martedì 14 aprile 2020

La buretta magica


La béuta è una piccola bottiglia, o bicchiere, fatta un po' come un vaso di fiori. Può essere di varie dimensioni, avere la bocca larga o stretta, avere un tappo smerigliato oppure no: l'importante è che sia comoda, e adatta allo scopo.
La buretta invece è un tubo graduato, molto lungo e stretto, con in fondo un rubinettino, dal quale far scendere a goccia a goccia il reagente (di solito, dentro ad una beuta). Ma questo in tempi antichi: ormai le burette di questo tipo non si usano quasi più, e sono state soppiantate, già a partire dagli anni '70, da un altro tipo di apparecchio: una bottiglia collegata tramite tubicini di plastica a una pompetta a pistone. Il pistone sale e scende, più veloce o più lento, azionato da un pulsante simile a quello dell'autopista; e a fine corsa (di solito 20 centimetri cubi) si ferma e torna a riempirsi, pescando dalla bottiglia che contiene il reagente. E' molto più comodo e più preciso, non richiede una gran manutenzione e c'è un solo problema: che il collega che era in turno prima di te non abbia riempito la bottiglia (ahimé, succede).

Detto questo, penso che invece tutti sappiate cos'è una stagista: è una studentessa (in questo caso è una ragazza, ma può essere anche un maschio) che viene mandata in fabbrica per imparare qualcosa sul mondo del lavoro. Una pratica molto utile, e molto apprezzata; e poi, in questo caso, la stagista è una ragazza molto carina, e il mio collega più giovane (un bravissimo ragazzo) le ha messo subito gli occhi addosso. Il mio collega è molto educato e un po' timido, la ragazza anche. E così, quando ci portano un campione d'impianto, il giovane analista le chiede se vuole guardare mentre si fanno le analisi su quel campione. Detto fatto, eccoli davanti alla buretta automatica (di quelle con lo stantuffo) ad iniziare l'analisi. Il nostro capo, la Dottoressa, è curiosa: e poi questa è un'analisi che sa fare, e vuol darsi un contegno. E' un'analisi a controllo visivo, cioè bisogna aggiungere il reagente al campione fino a cogliere il viraggio, cioè il cambiamento di colore, dal rosa al grigio-azzurro, che indica la fine dell'analisi. Un'analisi di routine, per noi: ne facciamo anche venti o trenta per turno.

- Glielo faccio vedere io, - dice la Dottoressa all'analista - intanto tu vai di là al computer a fare quei certificati, che il magazzino li richiede già da mezzora.
Il giovane analista, forse un po' triste, esegue e si allontana. Intanto arriva il Dottor Biribò: perché questo non è un campione qualsiasi. L'impianto, infatti, ha dei problemi e servono subito i dati: soprattutto quello che deve uscire da quest'analisi che la Dottoressa sta mostrando alla stagista. Ma il viraggio non arriva, eppure abbiamo già messo molto più reattivo di quello che servirebbe.
- Provi un po' a fare il conto, - suggerisce, gentile ma teso, il Dottor Biribò - Dovrebbe venire un valore intorno al 29%.
- Viene 45: è possibile? - risponde dopo un po' la Dottoressa.
- No. - risponde il Dottor Biribò, forse cominciando un po' a sudare freddo. - Forse c'è qualcosa che non va. E' giusta la pesata?
- Penso, - risponde la Dottoressa; e continua l'analisi, mentre il povero Biribò va su e giù per il laboratorio come un'anima in pena, e ha già telefonato due o tre volte in reparto. Finalmente, la Dottoressa si risolve di chiamare il suo sottoposto, che arriva e controlla.
- Non è che ne hai pesato troppo, di campione? - gli chiede un po' stizzita.
- No, Dottoressa: è che la bottiglia è vuota. Stava pompando aria, e non reagente. Non se ne è accorta? Eppure il livello del liquido nella beuta non è aumentato... a quest'ora dovrebbe traboccare. La riempio subito, ma poi bisognerà rifare il fattore...
- Non importa, lasci perdere - dice il Dottor Biribò. - Fate pure con calma, tanto stanno già cambiando produzione. Vi faccio portare il campione direttamente dalla macchina.
E se ne va, stranamente controllato, forse sospirando. Il mio giovane collega comincia a riempire la bottiglia del reagente, assistito dalla stagista. Che è proprio carina: ha un aspetto quieto e intelligente, e - forse per via dei suoi lineamenti ancora un po' infantili - assomiglia a una di quelle belle bambole di porcellana che una volta si mettevano sui letti matrimoniali. Che peccato, che io non sia più tanto giovane...

PS: Magari qualcuno si chiede perché pubblico queste cose, domanda più che legittima. Provo a spiegare: il primo motivo è che mi sono divertito a rileggere, sono passati tanti anni e me ne ero dimenticato ma è un numero comico degno di Stan Laurel & Oliver Hardy. Il secondo motivo, e chiedo scusa se qualcuno si offende, è che vent'anni fa pensavo di essere stato sfortunato e invece stavo assistendo in prima persona a un cambiamento epocale. Dal 1998 in qua, infatti, queste persone hanno cominciato ad assumere posti sempre più di rilievo; i risultati sono sotto i nostri occhi in questi giorni. Per fortuna, c'è ancora molta gente capace, non tutto è perduto.
PPS: per chi avesse equivocato, qui c'è scritto cosa penso delle donne sul lavoro. Questa è una storia vera, vorrei tanto poterla modificare ma così è andata.

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