Ho incontrato la musica di François Couperin registrando per caso, dalla radio, un brano sorprendente e meraviglioso, con un titolo complicatissimo del quale lì per lì avevo memorizzato solo il nome dell’esecutore: “clavicembalista: Kenneth Gilbert”. Voglio dire: sembrava Jimi Hendrix, eppure era un clavicembalo.
In seguito avrei imparato che ci sono parecchi tipi di clavicembali, costruiti in tempi diversi da diversi costruttori, e che il clavicembalo somiglia solo apparentemente al pianoforte, ma non ne è l’antenato diretto. Nel pianoforte ci sono delle corde che vengono percosse da un martelletto, nel clavicembalo le corde vengono pizzicate da un plettro, o da qualcosa che somiglia a un plettro: ecco dunque la somiglianza con il suono della chitarra, che mi avrebbe colpito anche in seguito e che continua a colpirmi ancora oggi.
Però in quegli anni di queste cose non sapevo ancora niente (anzi: niente di niente, meno di zero, per essere sinceri) e mi aveva colpito questo torrente di note, un flusso inarrestabile e incredibilmente violento che proprio non mi sarei aspettato da un compositore di quel periodo. I luoghi comuni hanno infatti questo di bello: che quando si riesce a smentirli o a distruggerli è sempre un piacere. In questo caso, avevo distrutto per sempre l’idea che la musica dei secoli passati fosse una cosa noiosa, e – soprattutto – cominciavo a capire che i compositori erano persone come noi, che bisognava dimenticarsi delle parrucche con cui appaiono nei loro ritratti ufficiali (la parrucca, a casa, se la toglievano subito; e spesso erano ragazzi di vent’anni, o trenta – come Mozart e come Pergolesi). Ma la cosa più importante era questa: i compositori scrivevano anche per se stessi. Se ci fate caso, le cose più personali e attuali di Bach, di Beethoven, di Brahms, sono quelle che scrivevano per se stessi, nel chiuso delle loro camere, per il loro strumento. Lì non c’erano obblighi di commissione, non c’era un pubblico da soddisfare con effetti facili, non c’era niente da vendere, c’era solo il piacere di inventare e di scrivere per se stessi. Poi, se piaceva anche agli altri, meglio. E’ così che nascono le cose migliori.
Tornando all’oggi, soprattutto ascoltando esibizioni sempre più deludenti e chiuse su se stesse, posso aggiungere che se fossi un chitarrista rock (ahimè, non lo sono...), mi studierei per bene le scale e le sequenze scritte da questi due signori, Rameau e Couperin; oltre a Bach, naturalmente. Poi, liberissimi di tornare alla musica che più piace: ma qui c’è da imparare, e molto.
I titoli dei brani di Couperin sono davvero strani, e rivelano il divertimento con cui venivano scritti. Couperin pubblicò la maggior parte delle sue Sonate in due Libri e ventisette Ordini (cioè raccolte di venti o venticinque brani, all’interno dei due Libri), alternando titoli normali come allemande, courante, sarabande, gavotte (nomi di danze tradizionali) a titoli strani come Le Api, I Sentimenti, l’Incantatrice, I Piaceri di Saint Germain en Laye, La Laboriosa, La Fiorentina, Le Idee Felici, La Diligente, La Voluttuosa, La Spagnola, La Pericolosa, La Sveglia del Mattino, Gli Ornamenti, Le Onde, La Pettegola, Il Monastero, L’Olimpica, L’Insinuante, La Seducente, La Trionfante, La Castellana, Le Grazie Naturali, Les Folies françaises ou les Dominos, Le Dodo, L’Evaporato, Le Grazie Incomparabili, La Distratta, I piccoli mulini a vento, Le tic-toc choc ou Les Maillotins, l’Ingenua, L’artista, Il buffone, La Principessa Maria, Les Tambourins, La Regina di Cuori, L’audace, Le merlettaie, L’arlecchino, I vecchi signori, Le ghirlande, Madame Monflambert, Le ombre erranti, Le cinesi, Le Muse vittoriose. Sono titoli che letti di fila possono sembrare strani o divertenti (e si tratta solo di una piccola parte del repertorio), ma posso assicurare che in tutti quelli che ho ascoltato c’è una corrispondenza diretta tra la musica e il titolo. Poi, si sa, molto dipende anche dallo strumento e dall’esecutore: le mie edizioni di riferimento sono quelle di Blandine Verlet per il cembalo e di Angela Hewitt per il pianoforte (ai tempi di Couperin il pianoforte non era ancora stato inventato, ma non c’è bisogno di trascrizioni, le partiture sono sempre quelle), ma per nostra fortuna i grandi clavicembalisti e pianisti sono molti, ed è bello ascoltare e confrontare le diverse esecuzioni. L’edizione moderna delle opere di Couperin fu curata da Johannes Brahms, che amava moltissimo questa musica.
In quanto ai titoli strani, non scherzava nemmeno Jean Philippe Rameau : per esempio L’amphibie, L’enarmonique, Le rappel des Oiseaux (da non perdere), e neanche Gioacchino Rossini che a metà Ottocento, a Parigi, diede nomi buffi alle sue composizioni per pianoforte, forse proprio ispirandosi a Rameau e a Couperin. Stranamente sobrio fu invece il napoletano Domenico Scarlatti, un altro grande della tastiera, che non diede nomi alle sue Sonate, anch’esse molto belle e molto brevi, e che sono a tutt’oggi indicate solo con la tonalità.
La sonata di Couperin che mi aveva colpito, quando ancora non ne sapevo niente e ascoltavo i Doors, era un pezzo quasi teatrale che si ispirava alla delinquenza organizzata, quella che sfrutta i mendicanti e che fu ben descritta molto tempo dopo da Victor Hugo (Notre Dame). Purtroppo non si tratta di antiquariato, la delinquenza organizzata che specula sulle elemosine esiste ancora oggi, e per i titoli dati ai suoi brani da Couperin nel ‘600 si possono trovare corrispondenze precise anche soltanto camminando per strada nelle nostre città più grandi: Les fastes de la grande et ancienne Ménestrandise (secondo libro, undicesimo ordine) premier acte : Les Notables er Jurés-Menestrandeurs ; second acte. Les Viéleux et les Gueux ; troisième acte : Les Jongleurs, Sauteurs et Saltimbanques ; quatrième acte : Les Invalides, ou gens estropiès au service de la grande Ménestrandise ; cinquième acte : Désordre et déroute de toute la troupe, causès par les Yvrognes, les Singes et les Ours. (Kenneth Gilbert al cembalo).
Di Couperin sono molto belli anche i brani strumentali e d’occasione come la serie delle Leçons de Ténèbres, i Concert Royals, e anche Les gouts réunis (sempre musica per orchestra).
Un brano incredibile, quasi insopportabile nella sua forza, è “Le rossignol en amour” per flautino soprano e cembalo, che si trova nel secondo libro, 14mo ordine.
“Les baricades mistérieuses” è un brano brevissimo e meraviglioso, per pianoforte o per clavicembalo, scritto da François Couperin (primo libro, sesto ordine). L’ho fatto ascoltare a molte persone, e tutti sono rimasti incantati: è una meraviglia fin dal titolo. (la pagina qui sotto viene dall’edizione Dover, americana, che fino a poco tempo fa si trovava in edizione economica sugli scaffali dei negozi di musica) (ma esistono ancora i negozi di musica?)
PS: sulle copertine dei loro rispettivi cd con le registrazioni da Couperin non ci sono le foto delle signore Verlet e Hewitt: così mi sono dovuto un po' arrangiare. Niente di male, le foto sono belle e si tratta pur sempre di Johann Sebastian Bach, (che di Couperin era un po' più giovane, ma non di molto).
Life History of the Forget-me-not
5 ore fa
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