sabato 18 settembre 2010

Un Paese senza classe dirigente

Nel mese di luglio uscì un comunicato della CEI, i vescovi italiani, che diceva così:
«L’Italia sta vivendo un momento drammatico, appare come un Paese senza classe dirigente, senza persone che per ruolo politico, imprenditoriale, di cultura, sappiano offrire alla Nazione una visione e degli obiettivi condivisibili.» (trascrizione dal Televideo Rai, 31.07.2010, da un documento-base in preparazione della Settimana Sociale della CEI, Conferenza Episcopale Italiana, che si terrà in ottobre a Reggio Calabria).
La notizia è uscita d’estate, nel mezzo del gran caldo, e forse a molti è sfuggita; in ogni caso temo che non sia stata ripresa e commentata a dovere, e ne capisco bene le ragioni, purtroppo. Nel frattempo, abbiamo appreso che la OMSA (industria italiana di calze) si è trasferita in Serbia, che la Bialetti (industria italiana di caffettiere e affini) si è trasferita in Cina, che la Fiat – beh, lo sappiamo tutti. Nessuno si fida veramente di questa classe dirigente, al di là dei discorsi di facciata c’è un fuggi fuggi generale dall’Italia, e soprattutto dalla nascente Padania, che ricorda molto il proverbio dei topi che abbandonano la nave in punto di naufragare. Delle analisi di Tremonti non si fida nessuno, delle fantasie di Umberto Bossi hanno tutti paura: così tanta paura che gli industriali, appena possono, scappano dal Veneto e dalla Lombardia, e tra poco anche dall’Emilia. Gli industriali veneti sono già tutti in Romania, da più di un decennio.
Loro, la classe dirigente, si definiscono così: “Siamo il partito del fare”. Ed è vero che si danno un gran da fare, ma il gran da fare si traduce in danno, in danno permanente, in sfregio mai più rimediabile: le colate di cemento seguenti ad ogni condono edilizio, per esempio (i condoni edilizi li ha fatti solo la destra, con la Lega di Bossi a sostegno), e le future colate di cemento che nessuno potrà più fermare, conseguenti alla legge che dà sempre più potere agli amministratori locali (quella che la Lega di Bossi chiama “federalismo” ma che è solo un ritorno al feudalesimo, con il signorotto locale che comanda e gli altri sotto, ad obbedire: come don Rodrigo ai tempi dei Promessi Sposi). Il partito del fare? Ah, se stessero un po’ fermi, che sollievo, che guadagno, andate a dormire, che è meglio. E difatti è tornato di moda citare Dante, adesso lo fa anche la rivista americana “Foreign policy”:
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave senza nocchiero in gran tempesta
non donna di provincie ma bordello...
(Purgatorio, canto VI)
Quasi tutti, però, vanno a cadere sull’ultima parola, “bordello”. Che ci sia un gran bordello, infatti, lo sappiamo tutti; ed a molti la cosa non dispiace, ci ridono sopra, ci fanno delle battute, il bordello ha i suoi lati divertenti e la cosa finisce lì. Invece Dante, che scriveva sempre con molta cura, aveva messo tutto in ordine d’importanza, il bordello lo mette per ultimo perché è la cosa che lo preoccupa di meno. In ordine d’importanza, dunque, Dante elenca: 1) “serva Italia”: l’Italia (Padania compresa) è un Paese di servi, pronti a vendersi al miglior padrone. 2) “di dolore ostello”: un Paese che è l’albergo del dolore, poiché chiunque abbia un minimo di coscienza civica in questo Paese soffre, sta male. Ed è dolore vero, non per modo di dire. 3) “Nave senza nocchiero in gran tempesta”: ecco, questa è l’immagine centrale, quella da sottolineare e da evidenziare.
Nave senza nocchiero e in gran tempesta, un nave dove non c’è nessuno al timone, in mezzo alla tempesta e – aggiungerei – dove c’è qualcuno di molto cattivo che sta solo aspettando il momento giusto per prenderlo, quel timone. I servi per governare la nave, dopo, li troverà molto facilmente.
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave senza nocchiero in gran tempesta...
nave senza nocchiero in gran tempesta...
nave senza nocchiero in gran tempesta...
nave senza nocchiero in gran tempesta...
nave senza nocchiero in gran tempesta...

4 commenti:

franz ha detto...

il sistema politico italiano è un animale strano, con due ali destre, entrambe incapaci di dirigere il paese.
questo è il dramma, anzi uno dei tanti, aqullo di non avere due schieramente alternativi nella realtà, non negli slogan

Giuliano ha detto...

Hai ragione, ma qui c'è ben altro. Non so chi sia stato il "pazzo" tra i vescovi a scrivere questo testo (ottobre sta arrivando, vediamo cosa succede; secondo me si rimangiano tutto), ma qui non si parla solo di partiti politici, si parla di mancanza di una classe dirigente nella cultura e nell'industria.
"Nave senza nocchiero", al di là di quel che succede in Parlamento, è quella con i Marchionne, che cerca solo il contrasto, e con i Berlusconi (padrone di tutta l'industria culturale italiana da vent'anni: il cinema è tutto suo, l'Einaudi se l'è pappata lui, e ormai sappiamo anche in che modo).
Dove c'erano Strehler e Fellini e Antonioni, oggi ci sono Bossi, Maroni, Borghezio. Vuoto totale, e anche peggio.

Anonimo ha detto...

"Dove c'erano Strehler e Fellini e Antonioni, oggi ci sono Bossi, Maroni, Borghezio" che strana comparazione...
ciao

Giuliano ha detto...

Sono loro che "fanno cultura". La pensata della scuola di Adro (i simboli leghisti nella scuola) vengono dai Bossi, Maroni, Borghezio.
Noi siamo cresciuti in una cultura che voleva abbattere i confini, questi li vogliono erigere anche dove non ci sono mai stati.