Il digitale terrestre, il casco per i ciclisti, e i parastinchi dei calciatori: cosa unisce tutte queste cose tra loro diversissime? Ecco qua, lo spiego subito: vado in ordine e comincio dall’inizio.
Oggi ho passato tre quarti d’ora a sistemare i televisori di casa, perché non si vedevano più molti canali; il motivo è che la Lombardia è passata al digitale terrestre. Però non del tutto, oggi dovevano sparire solo Raidue e Retequattro; invece era sparita anche Raitre, e qualcos’altro ancora. Se mia madre fosse stata da sola in casa, oggi non avrebbe visto i suoi programmi preferiti; invece c’ero io e ho trafficato per tre quarti d’ora, perché non solo bisogna resettare tutto, ma poi il decoder non mette i canali nell’ordine che interessa a me (e a mia mamma) ma in quello che hanno deciso lorsignori a Milano. Non mi dilungo ulteriormente, ma è chiaro che qui si pensa che la tv sia al centro di ogni nostro pensiero. Non è così: io me ne ero completamente dimenticato, della scadenza del 18 maggio. Sono semplicemente arrivato a casa e mi sono accorto che non si vedeva niente, mi sono chiesto perché, e solo dopo un po’ – mentre apparecchiavo e cuocevo la pasta - ci sono arrivato: lo sapevo, certo, ma, appunto, io sapevo solo di Raidue e Retequattro, non mi aspettavo certo di vedere sparire tutto e di dover dedicare tutto questo tempo al televisore.
E passo al casco per i ciclisti: stava per passare una legge che obbliga tutti a usare il casco quando si va in bicicletta. Sorvolo per brevità sui discorsi più ovvi e scontati: con il casco in testa si è più sicuri, se si cade. Ma se si cade (esperienza diretta) le cose più a rischio sono le mani e le ginocchia; per cadere e picchiare la testa bisogna andare forte e spericolati, roba da ciclismo agonistico. E’ vero che se mi urtano posso cadere malamente, ma allora il problema non sono io: il problema sono le automobili e i camion. E’ anche vero che posso scivolare e cadere facendo la doccia: che fare, rendiamo obbligatorio anche il casco sotto la doccia?
Concludo anche qui: conosco generazioni e generazioni di ciclisti, nessuno si è mai rotto la testa andando a fare la spesa in bicicletta o comperando il giornale, neanche ai tempi in cui le strade non erano asfaltate ed erano piene di buche. E il punto, secondo me, è proprio questo: che nessuno usa più la bicicletta come semplice mezzo di trasporto, per fare la spesa o per andare a comperare il giornale. Per quello si usa la macchina, l’automobile; la bicicletta serve per fare sport, e non si chiama più bicicletta, ma mountain bike, cross bike, bici da corsa. Usare la bici come facevano mio padre e mio nonno è da sfigati, andare a piedi è da sfigati, solo gli sfigati vanno in giro in bici. E dunque, se è mountain bike, se si va a fare cross, se ci si allena per le corse, adesso sì che ho capito: si corrono davvero dei rischi, qui serve veramente il casco. E le leggi, si sa, non le fanno gli sfigati che vanno in bici a comperare il pane. (Per inciso: qui in paese, ormai da parecchi anni, il più giovane ad usare la bici per andare a comperare il pane sono io – la bicicletta è proprio passata di moda, almeno in Lombardia).
E concludo il tutto – ma ce ne sarebbero tante di cose da dire... – con una foto di Enrique Omar Sivori, in lieta compagnia. Sivori è stato uno dei più grandi calciatori di tutta la storia del calcio, quando iniziò a giocare Maradona si disse che ricordava Sivori. Ed eccolo qua, Omar Sivori: con i suoi bravi calzettoni abbassati. Giocava sempre così, con i polpacci e gli stinchi completamente scoperti: prendeva calci, e ne dava anche tanti. Che io ricordi, l’ultimo calciatore di serie A a giocare così fu Gianluca Vialli, negli anni ’80: dopodiché furono resi obbligatori i parastinchi e i calzettoni fino al ginocchio. Maggior sicurezza, diranno i bambini saggi: certamente sì, i calci negli stinchi fanno male. Ma Sivori, e Vialli, e Corso, con i loro calzettoni abbassati erano magari poco eleganti, ma anche identici ai bambini loro coetanei che giocavano a pallone nei prati e nelle strade. Il calcio, e il ciclismo, erano vicini alla gente; e alla televisione non si dava tutto questo peso, la tv era solo un accessorio che si poteva anche tenere spento.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
4 commenti:
Bellissimo...
Di Sivori, poi, io che sono nato quando ormai aveva appeso i calzini a chiodo, ne sono sempre rimasto affascinato...
Senza il commercialista e l'avvocato ormai non ci si può nemmeno muovere, il mondo è sempre più in mano ai burocrati, c'è sempre un'obliteratrice in agguato, una card di plastica, un call center in agguato...
Come si è arrivati a tutto questo?
Abbiamo passato i migliori 50anni della storia d'Italia, a.C. compreso, e adesso stiamo buttando via tutto. Anzi, già fatto: e in fretta.
Chissà se siamo in tempo a fermare questi matti...
Ottima analisi.
Purtroppo vera...
Anche Sivori aveva un caratteraccio, penso che abbia ancora il record delle giornate di squalifica: ma era come i ragazzi dell'oratorio, dei tornei...E si raccontano aneddoti strani e divertenti su di lui e sui suoi rapporti con gli altri calciatori
:-)
Oggi abbiamo i Cassano e i Balotelli. Probabilmente, anche Balotelli e Cassano rappresentano i ragazzi che giocano al pallone oggi (ma chissà dove, prati ormai non ce ne sono più, giocare nelle strade è fisicamente impossibile...)
Posta un commento