giovedì 2 giugno 2011

Darwinismo

Darwinismo: osservazione attenta della realtà.
Per la parola “darwinismo” ogni altra definizione è da ritenersi sbagliata, arbitraria, approssimativa. Questa è l’unica definizione che accetto, non la troverete sui dizionari ma se trovate una buona biografia di Darwin (ne esiste una recente in dvd, pubblicata da “Le Scienze” http://lescienze.espresso.repubblica.it/ ) non potrete evitare di trovarvi d’accordo con questa definizione.
Avete mai preso in mano un libro di Darwin? “L’origine delle specie”, per esempio, che è il suo più famoso: ad ogni pagina troviamo una enorme quantità di minute e precisissime osservazioni. Osservazioni, non teorie: Charles Darwin non era un filosofo e non ha mai fondato nessuna religione. Charles Darwin osservava il mondo che era intorno a lui, lo descriveva, ci ragionava sopra e sottoponeva le sue osservazioni alla critica degli altri scienziati. Tutto qui. E’ il metodo galileiano: vi pare poco? Le osservazioni e le teorie vanno messe alla prova, verificate. Con la filosofia non si può fare, con le osservazioni “sul campo” invece è possibile.
Ad osservatori attenti come Darwin, come Newton, o come lo svedese Karl von Linné (Linneo per noi italiani) dobbiamo le comodità del mondo così come è oggi. A questi osservatori attenti della realtà, e a quelli come loro (il russo Mendeleev, per esempio; ma anche il francese Lavoisier, il danese Niels Bohr, il tedesco Max Planck, e molti altri) dobbiamo molto, moltissimo, eppure questi nomi e queste persone vengono ignorati e derisi, si fa spallucce quando li si nomina, e anche peggio. Questi comportamenti, nei riguardi di persone che hanno lavorato molto per noi e che lo hanno fatto disinteressatamente, non meriterebbero nemmeno una risposta; si tratta di ignoranza pura e semplice (dispiace dirlo, ma è così),  l’ignoranza è molto consolatoria e quindi con l’ignoranza dobbiamo convivere.
In particolare, Charles Darwin non ha mai detto che l’uomo discende dalla scimmia: ha fatto invece questo disegno qui sopra, che spiega bene le sue osservazioni: un albero. Nell’albero le radici sono in comune, i rami sono sempre più distanziati tra loro. Discendiamo da progenitori comuni, ma non si sa quanto lontani; al tempo di Darwin si potevano fare solo delle ipotesi, oggi abbiamo le analisi del DNA e lo sappiamo con certezza. E questa è una cosa ben curiosa: l’analisi del DNA è ormai diventata cosa comune (ne parlano perfino i telefilm e i telegiornali), si discute delle cellule staminali e degli embrioni, ma si perde ancora tempo a contestare Charles Darwin, che con le sue teorie ha anticipato la genetica e la biologia. Vale la pena di ricordare la data di nascita di Darwin: 1809, duecento anni fa. E’ impressionante notare che duecento anni dopo la sua nascita la medicina e la genetica hanno confermato le sue intuizioni (le sue e anche quelle di Linneo): l’ultima scoperta è questa, per chi ancora non lo sapesse: che le mutazioni avvengono sempre e comunque, quasi come se fossero casuali, per tentativi: è poi l’ambiente in cui si vive a decidere quali sono quelle utili alla sopravvivenza della specie.
Delle scimmie Charles Darwin si occupò solo in tarda età, quando aveva ormai pubblicato i suoi libri più importanti ed era già diventato, suo malgrado, una persona famosa: un orango e un gorilla che vide allo zoo di Londra. La maggior parte degli studi di Darwin riguardano i fringuelli delle Galapagos, la selezione degli animali da allevamento e dei piccioni da competizione (numerosissimi gli appassionati in Inghilterra), i cirripedi (molluschi marini, conchiglie), la botanica (un giardino e un orto curatissimi), e perfino i lombrichi (che dimostrano di avere un’intelligenza propria e capacità di adattamento).
Quando Darwin, al termine della sua vita e alla sua opera, prova ad allargare il discorso facendo osservazioni sociologiche e politiche, sta uscendo dal suo campo professionale. Esprime un parere personale, e qui torna ad essere “filosofo”: non ragiona più sui fatti ma fa speculazioni più o meno astratte, tutte da verificare. Com’è ovvio, i diplomati del liceo classico hanno letto solo questa parte, e su questa discettano: è l’unica che possono capire.
A tutti quelli che non hanno capito offro quest’immagine, presa da “L’origine dell’uomo” di Charles Darwin: l’embrione di un cane e l’embrione umano. Entrambi hanno la coda, e sono difficilmente distinguibili ad una prima osservazione. Un’osservazione dura da digerire, ma è una cosa che si sapeva già dalla metà dell’Ottocento. Se quest’osservazione vi dispiace, e se vi dispiace imparare che l’embrione umano nelle prime settimane di vita ha le branchie come i pesci (coda e branchie vengono poi riassorbite durante lo sviluppo), potete sempre continuare a ignorare il fatto: l’ignoranza, si sa, è molto calda e molto comoda.
L'uomo va scusato se prova un certo orgoglio di essersi elevato, sebbene non per merito suo, alla sommità della scala dei viventi; ed il fatto di essere salito cosí in alto, invece di esservi stato collocato in origine, può dargli speranza per un destino ancora migliore in un lontano avvenire. Ma non si tratta qui né di speranze, né di timori, ma solo della verità, per quanto la nostra ragione ci permette di scoprirla. Io ho cercato di darne la prova con tutto il mio ingegno. Dobbiamo riconoscere, mi sembra, che l'uomo con tutte le sue nobili qualità, con la simpatia che sente per gli esseri piú degradati, con la benevolenza ch'egli estende non solo agli altri uomini, ma anche alle piú umili delle creature viventi, con un intelletto quasi divino che è penetrato nel movimento e nella costituzione del sistema solare - con tutte queste potenti facoltà - l'uomo conserva ancora nella sua struttura somatica il segno indelebile della sua origine da una forma inferiore.
(Charles Darwin, L’origine dell’uomo, il finale).
Tutte le opere di Charles Darwin sono liberamente consultabili sul sito http://www.darwin-online.org.uk/
Le immagini di questo post vengono dalla mia copia personale di “L’origine dell’uomo” (Editori Riuniti, comperata nel gennaio 1976 nella libreria del signor Fiume, a Como in via Diaz), dalla Settimana Enigmistica (http://www.aenigmatica.it/ ) e da articoli di quotidiani di qualche anno fa, molto probabilmente La Repubblica o il Corriere della Sera.

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