domenica 18 dicembre 2011

Samuel Butler, Erewhon

Prima di Natale avevo trovato a poco prezzo un libro con una piccola antologia di Samuel Butler (1835-1902, inglese). Si tratta di un piccolo libro pubblicato con uno dei soliti titoli improvvisati e un po' fessi, e contiene estratti dai suoi diari e quaderni e d'appunti. Per esempio, cose come questa:
Non sono che io faccio i libri, sono loro che crescono; vengono da me e insistono per essere scritti e vogliono essere scritti a modo loro. Io non avevo intenzione di scrivere Erewhon, volevo continuare a dipingere ed è stata una insopportabile seccatura essere trascinato, mio malgrado, a scriverlo. Allo stesso modo, per tutti i miei libri, i soggetti non sono mai stati una mia scelta; si sono imposti a me con una forza a cui non potevo resistere. Se questi soggetti non mi fossero piaciuti, mi sarei tirato indietro e niente al mondo avrebbe potuto costringermi a prenderli in considerazione. Ma questi soggetti mi piacevano e i libri venivano a dirmi che dovevano essere scritti; così ho brontolato un po' e li ho scritti.
Non credo che Samuel Butler diventerà mai uno dei miei primi scrittori preferiti; però mi sono voluto togliere una curiosità e leggermi Erewhon, visto che è un libro che viene spesso citato (Borges, mi pare). E così me lo sono portato a casa.
Innanzitutto il titolo: se lo si legge alla rovescia viene fuori Nowhere (più o meno). Ed è infatti la descrizione di un "mondo alla rovescia" , nello stile di Swift e dei viaggi di Gulliver. I primi capitoli sono quelli di un libro d'avventura, e sono piuttosto belli: il giovane che parte alla ricerca di un mondo inesplorato e affronta avventure per arrivare non sa bene dove. Il punto d'arrivo (e naturalmente per arrivarci bisogna perdere la strada e ci si arriva solo per caso...) è il paese di Erewhon, nel quale il giovane arriva con un po' di timore, ma poi scopre che è abitato da gente bella e cordiale, e che somiglia molto all'Inghilterra, ma tutto è leggermente diverso. Il resto del libro è la descrizione degli usi e costumi di questo popolo misterioso.
Non sto a spiegare tutto: ma il protagonista, pur essendo stupito dall'avvenenza e dalla gentilezza degli abitanti di Erewhon, parla spesso della loro "morale aberrante". Cosa succede a Erewhon? Succede, per esempio, che la malattia è considerata come un crimine, da punire con il carcere; e che invece il furto e in genere quelli che da noi sono considerati dei crimini vengono considerati con più attenzione e meritano le cure di un "raddrizzatore" (invece i medici come li intendiamo noi sono considerati individui loschi e pericolosi) e le attenzioni amorose dei parenti e degli amici, in atttesa che chi è caduto in quella tentazione si ristabilisca. Butler sa scrivere molto bene, la descrizione nei dettagli di questi paradossi è molto fine e spesso esilarante. Pezzi forti, per esempio, la descrizione del processo a un tisico (gravissimo criminale) nel corso del quale l'avvocato difensore cerca di far credere che l'imputato si finge malato per frodare l'assicurazione (crimine molto più lieve...).

E ancora: il rapporto con la religione, dove la religione ufficiale è molto rispettata ma solo a parole, e gli edifici di culto sono splendidi ma sempre vuoti ( e in realtà tutti seguono un culto "nascosto" che - ufficialmente - aborriscono e deridono). E il rapporto con la nascita è questo: in Erewhon si crede che esista un mondo di "non nati", esseri spirituali che hanno un loro mondo organizzato più o meno come il nostro. I non nati vanno a disturbare gli uomini, e sono così noiosi ed insistenti che alla fine gli umani cedono e li fanno nascere; ma, siccome nel mondo dei non nati si vive molto bene (e loro ci conoscono benissimo, perché vivono fra di noi) solo gli stupidi ed i folli fra di loro decidono di lasciare il loro mondo. Il che spiega molte cose...
Tra le parti finali c'è "Il libro delle macchine" , che è appunto la parte più citata. Ad Erewhon le macchine sono proibite, da secoli; ce ne sono e le conoscono benissimo, ma stanno nei musei e nessuno si sogna di usarle. Ad esempio, il protagonista viene accolto molto bene, nel suo soggiorno ad Erewhon, ma se passa qualche guaio lo deve soprattutto all'orologio che aveva con sè, e che lo rende sospetto. Come si è arrivati a questo lo spiega negli estratti da un libro del filosofo (vissuto secoli prima) al quale si deve tutto questo. In breve (ma questi capitoli sono tra i più belli da leggere): il filosofo vede con un certo sgomento la grande velocità del progresso della tecnica, e si chiede se le macchine non abbiano una loro coscienza, che a noi sfugge, e che le porterà prima o poi a prendere su di noi il sopravvento. Con grande logica e buon senso, smonta tutte le obiezioni possibili, e il suo ragionamento è così ben portato che convince. Per esempio: anche noi siamo fatti di miglioramenti successivi. E' vero che le macchine attuali sono ingombranti e poco funzionali, ma anche le prime creature viventi erano rozze e limitate (l'ostrica, per esempio) o enormi e pesanti (i dinosauri), ma poi sono state perfezionate fino ad arrivare ai livelli che vediamo oggi. E, continua, non ha senso dire che le macchine non si riproducono: certo, non lo fanno come gli esseri viventi, ma lo fanno con altri mezzi. E, più precisamente, lo fanno tramite nostro: siamo noi che provvediamo al loro desiderio di evoluzione e di riproduzione... Conclude il filosofo erewhoniano: allo stato attuale, le macchine non fanno certo paura. Ma in futuro, cosa potrà succedere? Non è forse meglio intervenire ora, finché possiamo? E così fecero a Erewhon, anche se a prezzo di guerre e di lutti; ma ora è passato tanto di quel tempo che tutto ciò pare naturale, e l'interesse verso le macchine è solo di tipo archeologico, lo stesso che proviamo noi verso gli utensili in selce, per esempio, e a nessuno verrebbe in mente di rimettere in funzione una locomotiva o un orologio...

Insomma, leggendo questo libro un po' si ride e un po' viene la pelle d'oca. Considerando anche l'epoca in cui è stato scritto, Erewhon è anche il capostipite di tutti i romanzi cyborg - e che una cosa così sia stata pensata 150 anni fa dà da pensare. Butler è davvero un bravo scrittore, e questo mondo dove chi si ammala è colpevole e viene messo in galera non sembra un vero e proprio "Nowhere", ad essere sinceri. Esemplari anche i capitoli sulle "Scuole dell'Irragionevolezza" , dove ai giovani si insegnano le cose che veramente contano: non le tecniche per dipingere, per esempio, ma quali sono i quadri che si potranno vendere. E quel passo dove si accenna a chi si arricchisce, anche con mezzi illeciti: se si supera un certo livello, e si diventa davvero ricchi, si viene lasciati in pace, e anzi si viene guardati con rispetto e con stupore, perché essere così ricchi è gran merito, ed è considerata un'espressione artistica. Anche a voi Erewhon ricorda qualcosa?

PS: questo mio riassunto è del 2003, lo avevo pubblicato su un altro blog che adesso non è più on line. In questi giorni ho riletto "Il libro delle macchine", e ho deciso di portarne qui alcune pagine: comincerò nei prossimi giorni.

2 commenti:

franz ha detto...

l'ho letto tanti anni fa, il ricordo è di un libro che vale e che merita, al livello di Gulliver; Erewhon ha avuto meno fortuna, ma è potente.

Giuliano ha detto...

domani o dopo comincio a portare qui Il Libro delle Macchine, una profezia davvero impressionante, ormai quasi avverata.
ciao Franz!