L’altro giorno mi è successo questo: una ditta esterna ha tranciato due radici di un grosso albero nella nostra proprietà. Stanno facendo dei lavori (pura e semplice speculazione edilizia) e hanno costruito un muro qui sotto le mie finestre. Nel fare il muro, si sono trovati davanti l’albero e hanno tirato diritti; ma passi. Intanto che si discute su chi dovrà pagare l’abbattimento dell’albero nel caso che muoia o che cada (tagliare un albero così alto costa un sacco di soldi, per chi non lo sapesse), ecco che il geometra responsabile del cantiere, con eleganza e nonchalance, passa a quello che secondo lui è invece l’argomento principale di cui preoccuparsi, e cioè il tubo del gas metano, che passa quasi a fior di terra. Lo indica: perpendicolare al muro. Ve ne eravate mai accorti? Certo che sì, ma fino a ieri qui c’era un giardino, qui sopra passavano soltanto gatti e lucertole, è così da più di quarant’anni, l’azienda del gas lo sa, e se voi non aveste aperto quel cantiere inutile a due passi da un parco regionale il problema non si sarebbe posto. Intanto che ragiono così, mi accorgo che il discorso è passato elegantemente ad altro. Si sa, un’impresa edile o un’immobiliare fanno sempre comodo. Così, quando mi chiedono: «Tu che ne pensi?» rispondo che io sto male, e che torno di sopra.
Così facendo, temo d’esser passato per matto. Categoria alla quale ormai mi onoro di appartenere, dato che i sani di mente oggi sono fatti in questo modo:
- i sani di mente aprono un cantiere dove c’è un tubo del gas a mezzo metro dalla superficie; lo vedono, non avvertono nessuno, non chiudono il cantiere, ci fanno passare sopra una ruspa, scavano, ci costruiscono sopra un muro. A lavori finiti ti dicono sorridendo che hai un problema col tubo del gas.
- i sani di mente costruiscono nei letti dei fiumi e dei torrenti.
- i sani di mente fanno i condoni edilizi un anno sì e un anno pure.
- i sani di mente danno concessioni edilizie assurde, ed emanano leggi che consentono qualsiasi cosa, pur di fare speculazioni edilizie.
Eccetera. Il tutto, lo ammetto, aggravato da un fatto: la settimana scorsa ho preso una testata che è guarita subito, meno di tre giorni, ma purtroppo mi è sceso l’ematoma sotto gli occhi, fino agli zigomi; e non è ancora andato via. Ecco, in questi giorni ho davvero l’aspetto del pazzo.
Achille Campanile, da “Gli asparagi e l’immortalità dell’anima”
Io certe volte sospetto di essere pazzo. E certe volte ne ho l'assoluta certezza e allora vorrei abbandonare ogni finzione di saviezza. Come è riposante non simulare più! La cosiddetta saggezza non è assenza di pazzia, perché tutti abbiamo la stoffa dei pazzi. É soltanto possibilità di simulare e possesso maggiore di alcuni freni. Il bello è, poi, che quando mi convinco di essere pazzo e decido di gettar la maschera della saggezza, mi sento in un certo senso rinsavito. Finché simulavo la saggezza, mi sentivo pazzo. Abbandonandomi alla follia, mi sento savio. Andate a spiegare una cosa simile.
La maggior percentuale di sofferenze e di dolori - morali, s'intende -- che ci procuriamo deriva dal fatto che, salvo alcune fortunate eccezioni, noi siamo dei pazzi costretti a fingerci savi e a regolarci come tali. Le fortunate eccezioni non si riferiscono a persone che non sono pazze, ma a quelle che, essendolo, non sono costrette alla simulazione. Il male consiste nel fatto che il mondo riconosce ma non accetta la pazzia e perciò obbliga alla simulazione. Intanto, però, ognuno la riconosce soltanto negli altri. Spesso da quello di cui dice: « È pazzo », il mondo pretende atti da savio.
Ora io non voglio dire che la saviezza sia infelicità e sofferenza. Lo è in quanto simulata. E questa apparente saviezza è la peggior forma di pazzia, la più sinistra, la più dolorosa. Invece la saviezza dovrebbe consistere nel capire quello che si è ed esserlo veramente. Un pazzo sarà savio se si considererà pazzo e se si regolerà e ragionerà da pazzo. Sarà due volte pazzo se cercherà di regolarsi e di ragionare da savio. Beninteso, un savio sarà savio se si regolerà e ragionerà da savio.
In generale siamo dei pazzi che recitiamo la parte di persone savie, l'uno con l'altro. Il cosiddetto inconscio che cos'è se non una delle numerose forme di pazzia che sono in noi? È molto strana la commedia che recitiamo: tutti siamo pazzi in varia misura, che simulano la saviezza. Chi molla, o s’abbandona, viene estromesso materialmente o moralmente dalla società; non tutti e non sempre siamo consci della simulazione.
Prendiamo due individui. Premesso che entrambi sono pazzi e simulano la saviezza, si possono dare i seguenti casi, quanto alla pazzia: ognuno dei due 1) ignora di sé e dell'altro; 2) ignora di sé, ma sa dell'altro; 3) sa di sé, ma ignora dell'altro; 4) sa di sé e dell'altro.
Mescolate le otto situazioni in tutte le possibili combinazioni. Per esempio, A potrebbe trovarsi nella situazione 1 e B nella situazione 2, ecc. In ognuna di queste situazioni, il risultato apparente sarà sempre il medesimo, in virtù della generale simulazione più o meno cosciente o incosciente.
Basta: afflitto, come dicevo, dal dubbio di essere pazzo, volli consigliarmi con un medico circa l'opportunità di sottopormi a un esame psichiatrico.
«Ma sei pazzo?» mi disse quegli. « Perché vuoi farlo? Sarebbe una pazzia andare a mettersi in bocca al lupo.»
« Naturalmente, » dissi « se sono pazzo, niente di strano che commetta delle pazzie. »
« Che vuol dire? » esclamò l'altro, ridendo bonariamente.« Anch'io sono pazzo. Ma non lo dico a nessuno. Fossi matto. »
« Perché? »
« Ma andiamo, dovrei esser pazzo per rivelare d'esser pazzo. Simulo. Fa' altrettanto tu e non ti crear problemi. »
Mentre me ne andavo, mi richiamò.
« Per carità, » fece « non lo dire a nessuno. » « Che cosa? »
« Che sono pazzo. »
« Credo che già si sappia. »
Andai da un amico.
« Vorrei simulare la saggezza » gli dissi.
« Ti consiglio di non imitare me, allora » mi disse.
Malgrado il parere del medico, mi presentai al manicomio e chiesi d'esser messo in osservazione.
« Che sintomi avete? » mi domandò il direttore.
« Ecco, io mi considero pazzo. »
« Non basta. Bisogna assodare se lo siete davvero. »
«Perché? Nel caso che io fossi pazzo, lei mi considererebbe pazzo?»
« Evidentemente. »
« E sbaglierebbe. Se io fossi realmente pazzo, non sarei pazzo a considerarmi pazzo. Mentre, se non lo fossi, è chiaro che lo sarei per il fatto di ritenermi tale. »
« Ma in che consisterebbe allora la vostra pazzia? » ;
« Nel credermi pazzo senza esserlo. »
« Ma allora non sareste pazzo, se non lo siete. »
« Lo sarei in quanto, senza esserlo, mi ritengo tale. Se mi ritenessi pazzo essendolo realmente, questo mio credermi pazzo non sarebbe pazzia; mentre lo è se non lo sono. »
Il direttore del manicomio si passò una mano sulla fronte.
« Voi mi fate diventare pazzo » mormorò. Si volse all'assistente: « Cosicché, dovremmo metterlo al manicomio se non è pazzo? ».
« Precisamente » fece l'assistente. « Perché, non essendolo, ritiene di esserlo. Questa è la sua forma di pazzia. »
« Ma con questo ragionamento » obbiettò il direttore « se fosse pazzo non lo metteremmo al manicomio. »
« Beninteso. È pazzo se non è pazzo. »
« Ma siete pazzo voi. »
« Sarei pazzo se non ritenessi pazzo uno che non essendo pazzo si considera pazzo e che non sarebbe pazzo a considerarsi pazzo, se fosse realmente pazzo. »
A tagliar corto il direttore mi sottopose a una minuziosa visita, sperimentò le mie reazioni, mi interrogò e alla fine mi batté affettuosamente la mano sulla spalla e disse congedandomi :
« Andate, andate tranquillo; questo vostro ritenervi pazzo non è sintomo di pazzia, inquantoché siete realmente pazzo ».
Me ne andai tranquillizzato, sereno, ormai, essendomi tolto un gran peso dallo stomaco : dunque non sono pazzo, visto che sono pazzo.
(Achille Campanile, il racconto "Pazzi" da "Gli asparagi e l'immortalità dell'anima")
PS: “Far finta di essere sani” è un verso di Giorgio Gaber, ed è anche il titolo di un suo spettacolo.
Vivere in pace – Luigi Zampa
20 ore fa
4 commenti:
mi spiace per il tuo ematoma Giuliano. Se ti può consolare, ho portato anch'io una patacca sul naso quest'estate dopo una caduta dalla bici.
Per il resto, alle tue lucide obiezioni e alle perplessità di Achille non c'è molto da aggiungere...
:-)
a me dispiace per la mia Lombardia, non c'è più un posto che si salvi. Quanto meno, in Veneto si può sperare nelle alluvioni (lo so, non si dovrebbero dire queste battute, ma siamo così coperti dal cemento che mi manca il fiato)
In effetti la natura si riprende ciò che è suo. Basterebbe tener conto di questo. Ma, si sa, gli ignoranti e gli arroganti sono tali perchè non sentono ragioni.
col federalismo, la prima cosa da fare era: RESPONSABILITA'. Un sindaco o amministratore che dà certe autorizzazioni, causa di disastri e di morti, deve essere perseguibile per legge, anche a distanza di cinquant'anni (vedi Genova). Un sindaco o assessore al bilancio che fa fallire il suo Comune, deve andare in galera. Se non si parte da qui, non vale neanche la pena di parlarne.
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