Mia mamma dice addirittura “carta”, e intende la pellicola trasparente, che è quasi sempre polietilene (il pvc è stato vietato per gli usi alimentari): ma se serve per avvolgere qualcosa è carta, si tratta un riflesso condizionato del tutto naturale. Ho pensato più volte di correggerla, ma la cosa in sè non mi dispiace, e poi nel contesto usato si capisce subito cosa si intende; e in fin dei conti, e ragionando da chimico, dire “carta” intendendo il cellofan non è poi così sbagliato. A patto che sia veramente cellofan, e non polietilene o un’altra materia plastica più recente.
La produzione industriale di cellophane è iniziata attorno al 1920 e continua ancora ai giorni nostri, in quanto viene utilizzato, oltre che per gli imballaggi alimentari, anche per ottenere membrane semipermeabili (usate in campo medico per le dialisi) o nastri adesivi. In particolare, nel 1929, il conte Paolo Orsi Mangelli fondò, a Forlì, con capitali in parte suoi ed in parte di investitori esteri, la prima ditta italiana per la produzione di cellophane. Tuttavia negli ultimi anni il cellophane è stato sostituito in alcuni utilizzi dal polipropilene orientato, meno costoso.»
Si può aggiungere che per “viscosa” si intende la pasta di cellulosa (dal legno) lavorata e pronta per essere filata, da cui si ottiene il filato del rayon viscosa, una fibra artificiale simile al cotone che oggi non è più usata così tanto come in passato, ma che mantiene comunque una sua importanza.
Giusto per curiosità, si può ricordare ancora la celluloide: le pellicole fotografiche e per il cinema hanno anch’esse la stessa origine vegetale. La capacità di produrre un supporto trasparente è dunque fondamentale; supporti simili si possono ottenere facilmente anche con altri mezzi naturali e non solo con il legno, per esempio con il formaggio fuso (dalla caseina si possono produrre anche fibre tessili, come il lanital degli anni ’30); diventa però difficile farne un uso industriale perché queste pellicole sono molto fragili. Piuttosto fragile, e infiammabile, era anche la cellulosa (nitrato di cellulosa) usata per le pellicole cinematografiche fino agli anni '30 e poi sostituita dall'acetato di cellulosa.
A proposito di infiammabilità (ma bisogna starci attenti) per riconoscere la cellulosa se ne può bruciare un pezzettino: brucia esattamente come la carta, con lo stesso odore e le stesse ceneri di un foglio di quaderno. Quando andavo a scuola e me lo avevano spiegato, tanti anni fa, avevo provato con l’involucro trasparente di un pacchetto di sigarette di mio padre: bruciava esattamente come la carta – però non saprei dire con cosa vengono avvolti oggi i pacchetti di sigarette, ed è più che probabile che bruciando la pellicola trasparente si ottenga invece la caratteristica puzza della plastica bruciata, e che la pellicola si arricci e si annerisca invece di lasciare le ceneri. Meglio lasciar perdere, fino agli anni Settanta il cellofan si trovava dappertutto, ma oggi è ormai diventato una rarità.
PS: sulla grafia di cellofan, o cellophane, ognuno si senta libero di fare le sue osservazioni. A me stanno bene tutte e due anche se preferisco la prima (e infatti l’ho messa nel titolo); però a dirla tutta mi piacerebbe chiamarlo “cellofant”, con la t finale ben evidenziata. Qui dalle mie parti, a nord di Milano, i più vecchi dicevano (e dicono ancora) tutti così, “cellofant”; e io alle parole dei miei vecchi sono molto affezionato. Anzi, magari, già che ci sono, propongo questa grafia: celofant, con una elle sola. Così siamo molto vicini alla pronuncia effettiva: per me era e rimarrà sempre celofant, anche se purtroppo non posso scriverlo se no poi chi mi capisce.
4 commenti:
Un momento, l'acetato di cellulosa è una cosa, il nitrato un altra. Il nitrato era la base della celluloide, oggi ancora usato metonimicamente per "cinema" e con cui si facevano le montature degli occhiali imitazione tartaruga. E' scomparso da decenni perchè spontaneamente infiammabile.
Moltissimi film e archivi fotografici sono andati letteralmente in fumo...
Anche se gli ottici chiamano ancora "celluloide" certe montature, in realtà o sono di acetato o sintetiche. L'acetato È invece il materiale con cui si fanno le pellicole fotografiche e cinematografiche attuali (e W sempre la fotografia chimica!), la marchiatura "safety film" allude proprio alla sua maggiore stabilità, anche se purtroppo brucia abbastanza bene e in certe condizione negli archivi è soggetto a idrolisi autocatalitica ("malattia dell'aceto").
Il PET ("poliestere") per certi versi è superiore e in molti casi ha sostituito l'acetato, ma ha dei limiti di tipo ottico.
Sergio, questo non è un saggio universitario... scrivo queste cose solo perchè c'è molta gente che non conosce nemmeno il significato di queste parole. E anche per ricordarmi che cos'è la chimica, e per riprendere in mano almeno un po' i libri.
e comunque sia, ho sbagliato l'anno del Nobel a Natta! Era il '63, non il '58. Almeno questo potevi segnalarmelo...
ciao Sergio
:-)
per rimanere in tema: leggo oggi una recensione a un libro sul cinema, c'è scritto che il nitrato d'argento è altamente infiammabile. Taccio sui nomi di chi l'ha scritto, una è una persona che stimo, ma in privato posso anche dirli...
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