sabato 18 febbraio 2012

Suonare il campanello nell'era di Twitter

Una sera, anni fa, avevo iniziato a leggere, in uno di quei vetusti in folio, un capitolo intitolato Breccia delle Anime; e già stavo cadendo in una gradevole sonnolenza quando questo singolare brano spiccò dal tono neutro e spento della pagina, come una medaglia d'oro zecchino brilla su un tappeto scuro; riporto testualmente: «Nel cuore della Cina esiste un Mandarino, più ricco di tutti i re di cui la leggenda o la storia narrano. Nulla si sa di lui: né il nome, né il sembiante, né la seta di cui si veste. Perché tu possa ereditarne le infinite ricchezze ti sarà sufficiente suonare questo campanello, posto al tuo fianco, sopra un libro. Egli esalerà appena un sospiro in quei lontani confini della Mongolia. Morrà; e tu vedrai ai tuoi piedi più oro di quanto ne possa sognare la cupidigia d'un avaro. Tu, che mi leggi e che appartieni alla schiera dei mortali, suonerai il campanello?»
Mi fermai, turbato, davanti alla pagina aperta; quell'interrogativo «tu che appartieni alla schiera dei mortali, suonerai il campanello?» mi appariva faceto, picaresco, e pur tuttavia mi turbava incredibilmente. Cercai di proseguire nella lettura, ma le righe fuggivano ondeggiando come serpenti impauriti, e nel vuoto che lasciavano sulla livida pergamena, restava, spiccando in nero, la strana domanda: «suonerai il campanello?».
(Josè Maria Eça de Queiroz (1845-1900), dal racconto “Il Mandarino”, ed. Passigli a cura di Paolo Collo.)
Poche righe più avanti, come per incanto, il campanello appare per davvero e la domanda non è più un semplice esercizio retorico, ma siamo di fronte a una scelta da compiere. Se suoni quel campanello, ne trarrai dei vantaggi però morirà qualcuno in un paese lontano: suonerai il campanello?

Il piccolo volume delle edizioni Passigli dedicato a Eça de Queiroz è molto bello sia da vedere che da toccare. E’ da non perdere la prefazione di Luciana Stegagno Picchio, che parla delle origini molto antiche di questa storia, citando come fonti possibili, e con ampie informazioni, autori come Chateaubriand, Erodoto, Carneade, Cicerone, Montaigne, Diderot, Balzac (père Goriot), Rousseau, Dumas (conte di Montecristo), e perfino il dizionario della lingua francese di Littré, uscito nel 1877. Ovviamente, non bisogna dimenticare il mito di Faust: che però non parla di Cina e di mandarini.

La storia del mandarino cinese è di quelle che colpiscono, letta una volta non si dimentica più; sarebbe però un errore considerarla come una semplice fantasia. Per esempio, oggi, proprio in Cina, c’è uno stabilimento della Apple Computers dove si è verificata una lunghissima catena di suicidi, a causa delle condizioni infernali in cui gli operai cinesi sono costretti a lavorare; e in Africa, ai confini del Congo, si combatte da decenni una guerra per le miniere di coltan (tantalio), materia prima indispensabile per la batterie di ogni computer o telefonino portatile. In Congo i morti non si contano a decine, come in Cina nello stabilimento Apple, ma a centinaia di migliaia: ogni volta che prendete in mano un portatile, che twittate su twitter, che giocate con un videogame, che mandate una mail o un sms, ogni volta che accendete un computer o un ipod, c’è un campanello che suona – forse lo stesso campanello del racconto di Eça de Queiroz.
Rispetto a quei tempi, oggi il diavolo si è fatto più furbo: non c’è più nemmeno bisogno di chiedere, il campanello parte in automatico e i fantasmi del rimorso sono da considerare come un disturbo che è stato eliminato con successo. O, forse, l’invito rivolto al protagonista di questa storia era solo un divertimento in più, una variazione nel piacere di tentare l’uomo, qualcosa come l’inizio del Libro di Giobbe, o come la storia di Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden: li mettiamo davanti a una scelta e vediamo fino a che punto arrivano. Scommettiamo?

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