Scavalcarono a braccetto il fossato e penetrarono nell'ombrosa abetaia, la quale, fattasi tosto fitta e tenebrosa, era interrotta solo a tratti da un tappeto di strisce di sole sul vellutato terreno muscoso. Il fresco rigenerante, nel subitaneo contrasto con la caldana di fuori, avrebbe potuto riuscir pericoloso a quell'uomo spensierato, senza le precauzioni della sua accompagnatrice. Ella riuscì non senza fatica a fargli indossare il soprabito che per precauzione aveva preso con sé.
«Dio, che splendore!» esclamò egli levando gli occhi verso gli alti tronchi. «Par d'essere in un tempio! Mi sembra di non essere entrato mai in una foresta, e di capire solo adesso cosa voglia significare un fitto popolo d'alberi! Non li ha piantati anima viva: sono cresciuti così, spontaneamente, solo perché è gradevole vivere insieme in compagnia. Vedi, nei miei primi anni ho girato per mezza Europa, ho visto le Alpi e il mare, quanto v'ha di più bello e di più grande; e adesso, qui, davanti a una semplice abetaia sul confine boemo, codesto merlo se ne sta rapito e beato a veder che una simile cosa esiste in realtà, e non è una finzione di poeti come le loro ninfe, i fauni e simili, né una foresta da scenario teatrale, macché: ma cresciuta dal suolo, nutrita dall'umidità e dal caldo lume del sole. Qui si trovano a casa loro il cervo dalla strana impalcatura ramificata sulla fronte, il buffo e ratto scoiattolo, il gallo di montagna e la ghiandaia.»
Si chinò, colse un fungo e ne decantò lo stupendo rosso fuoco dell'ombrello, le fragili lame biancastre del gambo; indi raccolse qualche pina d'abete. «Quasi si direbbe » commentò la moglie «che tu non abbia mai posto piede al Prater, in cui rarità come queste abbondano!» (...)
Eduard Mörike (1804-1875), da “Mozart in viaggio verso Praga”, trad. Felice Filippini, ed. BUR-Rizzoli
Eduard Mörike è nato e vissuto nell’Ottocento, quando Mozart non c’era più da molto tempo; di conseguenza questo è un racconto di fantasia, non sappiamo se Mozart abbia davvero pensato cose come questa; ma è un racconto che sembra vero. Posso dire come continua: arrivati nel giardino di una villa signorile, Mozart trova un albero di arance e ne coglie una. Siamo in viaggio verso Praga, nel Settecento, quindi le arance erano una rarità e una cosa preziosa; per questo Mozart verrà severamente redarguito. Ma poi il padrone di casa riconosce Mozart, sa chi è Mozart, l’incidente viene subito superato.
Gebet
Herr, schicke, was du willst,
Ein Liebes oder Leides;
Ich bin vergnügt, dass beides
Aus deinen Händen quillt.
Wollest mit Freuden
Und wollest mit Leiden
Mich nicht überschütten!
Doch in der Mitten
Liegt holdes Bescheiden.
Preghiera
Signore, mandami ciò che vuoi, gioia o dolore: io sono contento, poiché entrambi scaturiscono dalle tue mani. Non volermi di gioie, non volermi di pene dare un sovraccarico, poiché nel mezzo sta una soave rassegnazione. (Eduard Mörike, musicata da Hugo Wolf nel 1888)
Renato BUSO
11 ore fa
2 commenti:
È un libro che ho letti tanti(troppi) anni fa. Mi ricordo però ancora lo stile limpido della scrittura e l'incanto della narrazione. Può essere una buona occasione per rileggerlo. Grazie
conosco Mörike attraverso la musica, è stato musicato da Brahms, Schumann, Berg, e soprattutto da Hugo Wolf. Guardando su www.lieder.net (un sito straordinario, c'è tutto) ho scoperto che questa poesia è stata musicata da venti o trenta musicisti diversi...
Il racconto invece l'ho letto solo di recente, una piacevole sorpresa. Questo frammento è magnifico.
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