I posti come la metropolitana, gli aeroporti, le stazioni, le sale d’attesa in generale sono stati studiati in un bel libro dell’antropologo Marc Augé, che li ha chiamati “non-luoghi”. I non-luoghi sono i luoghi dove si è soli pur essendo in tanti, con “l’individuo sempre più omologato ma paradossalmente sempre più convinto di emergere dal gruppo”. «...ad esempio, si può accedere all’anonimato dei non-luoghi solo dopo aver dato prova della propria identità, mostrato passaporto, biglietto di viaggio, carta di credito (...)» (Marc Augé, citato sul Corriere della sera il 15.11.1993)
Il libro è Marc Augé, “Non luoghi – Introduzione ad un’antropologia della surmodernità”, editore Eleuthera, pag. 111, lire sedicimila: il fatto che il prezzo sia ancora in lire è dovuto al fatto che si tratta di un mio appunto ormai quasi ventennale, e direi che rende bene l’idea del tempo che è passato, per l’appunto quasi vent’anni.
Nel frattempo, che cosa è successo? E’ successo questo, che qualcuno ha pensato di intervenire sui “non-luoghi” cercando di renderli un po’ meno anonimi, un po’ meno impersonali; ed è stato un gravissimo errore, perché non è detto che i non-luoghi siano di per sè cose brutte. L’importante è la pulizia, in primo luogo; che ci si possa sedere, per esempio. E poi la sicurezza, certamente; ma senza esagerare, come purtroppo è successo e succede (anche con casi gravi, purtroppo, sia come invasione della nostra privacy che per cose peggiori). Ma riempire ogni spazio con musica e pubblicità, come si è fatto di recente, è davvero un rimedio peggiore del male: innanzitutto, perché non si deve imporre di ascoltare qualcosa a chi non è interessato ad ascoltarla. A casa mia, se arriva qualcuno spengo la tv o abbasso il volume della musica che sto ascoltando: al limite chiedo se piace, magari accendo il registratore, evito comunque di imporre agli altri qualcosa che gli altri non hanno voglia di ascoltare. Mi sembra il livello minimo della decenza, e della buona educazione.
Invece, non è andata così; per consolarmi, metto qui sotto un altro brano che parla della metropolitana, sperando che siano in arrivo tempi migliori. Si tratta di un grandissimo artista, è un brano a cui sono molto affezionato, e sono contento di poterlo rimettere in circolazione.
«Ho un figlio. E’ un bambino ritardato, vive in una casa di cura con altri diciotto bambini. Io me ne occupo molto e lui mi dà molto, richiede attenzioni e amore, io gliene dò e questo mi permette di restare un bambino, di esprimermi in modo semplice e chiaro. Non parlo di solito di questo, non c’è niente da dire e non c’è niente da nascondere, è la vita. Gli ho telefonato ieri, e mi ha chiesto se a New York avevo preso la metropolitana, se era silenziosa come quella di Parigi, se era pulito; e io gli risposto “no, ci sono i graffiti ed è molto rumoroso”. E lui ha concluso che era la stessa cosa. Gli ho detto: “spero di tornare a New York per portarti a vedere l’esposizione”. Mi ha chiesto: “Che cosa c’è nel museo?” e io gli ho detto: “Un tempio egizio, i giardini cinesi, i battelli africani”; e lui mi ha risposto che preferiva il metrò. Allora verrò a New York il mese prossimo per mostrare il metrò a mio figlio. Lo amo molto, lui ama guardare la vita e io non potrei vederla senza di lui.» (Jean Michel Folon, intervista con Luciana Capetti da L’Europeo 21 aprile 1990)
I gestori odierni della Metropolitana, oltre ai restyling chiassosi (da locale disco o da videogame) ci hanno regalato autentiche finezze burocratiche: ai tornelli non basta più obliterare, adesso devi indovinare dove devi obliterare (siamo dunque all’arzigogolo, ma temo che non sia ancora finita). I passeggeri abituali – mi sembra quasi inutile dirlo ma non si sa mai - lo sanno da per loro (milanesismo dialettale), così come sanno schivare i pilastri, e sanno dove scendere fino ai binari e che direzione prendere; ma per quelli non abituali è sempre un grosso problema non sapere se il treno è quello che va nella direzione giusta. Quando io prendo la metropolitana trovo sempre (sempre) persone che mi chiedono informazioni, io mi guardo in giro e le informazioni sono diventate davvero difficili da trovare, soprattutto sulle linee più nuove; va a finire che c’è tanta gente obbligata a risalire le scale e andare sulla banchina opposta, il che può costare caro in termini di tempo, di appuntamenti, di coincidenze ferroviarie. Queste informazioni dovrebbero essere ovunque, e dovrebbero essere – come si dice – a misura di idiota. L’idiota per il test, se volete, mi offro di farlo io: è un ruolo nel quale mi sento perfettamente a mio agio, e con i tempi che corrono (e con i dirigenti e politici che mi tocca sopportare, che hanno scritto questi regolamenti e queste leggi, e che i miei compatrioti hanno ripetutamente eletto) essere un idiota mi sembra che venga sempre più assomigliare ad un titolo onorifico.
(nelle immagini: una cartolina milanese ritrovata su internet, Folon a Firenze con una sua scultura, e qui sopra un disegno famoso di Folon)
Renato BUSO
11 ore fa
2 commenti:
Commovente il pezzo di Folon e giustissime le considerazione sul presunto restyling dei " non luoghi"
Invece Il test dell'idiota( per cui mi candido anch'io) credo che andrebbe fatto ovunque. A Bruxelles hanno avuto la brillante idea di creare una linea della metro circolare, inducando lo stesso nome per la stazione di partenza e di arrivo.Si prende a caso,senza sapere se si va verso nord o verso sud.Forse il test andava fatto prima, ma a chi ha progettato la metro.
io temo che sia un fatto generazionale, molti dei dirigenti di oggi sono cresciuti coi videogames (ma nei videogames si può anche morire e poi ricominciare...) e pensano che per tutti sia scontato che Sesto è a nord e Rogoredo è a sud, eccetera; invece ad ogni ingresso e ad ogni discesa di scale andrebbero messi i cartelli con la linea completa, evidenziando bene le stazioni più frequentate, Centrale, Duomo, Loreto. Sembra una banalità, ma non succede...Succede invece che ti trovi davanti a un cartello dove le fermate "in avanti" sono indicate in grassetto e quelle "indietro" appena leggibili; ma magari io vorrei sapere dov'è la fermata che mi interessa. idem sui mezzi di superficie: mettono solo le vie intorno a quella fermata. Invece magari, intanto che si aspetta, farebbe piacere dare un'occhiata alle vie dove sto andando...
Roba da videogame, insomma. Se sbagli, perdi tutto e ricominci da zero - rob de matt.
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