A questo proposito, mio fratello mi ha raccontato che a metà degli anni ’70 si era trovato a parlare di queste cose con un ingegnere tedesco, un tecnico di computer (a quei tempi, tecnologia all’avanguardia), che gli aveva raccontato di essere rimasto colpito dal dialetto dei comaschi: con tutti quegli “ul” e tutti quei suoni gutturali, gli pareva di essere finito in mezzo ai turchi di Berlino. Ci potrebbe essere una spiegazione per questa cosa: gli esperti, etnologi e linguisti, consigliano di porre attenzione ai nomi dei paesi sul Lago di Como: Onno, Nesso, Lenno, tutti nomi greci. Altri studiosi hanno notato l’alta percentuale di capelli ricci e crespi tra gli abitanti di quelle parti, non immigrati ma proprio indigeni da generazioni; e ci si è ricordati che ai tempi dell’Impero Romano (quindi, duemila anni fa) furono mandati da queste parti molti coloni di origine greca, o magari della zona che oggi corrisponde alla Turchia. Più avanti negli anni, i genetisti hanno avanzato l’ipotesi che lo stesso tipo di aspetto fisico e di capigliatura, o simili, si trovi in Inghilterra per lo stesso motivo: “truppe romane”, si dice comunemente, ma molti soldati “romani” erano in realtà di origine africana, o mediterranea nel senso più vasto. Dato che questa immigrazione risale a duemila anni fa, o magari anche di più, è più che naturale che se ne sia persa la memoria.
Concludendo, o provando a concludere per oggi, ricordo che a metà anni ’80 si cominciarono a stampare dalle mie parti dei calendari “in comasco”: virgolette d’obbligo, perché il dialetto comasco non esiste, esistono invece “i” dialetti comaschi (per noi comaschi vicini a Milano, il tremezzino di Davide Van de Sfroos è quasi una lingua straniera). Su quel calendario, invece di scrivere i nomi dei santi c’era scritto l’articolo “il”, come si fa in famiglia: il Giuseppe, il Francesco, eccetera. Trattandosi comunque di dialetto comasco, ne risultava una fila verticale di “ul” davvero impressionante: ul Giüsepp, ul Francesch, ul Mansuett, ul Carlo, ul Costantìn, e per fortuna ogni tanto anche l’Ernèst, l’Enrico, la Caterina, la Teresa, la Carla. Rimane da riportare il nome di quel calendario, volutamente antico: Ul tacuin, cioè “il taccuino”.
(le immagini vengono da vecchi numeri del "Corriere della Sera", l'articolo era sul "Venerdì di Repubblica": facendo clic si legge bene tutto, o almeno lo spero)
8 commenti:
Che belle queste storie di dialetti! .C'è la falsa idea che in Toscana, da dove vengo, non ci siano dialetti, ma solo il vernacolo. Non è vero: niente di più diverso tra livornese e pisano, per esempio. Basta leggere
" Il veracoliere" per rendersene conto.
E,intanto, grazie a te, su Einstein so qualcosa di più.
Grazie
c'era tanta bella gente, qui in Lombardia! ma noi figli e nipoti non ne siamo stati all'altezza, né nel senso del lavoro né nel senso della cultura.
La Toscana è la patria della lingua italiana, questo lo sappiamo tutti; anni fa però avevo un'amica di Grosseto, qualcosa ne so
:-)
Cercherò di abbassare notevolmente il livello culturale della discussione, dicendovi che Ulm, è una delle definizioni da tre lettere,preferite da Bartezzaghi padre, nei cruciverba della Settimana Enigmistica. Se so che Einstein nacque a Ulm, è solo grazie alle parole crociate :D
un commento tra i più belli che mi siano mai arrivati, danke schoen!
:-)
adesso bisogna trovare qualcosa anche su Princeton, o su Zurigo, ma non sarà facile!
L'è dura! :D
..ma sarai mica una Bartezzaghi anche tu?
:-)
(si può provare con Zürich, così è più vicina al dialetto milanese)
nessuna parentela, solo un bagno molto grande con pile di settimane enigmistiche per tutta la famiglia :D
la settimana enigmistica è molto più di un giornale di giochi e cruciverba, ancora oggi è un giornale molto ben fatto.
Posta un commento