La scena è questa, molto comune e molto quotidiana: arrivo nel supermercato verso le dieci del mattino, in un momento in cui c’è pochissima gente. Devo comperare il pane, e siccome non c’è nessuno, nemmeno le addette alla vendita, mi metto bene in vista e mi faccio notare. E infatti l’addetta arriva, però non vengo servito: viene servito il signore che è arrivato dopo di me, perché lui, avendo visto me in coda, aveva preso il biglietto col numero all’apposito distributore.
Una regola di buona educazione? Se fosse capitato a me, a parti invertite, avrei detto: prego, io ho preso il biglietto ma ho visto che c’era prima lei. L’ho fatto molte volte, e lo avrei fatto anche stavolta. Invece no, vado anch’io a prendere il numerino, non si sa mai che arrivi qualcun altro: e non sto neanche a discutere perché ormai so come va il mondo, e soprattutto mi sembra che questo piccolo episodio sia da tenere bene a mente, perché è molto significativo.
Io sono cresciuto in un mondo dove non c’erano i distributori di bigliettini numerati. I distributori di numerini per le code sono una cosa molto recente, così come le obliteratrici. Anche in Posta, anche in Comune o negli ambulatori medici, il bigliettino col numero era una rarità. E dunque, come poteva funzionare il mondo? Funzionava, funzionava benissimo: negli anni ’60 e ’70 e ’80 e ’90 c’è stato il boom economico e siamo diventati una delle nazioni più ricche nel mondo. Adesso invece c’è la recessione e la crisi economica, crisi e recessione gravissime: però abbiamo le obliteratrici e i distributori di numerini, le smart card, le fidelity card, e tante tante tesserine col microchip.
Non che io non mi renda conto dell’utilità del numerino: c’è in giro molta maleducazione, il numerino evita inutili discussioni. Vorrei solo che si dicesse: “purtroppo, il numerino serve”; e invece no, invece la gente è contenta del numerino. Un altro mondo è possibile, e non solo è possibile ma c’è sempre stato: invece alla gente la burocrazia piace, è questa la triste verità.
Non resta che prenderne atto: tutti questi discorsi sulla casta e la burocrazia che si fanno quotidianamente vanno letti in un altro modo, che provo a riassumere qui sotto.
La casta e la burocrazia piacciono o non piacciono a seconda della posizione in cui ci si trova: se siete al di là dello sportello, la burocrazia piace perché è un sistema per comandare; se fate parte della “casta” che ci governa è un’ottima cosa perché potete arricchirvi e sistemare figli e parenti e amici. Se invece siete fra quelli che “stanno sotto”, allora si brontola e ci si lamenta.
Tutto qua? Sì, direi di sì: l’atteggiamento di base è proprio questo, ma ovviamente non lo ammetterà mai nessuno. La casta sono gli altri, la burocrazia sono gli altri, e per il resto del discorso – cioè che casta e burocrazia possono piacere anche quando non ci recano utili – bisognerà passare alla voce “servilismo”. Molti di noi sono nati servi: e, se cominciate a farci caso, si vede.
venerdì 29 luglio 2011
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