giovedì 22 marzo 2012

Stazione Centrale

Arrivato davanti alla Stazione Centrale comincio a rendermi conto che questo mio piccolo giro per Milano sta diventando quasi una via crucis, e me ne scuso ma in fin dei conti non è colpa mia. Non è colpa mia, intendo, se negli ultimi dieci o quindici anni si sono fatte tante devastazioni e tanti errori, alcuni dei quali ormai irrimediabili. Davanti alla Stazione Centrale mi viene da piangere e da scappar via, ma invece cerco di ricompormi e di mettere almeno un po’ d’ordine in quello che sto pensando.
La Stazione Centrale di Milano è sempre stata brutta, e questo lo si sapeva da tempo; per quanto mi riguarda, l’ho trovata così, e pazienza. A renderla bella, infatti, ci pensava la gente che ci stava dentro: le persone, uomini donne e bambini, quelli di passaggio, i viaggiatori, e quelli che ci lavoravano dentro, bigliettai, ferrovieri, edicolanti, bar e panini, e via elencando. La Stazione Centrale, come tutte le stazioni, era un posto accogliente e pieno di vita, e che fosse brutta era ormai un fatto secondario. Era anche un po’ scomoda, oltre che brutta, con quelle enormi scalinate, quei marmi, ma in fin dei conti la scala mobile portava diritta ai binari, non c’era bisogno di fermarsi e guardarsi in giro. So che c’è qualcuno a cui piace la Stazione Centrale, non solo gli interni ma anche vista dal di fuori, da lontano; io invece so come sono le stazioni vere, qualcuna l’ho visitata, altre le ho viste al cinema, in fotografia. Per fare solo qualche esempio, sono magnifiche quelle americane, altrettanto antiche, che si vedono in “Witness” di Peter Weir o in “Mystery train” di Jim Jarmusch; bellissime anche molte europee, in Svizzera, in Finlandia, l’elenco sarebbe infinito. A noi milanesi invece ci è toccata questa cosa qua, forse ce la siamo anche meritata, ma in fin dei conti la sua funzione la svolgeva, e pazienza.
Pochi, pochissimi anni fa, hanno fatto un restyling: non solo qui, ma un po’ in tutte le stazioni. Lì per lì mi ero detto “bene, se dalla metropolitana si arriva direttamente alla Stazione dev’essere un buon progetto”, e invece la realtà si sarebbe rivelata diversa.
La realtà è questa, ormai visibile a tutti: 1) le biglietterie, che prima erano nell’ingresso, ora sono lontanissime e bisogna camminare un bel po’ per raggiungerle. Dal solerte ufficio stampa è arrivata pronta una risposta: che il biglietto oggi si può fare comodamente via internet. Ma se è una cosa è comoda per me, vorrei essere io a deciderlo. Io ero e sono comodissimo con la biglietteria, oltretutto i bigliettai davano sempre informazioni, risolvevano dubbi, le macchinette invece non lo fanno e a me non piace passare la mia vita a litigare con una macchinetta che non dà il resto alle mie cinquanta euro se il biglietto ne costa dodici. 2) la scale mobili, che prima portavano direttamente ai binari, non ci sono più. Ora ci sono i tapis roulant, modernissimi, meravigliosi, ma che avvolgono come un pitone tutta la stazione: volete arrivare ai binari, o voi passeggeri? Ci vorrà almeno un quarto d’ora, perché prima dovete guardare le vetrine. E non lamentatevi: solo i tamarri vanno di corsa a prendere il treno e solo un tamarro non ha soldi da spendere. 3) sparite le sale d’attesa: giusto qualche seggiola qui e là. Le sale d’attesa ci sono, ma per entrarci bisogna pagare e avere un’apposita tesserina che certifichi di non essere un tamarro. 4) sparite anche le toilettes, nel senso che è tutto a pagamento e senza personale. Non avete la moneta, non avete l’apposita tesserina del club? Ve la potete anche fare addosso, voi tamarri e i vostri bambini (tamarri anche loro, naturalmente). 5) teleschermi e pubblicità ovunque, in ogni angolo, a volume altissimo, ventiquattrore su ventiquattro.
Vado avanti? no, mi fermo, ce n’è abbastanza e chi viaggia sa bene cosa aggiungere: i tagli alle corse e gli aumenti dei prezzi dei biglietti, per esempio, ma on line ci sono molti siti pieni di esempi e di fatti, con numerose testimonianze di viaggiatori e pendolari esasperati. Non che prima viaggiare fosse facile, ma prima c’era pur sempre questo: che le stazioni e i treni erano pensati e costruiti intorno ai passeggeri, e non viceversa. Anche il treno più brutto e scassato, anche la stazione più polverosa e invivibile, erano comunque residuo di qualcosa che era stato pensato per facilitare il viaggio.
Che in un periodo di crisi economica, di tagli sanguinosi e di bilanci pubblici da risanare si trovino i soldi per queste opere, per i Restyling per i Grattacieli, per le Nuove Sedi della Regione e per le Grandi Opere Inutili, è un fatto davvero strano, ma vedo che su queste cose sta indagando la magistratura, il fatto dunque comincia ad essere un po’ meno strano e quindi mi fermo (così evito anche querele, o peggio: c’è gente molto cattiva in giro).
Queste opere recenti servono quasi soltanto a mettere in mostra l’ego dei politici e degli architetti, il “sono stato qui”, il lasciare la propria firma come un graffito sugli affreschi di Leonardo, in eterno. Il sogno dei sindaci e dei governatori del Duemila è costruire enormi grattacieli che si vedano anche da lontano, “rovesciare la città come un calzino”, fare in modo che la gente non si dimentichi più di te, più o meno come avvenne al tempo della costruzione della Stazione Centrale. Servirebbero invece strutture accoglienti e ben pensate, che vadano ad armonizzarsi con l’esistente; e invece dei costosissimi restyling il più delle volte basterebbe un’imbiancatura, la messa in sicurezza degli impianti, l’ordinaria manutenzione, queste cose qui.
Se si voleva trasformare la Stazione Centrale in un centro commerciale, era comunque possibile farlo e io non mi sarei opposto: lo si è fatto altrove, in Francia per esempio dove c’era una stazione oggi c’è un museo importante. Lo si poteva fare, bastava costruire una stazione nuova.
C’è qualcosa in più da dire? No, direi di no: Milano si merita una bella stazione, aperta, accogliente.
Vorrei comunque concludere con qualcosa di positivo, e cioè un ricordo di quello che si poteva fare fino a ieri, avendo diciott’anni e un po’ di soldi in tasca. Lo scrivo perché questo post rischia di essere incomprensibile per i sedicenni e i diciottenni del 2012: in treno si facevano amicizie, si poteva parlare con la gente, qualche volta le amicizie duravano nel tempo. Per esempio, una volta che andavo a Firenze partendo dalla Stazione Centrale mi sono trovato lo scompartimento invaso da cinque ragazze del liceo tedesco di Milano, tedesche ma milanesi, una di loro si è accorta che io capivo qualcosa di quel che dicevo e lo ha detto alle sue amiche, “state attenti che lui capisce”, e mi dispiace che la cosa non abbia avuto seguito (in questo caso no, in altre sì). Oggi, se avessi diciott’anni, mi troverei invece davanti a un muro di ipad, di smartphone e di cuffiette nelle orecchie, e forse è per questo che nessuno si è ancora ribellato ai padroni delle stazioni e ai loro regolamenti incivili.
(il film è "Witness", di Peter Weir; l'immagine in bianco e nero è la Stazione Centrale di Milano)

6 commenti:

Grazia ha detto...

Hai proprio ragione. Una volta viaggiare in treno era un'avventura e anche aspettare in certe stazioncine sperdute dove facevano anche i concorsi " per la stazione più bella".
La stazione di Milano a me piaceva molto anche per quella sua aria assiro-babilonese. Mi sembrava di arrivare in una grande metropoli, dove tutti gli stile erano possibili. Purtroppo il restyling rende questi luoghi posti anonimi e senz'anima.

Giuliano ha detto...

sì, assirobabilonese è la parola giusta, in effetti ha qualcosa dello ziqqurat, in quest'immagine.
ho scoperto che il primo progetto è precedente al fascismo, però poi sono state fatte un'infinità di modifiche, fino a metà anni '20 quando è stata completata.

Tarkus ha detto...

Beh, io non sono mica tanto d'accordo sai? Non è propriamente brutta... ha un suo fascino (aldila di annessi e connessi), poi esci e hai davanti una strada maestosa, che da su P.zza della Repubblica (e direi che è uno scorcio Mod) e sulla dx... il Pirellone! Ora mi ricordo di Totò e Peppino. Cmq (non c'entra con il post), secondo te "zabetta" (pronunciato "sabèta" con la esse dura) vuol dire "pettegola"? Ciao amico.

Giuliano ha detto...

è che ci siamo affezionati, tutto sommato. Hai presente il film "Kamikazen Ultima notte a Milano", con Bisio, Paolo Rossi, eccetera? Ogni volta che mi capita di vederne un po' mi commuovo - mica per il film, ma perchè si vede la Centrale in lungo e in largo, soprattutto dentro. Quindi, sono d'accordo con te - ho un po' esagerato...
:-)
Sull'altra questione, tieni presente che io sono settentrionale, comasco. Voi del sud magari dite "szabetta", a Còmm la z si pronuncia, eccome: Zzabetta, con la z ben marcata, una zeta davvero pettegola

Tarkus ha detto...

"c'era il zole a bellinzona".
ahahah. Buona giornata.

Giuliano ha detto...

esatto!
:-)
non solo il tzole, ma anche il tzale (ma qui devi andare vicino al confine svizzero) (ul zu, il sole)(invece il sale è spesso femminile, "la sale", non so ancora perché, ma ormai lo dicono in pochissimi)