Donna s'io miro voi, ghiaccio divengo;
se di mirar m'astengo,
d'un infinito ardore
mi si consuma il core.
Non so che m'abbi luoco:
mirar m'è ghiaccio, il non mirar m'è fuoco.
Ch'ami la vita mia nel tuo bel nome
par che si legg'ognora,
ma tu voi pur ch'io mora.
Se 'l ver porti in te scritto,
acqueta coi begl'occhi il cor afflitto,
acciò letto non sia
ch'ami la morte e non la vita mia.
Questa ordì il laccio, questa
sì bella man tra fiori e l'erba il tese,
e questa il cor mi prese e fu sì presta
a trarlo in mezz'a mille fiamme accese.
Or che l'ho qui ristretta,
vendetta, Amor, vendetta!
(Giovan Battista Strozzi)
Musicate da Claudio Monteverdi, Il Primo Libro de' Madrigali, 1587.
« Bisogna innanzitutto dire che il lavoro interpretativo che richiedono i Madrigali di Monteverdi, prima ancora che musicale, è squisitamente letterario. Si tratta, in altre parole, di arrivare ad un'assimilazione graduale delle strutture sintattiche, ed alla comprensione del motivo che ha spinto l'autore a scegliere un testo piuttosto che un altro. Le scelte di Monteverdi a tale proposito non erano mai casuali, ma rispondevano a precisi criteri. Prima di tutto si preoccupava che il testo fosse adatto ad essere musicato, poi badava all'intrinseco valore artistico e letterario del testo stesso. È evidente ad esempio che Monteverdi decide di musicare solo rime d'alto valore poetico, e non altre. Probabilmente si preoccupava solo in seguito della possibilità di 'teatralizzare' un certo testo. (...)»
(Rinaldo Alessandrini, da un’intervista per un suo disco dei Madrigali di Monteverdi. )
venerdì 28 maggio 2010
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