martedì 7 agosto 2012

Il Nero

Il bianco è il colore che riflette tutta la luce; il nero è il colore che la assorbe tutta. La luce bianca è data dalla somma di tutti i colori; il nero è assenza di luce. Probabilmente un fisico troverebbe molto da ridire su questa mia semplificazione (non è proprio così) ma di certo il bianco perfetto dell’ossido di Titanio deriva proprio da questa sua capacità riflettente.
Per un pittore, però, il nero è forse ancora più importante del bianco. Sulla provenienza del nero dei pittori, a parte la facilità di reperire il nerofumo, il catrame, le molte pietre nere, ho anche delle notizie decisamente inquietanti, queste:
dal documentario “L’ombra” di Werner Weick, TSI anno 2004
«Il nero, grasso e profondo, di tante tele antiche, proviene dalla triturazione e dalla riduzione in polvere di mummie egiziane prelevate dalle rive del Nilo e contrabbandate in Occidente. Questa polvere veniva anche ingoiata per curare le malattie del corpo e dell’anima che incutevano la paura della morte e della condanna eterna. All’inizio, era una medicina molto rara; ma con l’aumentare delle richieste nel 17mo e 18mo secolo nelle farmacie europee entrò una sterminata popolazione di mummie. Per i pittori, il “color di mummia”, succo pietrificato di umori e di sangue, era migliore di qualsiasi terra di Siena, e più prezioso dell’oro e del lapislazzulo. (...) Alcuni pittori, come il Tintoretto, mescolavano e macinavano ancora più sottilmente il “colore di mummia” aggiungendo altri ingredienti organici per dipingere le loro ultime opere, e fare così dei dipinti e di loro stessi un’arte e un nome eterni (...)» (dal documentario “L’ombra” di Werner Weick, TSI Televisione Svizzera Italiana, anno 2004)
C’è davvero di che spaventarsi: ecco dunque trovata l’origine di racconti come quelli di Poe o come “Il ritratto di Dorian Gray”, e delle leggende sui pittori che mescolavano ai loro colori sangue, unghie, capelli in una specie di magia nera. Non so di preciso quali siano le fonti di Weick (giornalista e scrittore, svizzero ticinese, autore di ottimi programmi e inchieste), ma la storia appare più che plausibile, e posso dire di aver visto in prima persona, in alcune farmacie storiche, antichi vasi farmaceutici con su scritto “mummia”. Ricordo che stiamo parlando del 1600 e del primo ‘700, la medicina moderna era ancora molto lontana.
Leggendo notizie come questa, viene anche da chiedersi come mai si continui a indagare sulla morte di personaggi famosi dei secoli passati: la medicina di prima della Rivoluzione Francese era davvero in questo stato, basti pensare alla pratica dei salassi - magari uno era anemico, il salasso gli dava il colpo di grazia. Spesso agli ammalati si somministrava il mercurio, e questo è purtroppo documentatissimo.
Devo confessare che da quando ho ascoltato questa storia non riesco più a guardare il nero dello sfondo di quadri famosi senza provare un brivido di freddo: sarà mica nero di mummia? Ma molto spesso il nero ha origini più sensate, per ottenere quel “nero, grasso e profondo” in fin dei conti basta molto meno, magari un po’ di pece o di catrame, la resina delle conifere... Per esempio, la mina di matita è grafite, e le matite possono essere più dure o più morbide anche senza ricorrere alle mummie. La grafite è un minerale a base di Carbonio, che si ottiene anche durante la produzione del coke, cioè nelle acciaierie (il coke è carbone opportunamente lavorato, l’acciaio è una miscela di Ferro e Carbonio).
Oggi il nero, come tutti i colori e i coloranti, è quasi sempre prodotto per sintesi chimica. I chimici del Novecento sono stati molto bravi, sono riusciti a montare e smontare quasi tutto l’esistente, almeno a livello molecolare. Manca solo la vita sintetica: ma dopo la recente mappatura completa del DNA, bisogna ammettere che manca davvero poco.
(nelle immagini, dall'alto: Giovanni Boldini, ritratto di Lady Colin Campbell; Tintoretto, autoritratto; un dipinto di Georges de la Tour; e qui sotto ancora il Tintoretto, ma da giovane)
(continua)

4 commenti:

Grazia ha detto...

Devo ammettere che il"nero di mummia" è molto più suggestivo del nero fumo. Hai ragione: guarderemo i quadri '"oscuri" con altri occhi!

Giuliano ha detto...

però col Nero sono arrivato quasi alla fine. Mi manca ancora una cosa, i solventi.
:-)

Klaud ha detto...

Il nome 'mummia' deriva dall'arabo e indica una resina o una cera utilizzata nella conservazione dei morti al tempo degli antichi egizi.

Nel medioevo 'mummia' era il bitume e credo che nessuno abbia macinato cadaveri per ricavarne colori per la pittura. Si è semplicemente confusa la causa con l'effetto. Era usato anche in farmacia, ma si trattava appunto del bitume.
Oltretutto il bitume è un pessimo colore, che ha i difetti tipici del catrame: non asciugare mai.

Sinceramente non so se oggi vengano prodotti dei neri di sintesi per la pittura, ma considerando l'economicità e la solidità del nero fumo o del nero avorio (d'ossa) non vedo la convenienza nel complicare le cose.

Giuliano ha detto...

è una notizia curiosa che ho riportato, di storie ne raccontano tante: per esempio che in Egitto si usavano spesso mummie per far andare i treni, perché nel deserto era più facile trovare mummie che legno...(ovviamente, prima dell'era del petrolio).
Francamente non so cosa dire, non sono un esperto e ogni informazione in più è benvenuta. Ma anche il nero d'ossa è già abbastanza inquietante di per sè
:-)