venerdì 18 maggio 2012

Svevo profeta

«L'avvenire del mondo era di divenire tutto un'unica, una sola città. Addio campagne, addio boschi, addio prati. Come avrebbero mangiato tutti costoro? Chimicamente? Oh! disgraziati». L'idea colossale gli era venuta dalla vista di tre case coloniche con altre tre piú in là e due prima e infine altre quattro. Invadevano i campi! Egli vedeva come fra tutte queste case se ne sarebbero messe delle altre e tutte in fila. Ma però, quando il mondo sarebbe stato tutta una città, lui, sua moglie e persino suo figlio avrebbero domandato poco posto. Era giusto di tranquillizzarsi con tanto egoismo? Non sarebbe stato meglio di soffrire per i posteri? Il signor Aghios sorrise. Il mondo era costruito tanto bene che certi dolori sono impossibili. In seguito ad un altro richiamo dell'ispettore il signor Aghios arrivò a sentire ancora: «In conclusione io pretendo che il cittadino si scelga un Governo, eppoi non s'ingerisca di altro. Questa è la vera libertà ».
(Italo Svevo, da “Corto viaggio sentimentale”, pagina 79 dell’edizione Dall’Oglio del 1980)

L’esattezza della visione, che fotografa in maniera perfetta il nostro mondo del 2012, mi ha fatto subito pensare che questo brano è stato scritto quasi cent’anni fa: Italo Svevo è morto nel 1928, il racconto è stato pubblicato postumo. Nel libro, il cui titolo è una dedica a Laurence Sterne, Svevo racconta di un viaggio in treno nella Pianura Padana, da Milano fino a Trieste. Questo è il terzo capitolo, siamo nei dintorni di Padova; ma se guardate su Google Map o su qualche servizio simile, vi accorgerete – anche senza viaggiare – che il mondo, da queste parti, è ormai per davvero “tutto un'unica, una sola città”.
Ma la profezia più famosa di Svevo è sicuramente quella che chiude “La coscienza di Zeno”, proprio le ultime righe dell’ultima pagina. Le riporto qui sotto, perché anch’io ogni tanto me ne dimentico; e sulle cause di questa dimenticanza non è il caso di stare a indagare, è la più classica delle rimozioni (“La coscienza di Zeno” fu pubblicato nel 1923, quando Hiroshima e Nagasaki erano ancora soltanto i nomi di due città lontane).

....legge che fu su tutta la terra la creatrice. La legge del piú forte sparì e perdemmo la selezione salutare. Altro che psico-analisi ci vorrebbe : sotto la legge del possessore del maggior numero di ordigni prospereranno malattie e ammalati.
Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno piú, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po' piú ammalato, ruberà tale esplosivo e s'arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un'esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie.
(Italo Svevo, La coscienza di Zeno, l’ultima pagina)

2 commenti:

franz ha detto...

Verne aveva un amico a Trieste, apocalittico e preciso.

"un tempo qui tutto era campagna" lo dicevano Cochi e Renato dei tempi d'oro?

Giuliano ha detto...

Svevo è un tipo simpatico, fa sorridere e fa compagnia, ma ogni tanto inquieta.
Che qui era tutta campagna purtroppo lo dico anch'io, e lo dicono anche in Valsusa...un po' dappertutto, temo. E mi chiedo: ma quelli che dicono che non è vero che una volta, eccetera, in che posti vivevano? Io qui intorno avevo un bel po' di persone belle, sono cresciuto avendole intorno, e purtroppo non sono state rimpiazzate da nessuno.