domenica 25 aprile 2010

I fatti di Piazzale Loreto

Tre partigiani presi a caso dalle pagine dell'ANPI. Per gli altri morti di Piazzale Loreto (sono tanti, troppi), le biografie dettagliate sono su www.anpi.it
1) Nato a Milano il 26 marzo 1919, fucilato a Milano, in piazzale Loreto. il 10 agosto 1944, operaio. Era nato e cresciuto nel popolare quartiere di Niguarda e lavorava come meccanico alla Falk. Convinto antifascista, dopo l’8 settembre 1943 era entrato a far parte della I Brigata GAP “Gramsci”, operante nel capoluogo. Denunciato da una spia, l’operaio fu arrestato e rinchiuso nel carcere di San Vittore. Vertemati seppe resistere alle sevizie e restò in prigione per mesi. Ne uscì soltanto quando i tedeschi decisero di effettuare una rappresaglia per uno strano attentato compiuto contro uno dei loro automezzi, che non aveva tuttavia provocato né morti né feriti tra i militari della Wehrmacht.Con indosso una tuta, (che i nazisti avevano fatto indossare alle loro vittime designate, per illuderle che le avrebbero portate a lavorare per la Todt), Vertemati e altri 14 patrioti, tra i quali Libero Temolo e Vittorio Gasparini, fu portato in piazzale Loreto e fucilato da un plotone di fascisti della “Ettore Muti”. Per intimidire i milanesi, i corpi dei quindici antifascisti massacrati furono lasciati sul selciato dal mattino al tardo pomeriggio; le salme furono rimosse solo per l’intervento del cardinale Schuster.Una lapide, con l’effige in rilievo di Vertemati, è stata posta a Niguarda. Dice: “Indomito cadesti immolando la tua giovinezza/ Questo marmo ricorda l’abitazione del Patriota/ Vertemati Vitale/ Martire della ferocia nazi-fascista/ sacrificato in Piazzale Loreto/ il 10 agosto 1944/ I familiari la Direzione e le Maestranze FALK/ lo ricordano con orgoglio”.

2) Nato a Trani (Bari) il 26 ottobre 1898, fucilato in piazzale Loreto a Milano il 10 agosto 1944, operaio. Militante comunista e partigiano della 113ma Brigata Garibaldi, fu arrestato il 31 luglio 1944 nella sua abitazione. Con lui i militi dell’Ufficio politico investigativo della GNR catturarono anche il figlio Eugenio, un vigile del fuoco della classe 1925, che non aveva risposto alla chiamata alle armi della RSI (il ragazzo, quando già il padre era stato trucidato in piazzale Loreto dai fascisti della Muti al servizio dei tedeschi, fu portato da Milano a Bolzano e da qui a Flossenbürg. Da questo lager fu poi trasferito a Dachau e liberato dagli Alleati il 29 aprile 1945).
Andrea Esposito cadde con gli altri quattordici martiri. Su questo tragico episodio della Resistenza italiana, il gappista Giovanni Pesce, Medaglia d’oro al valor militare, ebbe a scrivere nell’agosto del 2002: «…È in corso il progetto infido e vergognoso di voler riscrivere alcune pagine della storia patria, sì anche piazzale Loreto… Riproporre la Resistenza, come ha spiegato il ministro Gasparri, in una logica che “accontenti tutti”, che possa proporre la storia in una accezione unificante, tagliuzzare tutto, ridurre la gloria a poltiglia, a polvere, al niente. Il progetto è chiaro, è davanti a noi; a noi impedire che si metta in movimento. Piazzale Loreto, oggi vuol dire questo. È la nostra arma più limpida, il nostro esempio, la nostra sfida. I nostri avversari sanno cosa ha rappresentato quel lontanissimo eppure vicinissimo 10 agosto del ’44. Lo sanno anche i nostri giovani, quelli che riempiono le piazze d’Italia, che urlano il loro orrore per la violenza gratuita e per i diritti sepolti…».

3) Nato ad Arzignano (Vicenza) il 31 ottobre 1906, ucciso in piazzale Loreto, a Milano, il 10 agosto 1944, operaio. Negli anni Trenta si era trasferito a Milano da Arzignano, dove la sua famiglia (ricca di undici figli) era molto nota per le idee democratiche del padre fornaio. Nel capoluogo lombardo, il giovane era riuscito a trovare lavoro, prima come assicuratore e poi come operaio alla Pirelli. Nella fabbrica, dove presto i suoi compagni avevano preso ad apprezzarlo per la sua dirittura morale, aveva ripreso i contatti con l'organizzazione comunista clandestina. Durante l'occupazione tedesca Temolo si era impegnato nell'organizzazione delle Squadre di Azione Patriottica sino a che, certamente per una delazione, i fascisti erano andati a prelevarlo nella fabbrica.
Era l'aprile del 1944. Rinchiuso nel carcere di San Vittore, Temolo vi rimase mesi senza un'imputazione precisa e senza processo. All'alba del 10 agosto, i secondini si presentarono alla sua cella e gli fecero indossare una tuta blu da operaio, che recava nel taschino il suo nome e cognome. La stessa tuta fu consegnata ad altri quattordici detenuti di San Vittore, tutti rinchiusi perché sospettati di far parte, a vario titolo, della Resistenza. Ai morituri fu dato ad intendere che sarebbero stati trasferiti in un campo di lavoro in Germania. Ma la loro sorte era già segnata. Theodor Emil Saevecke, comandante della polizia nazista di sicurezza a Milano (soltanto verso la fine degli anni Novanta sarebbe stato processato e condannato all'ergastolo in contumacia per le stragi compiute in Italia), aveva intimato ai repubblichini di fucilare quindici italiani, come risposta ad un'azione compiuta il giorno prima dai GAP in Viale Abruzzi a Milano, nonostante nessun militare tedesco fosse stato coinvolto.
Con un camion i detenuti furono trasportati in piazzale Loreto e fatti scendere dal mezzo. Temolo e un suo compagno socialista della Pirelli (Eraldo Soncini), che dovevano aver intuito quel che stava per succedere, tentarono contemporaneamente la fuga in due opposte direzioni. Temolo fu subito abbattuto da una raffica di mitra; Soncini, raggiunto nel sottoscala di una casa vicina, fu eliminato sul posto; gli altri tredici furono falciati dai proiettili dei tedeschi e dei militi fascisti della "Muti".
A pochi metri dal luogo dell'eccidio (i corpi delle vittime rimasero sul selciato di piazzale Loreto sino a pomeriggio inoltrato, per "dare una lezione ai milanesi"), sorge oggi un sobrio monumento che reca i nomi dei Caduti: Umberto Fogagnolo (classe 1911), Domenico Fiorani (1913), Vitale Vertemati (1918), Giulio Casiraghi (1899), Tullio Galimberti (1922), Eraldo Soncini (1901), Andrea Esposito (1898), Andrea Ragni (1921), Libero Temolo (1906), Emidio Mastrodomenico (1922), Salvatore Principato (1892), Renzo Del Riccio (1923), Angelo Poletti (1912), Vittorio Gasparini (1913), Gian Antonio Bravin (1908). A Libero Temolo, il Comune di Milano ha dedicato una via nella zona della Bicocca dove allora sorgeva la Pirelli (sul tetto della fabbrica, il giorno dell'eccidio campeggiò la scritta "Libero Temolo"). Una lapide, con la foto dell'operaio antifascista, si trova in via Casoretto. Reca inciso: "Libero Temolo / nel martirio / chiuse la vita breve di anni / densa di opere / per il culto della libertà".

http://www.anpi.it/

2 commenti:

Ermione ha detto...

Sapevo dell'eccidio di Piazzale Loreto, ma leggerlo qui da te, e leggere i nomi e le storie di quei giovani è emozionante e triste. Tanta gente dimentica, questa classe politica vuole rimuovere e mettere tutto in un calderone, senza distinzioni e senza memoria storica e critica.

Giuliano ha detto...

Era così in tutto il Nord Italia, ed è noto da sempre. C'è anche l'episodio di "Paisà" di Rossellini, che ricostruisce una storia vera.
E' una vergogna di cui già si parla nell'Antigone, questa di lasciare i morti esposti e insepolti: i fascisti furono campioni in questo genere di cose.