Un piccolo gioco per gli amici appassionati di musica è far ascoltare il canone K559 di Mozart e chiedere che cos’è. La risposta è ovvia, automatica: tono solenne e ispirato, lingua latina, senza dubbio musica sacra. E invece no, è uno scherzo che Mozart fece a un amico cantante.
Ecco come viene ricostruito lo scherzo da Poggi e Vallora in “Il catalogo è questo”, un bellissimo libro che racconta in questo modo tutte le composizioni di Mozart, pubblicato da Einaudi.
Ecco lo scherzo al povero Peierl, nel racconto di Paumgartner: «Questo signor Peierl, un tenore di Monaco, aveva un difetto di pronunzia per cui gli amici spesso lo prendevano in giro. Una sera, trovandosi riunita l'allegra brigata, a M, venne l'idea di scrivere un canone sulle parole latine "Difficile lectu mihi Mars" che avrebbero preso comico risalto quando Peierl, con la sua pronunzia difettosa, le avesse cantate (lo scherzo consisteva nell'assonanza tra la frase latina "Difficile lectu mihi Mars" e quella tedesca "Difficile leckst du mich im Arsch" ossia "Difficilmente mi lecchi il culo"). Facendo in modo che questi non se ne avvedesse e cadesse nel tranello, scrisse a tergo dello stesso foglio l'altro canone che inizia "Oh asino d'un Peierl!" Lo scherzo riuscí. Non appena, fra l'ilarità generale, le insidiose parole latine uscirono dalle labbra di Peierl nel modo previsto, M. voltò il foglio e tutti trionfalmente intonarono:
O Peierl asinesco, O asino peierlesco!
Il seguito non è difficile da indovinare. Alle parole "Nepomuk Peierl, perdonami!" il tono del canone si fa implorante: è la riconciliazione col mortificatissimo tenore».
K559-K560
CANONE per voci: « Difficile lectu mihi Mars »
CANONE per voci: «O du eselhafter Peierl» («Oh asino d'un Peierl» )
TONALITÀ Fa maggiore - Fa maggiore
ORGANICO K 559: n, 3 voci K 560: n. 4 voci
DATA 2 settembre 1788 (32 anni)
LUOGO Vienna
EDIZIONE Breitkopf & Härtel, Leipzig 1804
TESTO K 559:
Difficile lectu mihi Mars
Et jonicu difficile
K 560: O asino d'un Peierl! O Peierl asinesco! O asino, peierlesco! Sei sfaticato come un ronzino
che non ha né testa né garretti (...)
NOTE Questi due Canoni, anch'essi concepiti nel corso dell'estate del 1788 e riuniti da Mozart nel suo catalogo personale sotto la data del 2 settembre, fanno parte della serie di dieci Canoni - compresi fra il K 553 e il K 562 - inventati da Mozart, nei momenti di svago e di divertimento fra amici. Un esempio della passione mozartiana per i giochi goliardici e gli scherzi scurrili (quelli che già avevano colorato le lettere alla cuginetta Bäsle di Augusta) ci viene proprio offerto da queste due pagine concatenate - piccoli capolavori sotto il profilo musicale - che vennero architettate come pesante scherzo alle spalle del tenore viennese Peierl. Si segnala che esiste anche un'altra versione del K 560, musicalmente identica ma «dedicata» a un'altra vittima di Mozart, precisamente il famoso tenore tedesco Philip Jacob Martin («Oh asino d'un Martin, O Martin asinesco»).
È curioso che Saint-Foix, dinanzi a certe intemperanze, si sia chiesto se l'origine della «truculenza dei testi mozartiani » non fosse da ascrivere all'esempio di M. Haydn, amico e collega salisburghese, noto per la sua volgare personalità.
COMMENTO Paumgartner: «In essi il maestro, messo di buonumore dagli amici buontemponi, rinnova gli stravaganti scherzi della commedia dell'arte, trasponendoli nella Vienna del suo tempo».
(“Il catalogo è questo”, di Poggi e Vallora, un libro con tutte le composizioni di Mozart in ordine cronologico, pubblicato da Einaudi)
Si tratta quindi, nelle intenzioni dell’autore, di una paginetta buttata giù per scherzo: ma è musica bellissima, chissà quanti compositori pagherebbero per averla scritta. Mozart poteva permetterselo, e non è nemmeno l’unica volta che “butta via” una melodia meravigliosa: si pensi all’aria di Barbarina nelle “Nozze di Figaro”, meno di due minuti, un personaggio secondario, una scena che si potrebbe anche eliminare, eppure è qualcosa che va subito a toccare nell’anima chi la ascolta. Lo stesso discorso si potrebbe fare per il mottetto “Ave verum corpus”, pochi minuti di musica semplice e indimenticabile.
Non è stato nemmeno il solo Mozart a potersi permettere di questi “sprechi”: mi vengono in mente esempi simili per Puccini, per Prokofiev, ma anche per Britten o per Nino Rota, e tutto il Falstaff di Verdi è fatto di melodie come queste, brevissime e meravigliose, buttate là quasi per scherzo.
Mi viene da dire (e chiedo scusa per il termine, ma Mozart mi capirebbe) che quello in cui viviamo è un tempo di ingegni stitici, in cui si incensa e si dà del maestro e del capolavoro a questo e a quello, e in cui si copia a man bassa e si rifanno sempre le stesse quattro cose, ma guai ad ammetterlo.
Mozart era uno che poteva permettersi di “buttare via” un canone come questo, valutandolo cosa da poco: ed è un pensiero che ogni volta mi lascia stupefatto.
(nelle immagini, la prima riga dei due frammenti mozartiani, sempre dal libro citato, e due immagini dei divertimenti di Mozart con i suoi amici, nella ricostruzione - penso molto fedele - fatta da Milos Forman nel film "Amadeus").
venerdì 17 giugno 2011
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2 commenti:
non lo conoscevo, che begli sprechi!
è proprio una paginetta da poco, ma è una meraviglia lo stesso! ti ricordi la storia della O di Giotto?
:-)
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