Alla manifestazione del Primo Maggio, in tv, hanno intervistato un ragazzo molto giovane che ha detto: “I vecchi hanno sperperato con i loro privilegi, adesso tocca a noi pagare il conto”. Nessuno ha ritenuto opportuno commentare questa frase, che sento ripetere sempre più spesso. E’ per questo motivo che io a quel ragazzo chiederei: “Ma tu hai fatto il servizio militare?” Lo so, a questo punto partono i “macchecentra” indispettiti, seccati.
Macchecentra, tutto attaccato, a denti stretti, come i “mavalàmavalà” dell’avvocato Ghedini, come le vecchie zitelle dei tempi passati.
E allora spiego.
I ventenni non fanno più il servizio militare, e questo è un privilegio. Penso che gli ultimi ad aver fatto la visita di leva siano ormai tutti prossimi ai trent’anni, oggi il militare lo fanno soltanto i volontari, chi vuole veramente farlo, e non tutti: ma non è stato un regalo, è stata una conquista.
Una conquista molto dura, pagata con il carcere: centinaia di obiettori di coscienza si sono fatti la galera al posto del servizio di leva, dal 1945 in qua, per decenni. E si intenda: due anni di galera invece di due anni di leva, quindici mesi di galera invece di quindici mesi di servizio militare, eccetera. Prima, prima del 1945, andava ancora peggio: l’obiezione di coscienza era diserzione, e per la diserzione si poteva essere fucilati o impiccati. E’andata così per secoli, forse per millenni: negli anni più vicini a noi lo raccontano le cronache e le testimonianze dirette, dagli anni più lontani ci sono arrivate molte ballate popolari che raccontano le storie dei disertori, in realtà persone che avevano solo il desiderio di buttare il fucile, smettere di ammazzare o di farsi ammazzare, e tornare al loro lavoro e alle loro famiglie.
Ci avrà pensato, quel ragazzo di vent’anni che parlava di privilegi? La pensione a cinquant’anni è stata una conquista, io ho visto operai e muratori anziani far fatica a lavorare, mi spaventa molto pensare a persone di sessanta o sessantacinque anni salire su un ponteggio o fare lavori pesanti, capisco che per uno di vent’anni tutta questa possa sembrare retorica, ma mio padre è morto a poco più di cinquant’anni, io ne avevo ventitrè e da allora ho smesso di dire scemenze, almeno in questo campo. Lo Statuto dei Lavoratori, del 1970, è stato una conquista preceduta da scioperi che hanno messo in pericolo l'incolumità di chi vi aderiva e decurtato, di molto, i salari e gli stipendi di chi si batteva per quelle conquiste; l’autunno caldo del 1969, del quale ancora oggi si parla, è stato solo uno dei tanti momenti in cui i cittadini hanno fatto sentire la loro voce, magari anche a rischio della propria vita. In pochi anni, meno di quindici, tutto questo è stato spazzato via: ma non sono state le pensioni degli operai a far saltare il bilancio dello Stato, sono state le ruberie e gli intrallazzi di poche e ben determinate persone. Di quelle persone abbiamo le firme, firme su leggi, regolamenti, bilanci, manovre: che se la prendano con quelle persone, e non con le date di nascita.
Siamo tutti sulla stessa barca, vecchi e giovani, donne e uomini, indigeni e immigrati. E’ dura da digerire, ma è così; e comunque buona fortuna a tutti quelli che passano di qua e mi leggono, ne abbiamo tutti un gran bisogno.
PS: sul tema del disertore, una delle registrazioni più belle è quella di “The deserter” dall’album “Liege and lief” dei Fairport Convention: è una ballata del ‘700, se non ricordo male. Ne riporto qui il testo. (il finale è molto consolatorio, ma non credo proprio che rispecchi la realtà).
As I was a-walking down Radcliffe highway
A recruiting party came a-beating my way
They enlisted me and treated me till I did not know
And to the Queen's barracks they forced me to go
When first I deserted, I thought myself free
Until my cruel comrade informed against me
I was quickly followed after and brought back with speed
I was handcuffed and guarded, heavy irons put on me
Court martial, court martial, they help upon me
And the sentence passed upon me, three hundred and three
May the Lord have mercy on them for their sad cruelty
For now the Queen's duty lies heavy on me
When next I deserted, I thought myself free
Until my cruel sweetheart informed against me
I was quickly followed after and brought back with speed
I was handcuffed and guarded, heavy irons put on me
Court martial, court martial, then quickly was got
And the sentence passed upon me, that I was to be shot
May the Lord have mercy on them for their sad cruelty
For now the Queen's duty lies heavy on me
Then up rode Prince Albert in his carriage and sticks
Saying "Where is that young man whose coffin is fixed?
Set him free from his irons and let him go free
For he'll make a good soldier for his Queen and country"
Recorded by Fairport Convention on Liege and Lief and by the
Young Tradition as "Ratcliff Highway"
Life History of the Forget-me-not
6 ore fa
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