e infine – ma non è che si deve spiegare proprio tutto – aver paura di Achille Occhetto è la cosa più stupida che mi è capitato di sentire in vita mia. Paura di Achille Occhetto? Suvvia, dottor Monti...

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