Un’altra forma di pubblicità, anche se un po’ atipica, è sicuramente l’elenco dei programmi tv e radio. Con la moltiplicazione dei canali tv e radio, avere sottomano un elenco di cosa si trasmette è diventato fondamentale: altrimenti, se su una tv passa una cosa che mi interessa, come faccio a saperlo e a sintonizzarmi? Se non si danno le comunicazioni giuste, e in forma breve e veloce, va a finire che nessuno ti guarda, e quindi si buttano via soldi. La capacità di comunicazione è diventata molto importante soprattutto per le tv piccole e per quelle che vanno oltre il numero 30 del digitale terrestre: penso che siano davvero in pochi a fare lo zapping su trecento canali, e anche per quei pochi sarà ben dura arrivare per caso sul canale giusto nel momento giusto.
Lasciando da parte il discorso sui giornali specializzati in programmi tv e radio (che hanno molto spazio a disposizione, per ovvi motivi), e mettendo in un angolo anche la pubblicità sulle reti della concorrenza (la accettano, ma bisogna pagare), rimangono due vie d’informazione molto importanti e facilmente accessibili: il televideo o teletext, e l’apposito tasto sul telecomando che permette di sapere quale programma stiamo guardando e quale programma verrà dopo. Quest’ultima possibilità è molto comoda, e io provo spesso ad utilizzarla: cos’è il film che sto vedendo? Che programma viene dopo? Il risultato è quasi sempre deludente: del film mi danno la trama (ma se lo sto guardando, cosa vuoi che me ne faccia della trama?), e non la lista degli attori e del regista. Magari mi interessa sapere chi è quell’attore o quell’attrice, ma per saperlo devo andare su http://www.imdb.com/ che è di consultazione gratuita, come http://www.wikipedia.it/ ; infatti esistono da tempo database ben accessibili e molto dettagliati.
Ma la triste verità è purtroppo questa: se premete il tasto delle informazioni non appare niente, oppure appaiono informazioni vecchie di qualche giorno, o completamente sbagliate. Dico che è una triste verità per un motivo molto semplice, e che ormai si può dare per scontato: e cioè che per fare questo servizio serve pur sempre qualche persona che lo faccia, che tutti i giorni si metta a inserire dati. Queste persone vanno pagate, magari poco ma vanno pagate, e devono anche essere abbastanza competenti: due peccati gravissimi, nell’era del precariato e del pressappochismo. Secondo l’ideologia corrente, i lavoratori non sono più una risorsa ma sono un costo; se ci sono si licenziano, se non ci sono non si assumono. Poi viene da chiedersi perché mai si perdano soldi e tempo per aprire una tv, ma si vede che ormai il contenuto, cioè quello che si trasmette, è diventato del tutto secondario. Con i risultati che si vedono.
Poi c’è il televideo (o teletext), che è utilissimo e molto pratico, ma anche qui la sciatteria e la mancanza di aggiornamenti sono cronici. Un televideo ben fatto richiede pur sempre del personale, è una redazione giornalistica a tutti gli effetti, i programmi cambiano tutti i giorni e tutti i giorni serve una persona che digiti i testi con chiarezza e competenza.
I programmi tv, sul televideo RAI, sono alla pagina 505 e successive, e comprendono anche le reti mediaset, La7, MTV; più avanti ci sono le pagine dedicate ai film in tv (la 514) e i programmi delle altre reti RAI del digitale terrestre. Un buon teletext c’è anche sulle reti mediaset; però poi sulle altre tv, quelle locali, il televideo/teletext non è quasi mai aggiornato e quasi sempre pasticciato. Viene da chiedersi perché, dato che si tratta quasi sempre dell’unico metodo per conoscere i programmi di quell’emittente, sintonizzarsi, registrare, far crescere l’audience e attirare i soldi degli inserzionisti. Ma forse non sono questi gli intenti dei proprietari delle tv private.
Tornando al televideo RAI, quello per il quale paghiamo il canone, prendo in esame RAI Storia, uno dei nuovi canali del digitale terrestre e uno dei miei preferiti, ed è subito evidente che qualcosa non va, e che c’è troppa confusione.
Il televideo con i programmi di Rai Storia è a pagina 526: ci si imbatte in una foresta di parole criptiche e scritte in maiuscole, del tipo DIXIT, CRASH, REWIND, RES GESTAE, RESTORE, RES TUBE, perfino MILLE PAPAVERI ROSSI. Che saranno mai, cosa c’è dietro a queste sigle misteriose? Ci sono le repliche dei programmi più interessanti nei sessant’anni della RAI, inchieste, grandi servizi giornalistici, ottimi documentari con immagini rare e meravigliose, film e sceneggiati di grande successo, musica, danza, reportage di grandi giornalisti, filmati storici di grande interesse.
Nel televideo c’è poco spazio a disposizione, per evitare che un canale della tv pubblica diventi un servizio per iniziati a una setta segreta basterebbe poco, pochissimo. Per esempio, basta dare un’occhiata alla schermata che riporto qui per capire che si guadagnerebbe un’enormità di spazio eliminando alcune parole, e cioè proprio quelle cazzatine lì, i restore e i crash e i dixit. Eliminando i “contenitori” inventati per l’occasione e queste siglette criptiche però si toglierebbe sicuramente “la qualifica” a qualche dirigente o aspirante dirigente, e soprattutto non si potrebbe dire alla morosa o alla zia o al vicino di casa “sono il curatore di Restore Crash”: una questione fondamentale, come si capirà.
Il “contenitore” in tv è un’invenzione dei pubblicitari, e risale agli anni ‘80. Non si sa mai che cosa c’è dentro, magari c’è qualcosa che mi interessa ma io come faccio a saperlo? Nel dubbio, io negli anni ’80 e ’90 lasciavo perdere e andavo a farmi un giro con gli amici, o andavo a teatro, al cinema, tutto meno che guardare quel contenitore lì. Per esempio, negli anni 80 da Pippo Baudo c’erano spesso Benigni o Troisi, ma io non guardo mai Pippo Baudo, e non guardavo nemmeno Mike Bongiorno, quindi mi sono perso qualcosa che avrei visto volentieri (per fortuna, in questi casi, si può recuperare). Quello che si vuole è una “fidelizzazione del cliente”, altro termine caro ai pubblicitari e al marketing: un marchio, un prodotto da spingere. Tutte le trasmissioni di Rai Storia diventano una sola, fidelizzazione anche questa: quelli pensano che io guardi Res Tore e Res Tube, o magari “Mille papaveri rossi” (cioè la storia del Novecento); e invece no, io guardo l’intervista a Dino Buzzati, guardo il documentario di Folco Quilici e l’inchiesta di Enzo Biagi, ascolto la voce di Carlo Emilio Gadda e di Albert Camus, e soprattutto guardo incantato Bruno Munari che nel 1955, in una trasmissione per bambini, costruisce davanti ai nostri occhi uno strumento a corde giapponese (funzionante!) partendo da una scatola di sigarette e da qualche graffetta...
Ma so già come finirà questa storia: alla prima occasione, Rai Storia verrà chiuso. Peccato, perché (per esempio) se fuso con Rai News può diventare la nuova RAI 1, e ragionando in prospettiva di servizio pubblico sarebbe un’ottima cosa, ma chi ragiona più in questi termini? Le ultime proposte sul futuro della RAI vanno tutte in direzione opposte, privatizzare e vendere, per esempio (Bersani in prima fila). Al di là del vendere, privatizzare, liberalizzare, licenziare, precarizzare, i dirigenti di oggi non sanno andare. Non vedono più in là del loro naso, insomma, e i risultati cominciamo a vederli: la crisi odierna nasce anche da questa pochezza degli attuali dirigenti, tutti usciti dal mondo del marketing e dalla pubblicità.
(le vignette vengono dal "Corriere dei Piccoli", anno 1972)
AGGIORNAMENTO al 30 giugno 2013: anche i siti internet della Rai sono stati tutti modificati, vale a dire che prima bastava un clic, adesso ne servono tre o quattro (se va bene). Mi viene da dire che ormai ci sono sempre dei cretinetti o delle deficientine pronti a complicarci la vita e a cambiare le cose che funzionano, non solo in Rai ma purtroppo ovunque; poi ci penso e mi accorgo che il ritardo è calcolato, serve per caricare la pubblicità e per avere più clic sul contavisite. Il concetto di servizio pubblico dunque non esiste più.
Che dire, a me sembrava già una scemenza vent'anni fa vedere sui giornali indicazioni del tipo "il sommario è a pagina 64" (se lo metti a pagina 64, a cosa serve?) ma anche in questi casi la spiegazione è semplice semplice: lo metto a pagina 64 così il lettore per cercare il sommario si guarda tutta la pubblicità ma proprio tutta tutta, wow. Pensate che la crisi venga dal nulla? No, viene anche da cretinette e deficientini come questi che ci governano oggi, e che nei siti internet ormai sono la maggioranza assoluta.
giovedì 23 febbraio 2012
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