Un’altra notizia degna di nota, tra quelle dei giorni scorsi, è la prossima partenza dei treni “di Montezemolo”, e la conseguente reazione dell’attuale amministratore delegato delle Ferrovie “normali”: dice bisognerà rivedere il contratto con lo Stato, perché così diventa tutto troppo oneroso.
Provo a tradurre: per “convenzione con lo Stato troppo onerosa” si intendono i treni locali, quelli dei pendolari, tutto ciò che non è TAV o Eurostar. Cioè, tutto quello che serve veramente al Paese.
Lo stesso discorso sento fare alle Poste: consegnare la posta ai cittadini è troppo oneroso e sfiancante, e se lo Stato desse via libera, allora Poste Italiane potrebbe diventare una banca, e che i cittadini si arrangino, con i loro pacchi ottocenteschi e le loro missive antiquate.
E se invece dessimo un taglio a questi dirigenti accattoni, quelli con stipendi milionari e liquidazioni da sultano delle Mille e Una Notte, se li mandassimo tutti a casa? La priorità è quello che serve al Paese, siamo capaci tutti di fare soldi con i giocattoli costosi, dopo che lo Stato (cioè tutti noi) si è accollato i debiti delle passate gestioni (il caso Alitalia è esemplare). Non contenti, adesso vorrebbero anche mollare il servizio pubblico.
La prima riforma da fare, se si parla di ricostruzione del Paese, è proprio questa: mandare a casa tutti i dirigenti che la pensano così. Se non ci avete ancora pensato, avere trasporti pubblici efficienti è la prima condizione per abbattere l’inquinamento ed eliminare gli ingorghi sulle nostre strade: se si facesse funzionare bene la ferrovia tra Milano e Lecco, per esempio, il traffico in Brianza sarebbe dimezzato.
Per fare questo, servono investimenti: molti treni, molte corse, possibilità di fare il biglietto anche in treno, tariffe basse, qualcosa di simile alla metropolitana, per intenderci. Invece la strategia di Trenitalia in questi anni è andata esattamente nella direzione opposta: chiuse le biglietterie, multe salatissime, tanti treni di diversi proprietari (ognuno con i suoi rispettivi biglietti...), investimenti sulle linee che collegano le grandi città (e solo quelle: e peggio per chi abita a Pavia, a Ivrea, a Lucca, a Treviso, a Viterbo...).
Così non sarà, e anzi è molto probabile che gli elettori mandino al governo proprio uno come Montezemolo, lui in persona o qualcuno di quel giro. E così continueremo a tagliare i trasporti locali, e a distruggere boschi e terreni agricoli: per poi fare il blocco del traffico quando lo smog diventa così spesso che lo si può fare a fette. Auguri a tutti, il futuro è questo: la linea TAV che vi passa sotto casa ma che non vi serve a niente, perché la stazione in cui potete salirci sopra è ad almeno duecento chilometri di distanza: capita già a Reggio Emilia, per esempio, ma gli esempi sono molteplici. Ma tanto, si sa, le persone importanti mica abitano a Reggio Emilia...
PS: la pubblicità qui sopra è del 1986, cioè degli anni in cui Bettino Craxi e Ciriaco De Mita aprirono la voragine del debito pubblico. Questo era l’inizio delle tante balle che ci hanno raccontato, sulle privatizzazioni e sullo statalismo inefficiente: ma allora le Ferrovie funzionavano, non benissimo ma funzionavano. Quante linee sono state chiuse, da allora? E quante stazioni, quante biglietterie? Prima, le Ferrovie erano di tutti; oggi sono di Moretti e di Montezemolo...
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6 commenti:
Non me ne parlare: a parte i tagli operati nell'ultimo anno, mi è spesso capitato - sulla lunga percorrenza - di perdere le coincidenze per i ritardi (alla faccia dell'alta velocità), vanificando così anche la maggiorazione del prezzo del biglietto (lo stesso tragitto costa il doppio ma alla fine ci impieghi uguale, se non di più)!
Senza contare che, siccome la prenotazione è diventata obbligatoria (e quindi, in teoria, il tuo posto non può andare ad un altro), non ti rimborsano neanche tutta la cifra, se rinunci a prendere quel determinato treno...
Il viaggiatore non conta più niente, ma chi se ne accorge? Io ho scritto parecchi post sul trasporto pubblico, ma ho dovuto constatare che sono i meno letti in assoluto. Forse sei la prima che mi lascia un commento su questo tema... Perciò grazie, un abbraccio!
Per non parlare - anche - di quei dipendenti che, cercando di informare sulla pericolosità del disservizio (scarsa manutenzione, macchinisti unici etc.), rischiano il licenziamento!
Ricambio l'abbraccio.
Non sno stata influenzata dalla tua risposta al commento: da un po' di anni, ormai, mi indigno furibonda contro la gestione del trasporto pubblico e dei treni in particolare.
Per me il viaggio in treno è sempre stato "Il Viaggio" in assoluto, con il fascino che compete al viaggiare: vedere il paesaggio, poter leggere rilassati, magari ascoltare discorsi stupidi - ma che piacere quando si passa il confine e i discorsi, almeno, non sono urlati - e perfino fare due passi nel corridoio, o gustarsi la piccola suspence della possibilità di un piccolo ritardo... sciocchezze e piccolezze, ma finchè era così viaggiare in treno era ancora un piacere. Ora basta salire in carrozza che vetri lerci e sedili strappati diventano subito quello che sono, un annuncio inquietante di inefficienza. E non posso sfuggire a una gran rabbia, anche per la limitazione della mia libertà: ridurre così ai minimi termini i servizi pubblici significa obbligare tutti noi a soluzioni obbligate, ovviamente tutte a carico del singolo.
La prima riforma da fare era questa: se il treno è in ritardo, conservi il biglietto, vai tranquillo a casa, e hai un mese di tempo per farti risarcire. In ogni stazione, e anche nelle tabaccherie.
Ma ormai è fatta: anche fra le grandi città i treni normali sono stati quasi tutti soppressi, se vuoi viaggiare devi prenotare.
Quando si dice che votare non serve a niente, bisognerebbe invece pensare a queste cose, alle scuole dove i genitori devono portare le risme di carta....
Angie, è vero e fai bene a ricordarlo: ogni tanto penso a quella puntata di Report sulle gallerie ferroviarie e i sistemi di sicurezza, e mi vengono i brividi di paura. Da allora una cosa è sicuramente successa, oltre alle persecuzioni sui dipendenti onesti: sono iniziate le inchieste sui ponti e i cavalcavia costruiti risparmiando sul cemento. (ma guai a parlarne!)
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