lunedì 23 agosto 2010

Stalin

Non ho mai sentito nessuno parlare bene di Stalin. Al massimo, un po’ di imbarazzo nei più anziani, quelli nati negli anni ’20 e che in Stalin avevano creduto: ma Stalin era morto nel 1953 (io non ero ancora nato, ci sarebbe voluto ancora un bel po’ di tempo), e subito dopo il Congresso dell’URSS aveva svelato la terribile verità, mostrando prove e testimonianze. Anche dell’URSS non ho mai sentito parlare un gran che bene, e per forza: se il capo era uno come Brezhnev...
Ci sono favole che girano su Stalin e sul comunismo, come se fosse tutto lì, che uno è comunista (o socialista, o di sinistra) e che quindi eh già naturalmente per forza di conseguenza. Di conseguenza un kyxxq, se mi si passa il turpiloquio: chi si dichiara comunista, socialista, di sinistra, si richiama a molto prima della nascita di Stalin, per esempio al motto “otto ore di lavoro, otto ore di sonno, otto ore per te stesso e la tua famiglia” che fu coniato a metà Ottocento (metà Ottocento: il tempo di Giuseppe Verdi, di Garibaldi, di Cavour) a difesa della salute e del benessere degli operai e delle loro famiglie. Ma di tutto questo si è già parlato molto, chi non ha capito significa proprio che è uno zuccone e che non vuol capire.
Come mai durano così tanto queste favole sui comunisti “affezionati a Stalin”? Penso che il motivo sia innanzitutto da cercarsi in Giovanni Guareschi, nelle storie di Don Camillo e nelle sue fortunatissime vignette. Ma Guareschi (grande scrittore), per l’appunto, descrive il mondo prima del 1953: Don Camillo e Peppone vivono nell’Italia del primissimo dopoguerra, tra il 1946 e il 1953, non dopo. Dopo, dopo le rivelazioni di Kruscev, si prende atto: con rammarico, con rimpianto, con dispiacere, ma si prende atto e non se ne parla più. Se prima, prima della morte di Stalin, tra il 1917 e il 1953, nasce e cresce il culto di Stalin e dell’Unione Sovietica (“fare come in Russia”) è solo perché l’informazione non era certo quella di oggi, c’erano solo la radio e i giornali. La radio era costosa, la ascoltava solo chi poteva permettersela e c’era una sola emittente, governativa: quindi tra il 1922 e il 1945 fascista, censurata e “velinata” e quindi non attendibile. I giornali erano da sempre in mano ai grandi gruppi di potere; dopo il 1922 tutti i direttori di giornale erano nominati dal governo fascista, compresi La Stampa e il Corriere della Sera. Che fare, a chi credere? Se tutta l’informazione è in mano a un partito solo, le persone ragionevoli cominciano a dubitare di tutte le notizie che arrivano e si comincia a credere che sia vero l’opposto di quel che ci raccontano, e che quindi in Unione Sovietica si stia benissimo, eccetera. La realtà era un’altra, e qui vale riportare quel che diceva Primo Levi: « È molto difficile distinguere fra buoni profeti e falsi profeti. A mio parere i profeti sono falsi tutti. Non credo ai profeti, benché io... (ride) appartenga a una stirpe di profeti. » (Primo Levi, da un’intervista radiofonica del 1986 a Milvia Spadi, per la Westdeutscher Rundfunk; reperibile su “Primo Levi: Conversazioni e interviste” a cura di Marco Belpoliti, ed. Einaudi)
Oggi le cose sono cambiate, cambiatissime. Da parecchi decenni, la stampa è libera; adesso abbiamo anche internet, i blog, twitter, i telefoni cellulari. Essere ignoranti oggi è un peccato grave, ed è una scelta precisa: ignorare e cancellare ciò che non ci piace e tenere solo quello che ci piace è un peccato gravissimo. A sinistra, abbiamo liquidato da tempo immemorabile il compagno Stalin: perché mai a destra c’è ancora il culto di Mussolini e perfino quello di Hitler? Per demolire quel culto non serve nemmeno un Congresso del Partito: basta guardare le macerie, pensare ai milioni di morti...Per l’Italia, basta ancora meno: prendete una cartina geografica del 1920 e confrontatela con quella del 1945. Cara grazia che abbiamo ancora Trieste; ma l’Istria e la Dalmazia sono perdute per sempre, e la colpa è di Mussolini. Di conseguenza, anche la tragedia delle foibe è colpa di Mussolini: e non è che ci sia tanto da discutere, i fatti sono lì, chiari ed evidenti. Su tutto il resto, l’informazione è vasta e dettagliata ed è inutile perfino perderci tempo: il fascismo è forse buono per gasarsi, per fare gli slogan, “vincere e vinceremo”, “bell’abissina”, “spezzeremo le reni alla Grecia”, ma poi, quando dalle parole si passa ai fatti, come è finita? ( e, già che ci siamo, chi ha vinto ad El Alamein?).

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