C’è un film famoso (un “cult”, come è di moda dire oggi) dove Humphrey Bogart entra in una libreria, trova una ragazza carina, le sorride e le chiede di togliersi gli occhiali. La ragazza sorride anche lei, se li toglie come niente fosse e lo segue camminando svelta. Ecco, a questo punto – tanti anni fa – ho smesso di prendere sul serio Humphrey Bogart e tutti i suoi personaggi, a meno che non sia come nel “Tesoro della Sierra Madre”, per intenderci.
Il motivo è questo: che una persona miope non può togliersi gli occhiali come gli pare e dove gli pare. Se lo fa, rischia di inciampare o di andare a sbattere: io lo so perché ho portato gli occhiali da vista per quasi 34 anni, e per tutto il giorno. Non mi è mai pesato, a dir la verità; mi pesano invece, nel ricordo, i commenti di tutti quelli che non lo capivano. Anche a me è successo come a quella ragazza, cioè che qualche volta le mie amiche mi dicevano “ma almeno qui, adesso, potresti toglierti gli occhiali...”. E io li toglievo, ma così facendo, con dieci diottrie per parte, mi sono perso tanti bei dettagli.
Che fare? Ormai è acqua passata, l’operazione “col laser” è diventata routine e l’hanno fatta tutti, io compreso. E devo dire che mi disturba molto che sia considerata routine, perchè vi posso garantire che non è una cosa qualsiasi, e che dopo 34 anni (dai sette ai quarantuno) imparare a vedere senza occhiali è stato un trauma: un trauma in positivo, ma non è mica stato facile. L’operazione è andata magnificamente e ne sono molto contento, ma io ci ho messo un mese, per abituarmi. Invece, quando ne parlo, a tutti sembra una cosa banale: ma vi assicuro che non è per niente banale.
Ne parlo oggi per due motivi che ritengo validi: il primo è che questo della miopia è stato un mio piccolo handicap personale, che mi ha reso sempre un po’ lento e goffo nei movimenti, nonostante il fisico apparentemente da atleta. Un handicap molto piccolo, sia ben chiaro: ma che mi ha permesso di capire gli handicappati veri, di non riderne e di non disprezzarli. Troppe volte ho visto i miei compagni di classe, i colleghi di lavoro, i vicini di casa, i passanti, prendere in giro e disprezzare gli handicappati; di recente è successo perfino in Parlamento, ad opera di un deputato leghista. Perciò, sono ben contento di avere questo difetto – almeno questo.
Il secondo motivo per cui parlo oggi della mia miopia è questa piccola storia di Claire Bretecher, che recupero da un numero di Linus dell'annata 1978: anche a me è capitato tante volte...
Fabrizio RAVANELLI
17 ore fa
2 commenti:
I miei sono gli occhiali dell'età che avanza inesorabile, oramai non li posso più levare nemmeno per un momento, se voglio leggere, usare il computer, cucinare. Ci sono abituata e va bene così. Un affettuoso augurio di serenità a te e ai tuoi cari, Annarita
io per adesso me la passo benino...l'oculista mi ha detto che "compenso", che dev'essere una bella parola; il sinistro leggermente presbite, il destro leggermente miope, tutti e due insieme vanno d'amore e d'accordo
:-)
auguri anche a te e alla tua famiglia
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