mercoledì 8 agosto 2012

Trementina

“Colori a olio” è un’altra di quelle frasi che, da bambini, lasciano molto perplessi: ma l’olio quello che si mette nell’insalata? Quello del pane all’olio?
Una buona risposta potrebbe essere questa: “in teoria, sì.” Nulla vieta di usare l’olio di oliva o di girasole, o magari lo strutto; servono comunque oli essiccativi, che non rimangano fluidi. Questa qualità si ottiene per esempio con la cottura, e non tutti gli oli vanno bene. La realtà era però spesso l’utilizzo di oli non commestibili, o magari non buonissimi di sapore; per esempio quello ottenuto dai semi di lino. L’olio di lino cotto è stato l’ingrediente principe di tutte le vernici, fino a non molti anni fa; ne parla in modo piacevole e molto chiaro il dottor Primo Levi (dottore in chimica, ed esperto di vernici) in un racconto intitolato “Cromo”, che si trova nel volume “Il sistema periodico” (ed. Einaudi). Si può ricordare, per chi si fosse distratto, che ancora oggi il lino viene coltivato come eccellente fibra tessile; i suoi semi quindi erano facilmente reperibili.
www.wikipedia.it  :
Nella pittura a olio la novità nella tecnica era costituita dal legante, che invece di essere l'acqua o l'albume (tempera), oppure altro ancora, era un olio. Si utilizzavano sia gli oli comunemente detti (olio di lino, olio di noce, olio di papavero e, raramente, olio d'oliva), che gli oli essenziali (trementina, essenza di rosmarino). I secondi, sebbene più costosi, garantivano una materia più fluida e trasparente, più adatta alle velature e meno soggetta all'ingiallimento.
Il legante più diffuso è l'olio di lino. Questo viene utilizzato crudo nella preparazione e nella miscelazione dei colori, talvolta con additivi siccativi. L'olio di lino cotto, dal colore giallo paglierino intenso, pur asciugando più rapidamente dell'olio crudo e permettendo così tempi più rapidi di esecuzione, ha lo svantaggio di ingiallire sensibilmente le tinte. (...)
La tecnica ad olio permette di ottenere una impareggiabile brillantezza del colore, ma per evitare fastidiosi effetti di rifrazione, causati appunto dalla lucentezza dell'olio, nei musei o negli ambienti frequentati dal pubblico si usa predisporre un'adeguata illuminazione ambientale.
Molto usate erano anche le resine delle conifere: pini, larici e abeti ne davano in abbondanza. Il contenuto di queste resine è all’origine di una delle definizioni che ancora oggi fa confondere i giornalisti e tutti quelli che non hanno studiato la chimica organica: “idrocarburi aromatici”. In realtà, i composti aromatici possono anche essere inodori, ma è nelle resine delle conifere che molti di loro furono isolati e riconosciuti per la prima volta, e il nome è rimasto. Il discorso sui composti aromatici sarebbe molto complesso e non lo inizio neppure, ma solo per curiosità porto qui qualche formula: il trionfo dell’esagono, verrebbe da dire - e già immagino cosa ne diranno i chimici di passaggio, ma rimando il discorso a un altro momento. Per i curiosi, un esagono da solo è il benzene, due esagoni attaccati per un lato è la naftalina (naftalene, per essere precisi). Tre esagoni è l’antracene (stessa origine del carbone detto antracite), eccetera eccetera.
da www.wikipedia.it
La trementina (dal greco terebinthos, un albero (il terebinto) dalla cui linfa la trementina era originariamente distillata) è un'oleoresina fluida, chiara, volatile, ottenuta tramite procedimento di incisione da alberi appartenenti alle conifere; l'incisione può essere fatta o nella pianta viva, oppure nel durame di una pianta morta. Contenenti in misura maggiore terpeni, alcooli superiori e acidi resinici, queste resine prendono la forma del recipiente che le contiene, nonostante siano solide a temperatura ambiente; inoltre esse hanno un'alta solubilità nella maggior parte dei solventi organici così come in alcool. In gergo la trementina liquida che trasuda dagli alberi viene chiamata gemma, mentre quella indurita barras e gallipot. Dalla trementina si estraggono principalmente: 1) l'essenza di trementina 2) la colofonia 3) gli oli essenziali, contenenti l'α-pinene, isomericamente diverso a seconda della locazione delle piante da cui proviene la trementina; in particolare levogiro per quelle europee, destrogiro per quelle americane. La composizione è varia; per il pino mediterraneo è la seguente: α-pinene (circa 95%) sesquiterpeni (circa 3-4%) DL-bornilacetato
Tipi di trementina: trementina di Borgogna (dall'abete rosso) trementina di Strasburgo (dall'abete bianco) trementina di Venezia (o trementina veneta, dal larice comune) trementina italiana (dal pino marittimo o da quello domestico)
Si conoscono quattro metodi di estrazione dell'essenza di trementina, a seconda di quale parte dell'albero si usa per ottenerla: quella della resina, in cui la quantità di essenza di trementina si attesta al 25%, che viene estratta al vapore dall'essudato di pino; quella del legno, che può essere estratta tramite solventi dai durami del tronco lasciati fermentare una quindicina d'anni; quella dei rami secchi o del tronco, ottenuta fornendo calore; quella della polpa di legno, nell'industria della carta quando si separa la porzione resinosa dalla polpa.
La trementina bolle tra i 155° e 170° ed ha una densità compresa tra 0,85 e 0,87 g/cm cubo. È incolore, ma ha un odore penetrante, dovuto anche alla sua elevata evaporazione. Si tratta di un prodotto infiammabile, nocivo per ingestione, inalazione e contatto cutaneo; esso è altresì tossico per gli organismi acquatici, mentre è ancora dubbio il suo potenziale effetto cancerogeno. (...)
La diluizione del colore avveniva in passato principalmente con trementine naturali (distillate ad esempio da gemme di pino o fiori di lavanda) per gli strati più magri, mentre gli olii erano utilizzati per quelli più grassi. Non va però dimenticato che nell'antichità spesso l'artista utilizzava un proprio 'medium', termine con cui si definiva un particolare diluente stabilito dal pittore, nella cui ricetta oltre l'olio entravano resine quali la mastice o l'ambra, oppure la cera o il litargirio. Oggi vengono utilizzati in prevalenza solventi quali l'acquaragia sintetica. Di norma, la stesura avviene ancora oggi, come in passato, 'a pennello'; i pennelli sono solitamente in setola animale (cinghiale, tasso, cammello, etc.).
Ho dato un’occhiata alle etichette dei prodotti tipo acquaragia o trementina venduti nei negozi e nei supermercati: ormai si tratta quasi sempre di sostanze di origine petrolifera, ottenute dalla distillazione del catrame o della nafta. La formula chimica non cambia, i composti sono gli stessi ma ottenuti in un altro modo; vale la pena di ricordare che il petrolio è in gran parte di origine vegetale, conifere comprese.
Una realtà che purtroppo occorre sottolineare è che i composti aromatici della chimica organica sono spesso cancerogeni: quando si dice “benzene” riferito ai gas di scarico delle automobili si intende in realtà un’enorme quantità di composti e non solo il benzene. Questo non significa che sia pericoloso maneggiare la trementina o l’acquaragia, basta prendere le normali precauzioni, stare all’aria aperta, non respirare direttamente dalla bottiglia, non bersi la trementina (!!!), eccetera. Insomma, leggere l’etichetta e tenere bene a mente cosa c’è scritto, compresa la dicitura “infiammabile”.
Il vero pericolo sta spesso nelle cose che sottovalutiamo, o delle quali non vogliamo parlare. Per esempio, è di questi giorni la notizia che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito nella lista delle sostanze cancerogene i fumi dei motori Diesel; stessa sorte avranno, prima o poi, i gas di scarico di qualsiasi automezzo o motocicletta. La composizione delle benzine è nota a tutti, prima o poi qualcuno smetterà di far finta che il problema non esiste. Ma per adesso non ne parla nessuno, censura totale. Chi ne parla, diventa subito antipatico. Perciò smetto subito anch’io, mi autocensuro e torno a parlare delle tele dei pittori – ma non oggi, domani o dopodomani.
nelle immagini, oltre alle formule chimiche del pinene, del terpene, e di altre cose che non c'entrano niente ma che mi sono divertito a mettere, ci sono un Van Gogh (girasoli) e due Rembrandt (la ronda di notte, e "Saskia con un fiore rosso". (Ovviamente, il van Gogh e i due Rembrandt sono parte della mia collezione personale, appesi qui in corridoio.)
(continua)

2 commenti:

Grazia ha detto...

Immaginavo che, mentre discetti di colori e solventi, gettassi ogni tanto un'occhiata ai Van Gogh e Rembrandt che hai in corridoio, giusto cosi' per ispirarti. Per questo ci tieni tanto ai colori dei pittori, eh ? :-)

Giuliano ha detto...

Ti dirò, li terrei in salotto ma i Bruegel e i Bosch portano via tanto spazio, pareti intere
:-)
(la verità è questa: Folon un po' dappertutto, Vermeer ovunque, le spigolatrici di Millet, ogni tanto Andrew Wyeth: ma in forma di calendario, fotocopia, eccetera eccetera, of course...)
(invidio molto Snoopy, che aveva un van Gogh sul pianoforte)