- Mi scusi, per il Castello Sforzesco?
Per chi non lo sapesse, stando in Piazza Cadorna il Castello Sforzesco è lì, sulla destra: o sulla sinistra, dipende da che parte sei voltato. Il fatto che quei quattro giovinotti in automobile mi stessero chiedendo dov’era, significava che non avevo scampo. Qualsiasi risposta gli avessi dato, mi sarei come minimo beccato del pirla; e infatti tergiverso, non ho la risposta pronta né una battuta in tasca, sto solo tirando un po’ tardi perchè è una bella serata e il mio treno parte fra venti minuti, c’è tempo. E il Castello Sforzesco è lì, enorme, che incombe alla mia sinistra; alzo le spalle e faccio cenno che boh, non so. Difatti, eccoli qui:
- Aaaahhh, che pirla! – e via, ridendo contenti.
Ecco, questo è uno di quei piccoli episodi che rimangono in mente anche a distanza di molti anni perché, pur essendo di per sè insignificanti, diventano emblematici quando si ripresenta la stessa situazione, magari in un contesto diverso e più serio.
Ieri sera, per esempio, una persona che conosco si è vantata di essere razzista, e ha irriso chi non è razzista. Stavo male (sto male ancora adesso) ma siccome non parlava direttamente con me sono stato zitto, e mi sono chiesto: è possibile parlare con questa persona, discutere, portare delle ragioni? No, non è possibile. Forse lo sarebbe stato quindici o venti anni fa, ma adesso non è più possibile. Adesso sono nella stessa situazione di quella sera a Milano: qualsiasi cosa dica, mi beccherò come minimo del pirla.
E a questo punto ne sono ben contento: meglio pirla che razzista, meglio pirla che fascista, meglio pirla che elettore della Lega Nord; non per le idee dei leghisti, ma per i capi impresentabili che si sono scelti, e per la valanga d’ignoranza compiaciuta che hanno fatto franare su questo mio povero Paese.
Life History of the Forget-me-not
8 ore fa
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