Quando Zidane diede quella testata a un avversario e fu espulso, cominciai a spazientirmi e a desiderare di mollare il calcio. No, non quella dei mondiali: accadde molto prima, quando Zidane giocava con la Juve, in una partita importante di Coppa dei Campioni. Con lui fu espulso Davids, se non ricordo male; o magari Camoranesi, uno o l’altro non fa differenza – grandi campioni, ma di queste uscite ne avevo viste fin troppe.
Non che Zidane avesse tutti i torti, di calcioni e di insulti ne prendeva tanti e non reagiva, stava sempre zitto; e sì che Zidane è uno grande e grosso, più robusto della media dei calciatori. Poi, si sa, si sbotta tutto d’un colpo ed escono reazioni inconsulte; e per questo, nonostante tutto, quando diede quella famosa testata a Materazzi, fui tra i pochi a simpatizzare con lui; ma le testate son pur sempre testate, ti fai espellere e lasci in difficoltà i tuoi compagni, e non si può nemmeno immaginare di farla franca perché oltre all’arbitro è ormai certo che quando fai una scemenza su un campo di calcio poi ti vedono milioni di persone. Quantomeno, Zidane è un tipo che parla poco: forse in Spagna o in Francia ha rilasciato qualche intervista in più, ma adesso che ci penso quasi non so che voce abbia.
Ma, soprattutto, mio papà (che di calcio se ne intendeva, ed era anche un buon giocatore sia pure a livelli amatoriali) mi aveva spiegato da subito una cosa: che i calciatori, i ciclisti, i piloti, gli atleti in generale, non vanno presi ad esempio. Essere bravi a giocare al pallone non significa automaticamente essere anche brave persone, e gli esempi non mancavano. E questo era un concetto generale e ben diffuso: difatti era ben difficile vedere interviste ai calciatori in tv, perché cosa mai avrebbe avuto da dire un calciatore al di fuori del campo di calcio? I ciclisti del tempo di Coppi e di Bartali erano oggetto di bonaria presa in giro, ed è ancora citatissimo il “sono contento di essere arrivato uno” pronunciato da uno di quei campioni della bici.
Per questo ci sono rimasto male quando anche dei giornalisti che stimavo, in questi ultimi mesi, si sono messi a parlare in termini di “zero tituli” e a portare Josè Mourinho come esempio. Dico la verità: non me lo aspettavo, perché quando si parla o si scrive sono proprio le nostre battute, e gli esempi che portiamo, che svelano cosa c’è veramente dentro le teste, il bagaglio culturale a cui attingiamo, i nostri discorsi quotidiani. Se io dico “la spada di Damocle”, per esempio, significa che ho quantomeno qualche lettura classica alle spalle; ma se dico “zero tituli”, o “discesa in campo”, significa probabilmente che le mie letture sono limitate quasi soltanto ai giornali sportivi, o che comunque è in quel campo lì, il campo di calcio, che la mia mente abita più volentieri.
In questo senso, è stato proprio Josè Mourinho a stupirmi piacevolmente in questi ultimi giorni, perché in una polemica calcistica (abbastanza idiota, come sempre) per sfottere un avversario ha citato un libro di Sartre, “La nausea”, che non sentivo nominare dagli anni ’70. E, dal tono con cui l’ha detto, è più che probabile che Mourinho abbia davvero letto Sartre.
Ma di tutto questo, di Sartre e dei libri di filosofia, ai tifosi e ai giornalisti non importa un fico secco; e difatti questa citazione di Mourinho è scomparsa subito dai giornali e dalle chiacchiere tv, mentre sono rimaste quelle più stupide, come gli “zero tituli”: e le definisco stupide perché nel calcio, e nello sport in generale, si può essere grandi campioni e vincere poco o niente. Esistono gli infortuni fisici, per esempio; e soprattutto esistono i soldi, dietro a Mourinho c’è un signore che ha speso centinaia di miliardi (centinaia di miliardi: non per modo di dire, ma per davvero) per metterlo in condizione di vincere. Quando faccio notare questo dettaglio, mi si risponde che gli Abramovich, i Moratti, i Berlusconi, “hanno i soldi e possono farne quello che vogliono”.
Ecco, a questo punto, di fronte a una simile cazzata, mi fermo e mi cascano le braccia. Almeno quelli che si dicono "di sinistra" dovrebbero avere gli argomenti per rispondere a queste affermazioni, invece si accodano: chi ha i soldi fa quel che gli pare, e amen. Se gli "opinion leaders" della sinistra sono questi, così allineati alla voce del padrone e ai suoi sondaggi, difficilmente la sinistra avrà un futuro.
Continuo a seguire il calcio, ma sempre più controvoglia; vorrei non saperne niente e ignorarne perfino le regole, ma ormai sono stato infettato e non posso più tornare indietro. Rimpiango il tempo in cui il Verona vinceva lo scudetto, e il Nottingham Forest vinceva la Champions League (ne ha vinte due, di seguito) sconfiggendo gli squadroni dei ricchi scemi. Rimpiango anche il tempo in cui un atleta correndo a piedi scalzi poteva vincere la maratona alle Olimpiadi, e rimpiango soprattutto il tempo in cui i giornalisti non perdevano il loro tempo mettendo i microfoni o i taccuini davanti alle bocche dei Materazzi, dei Balotelli, dei Cassano, dei Mourinho: tanto, più che xxxxxxx, cosa vuoi che dicano? (e, se lo avessero fatto, i direttori dei loro giornali non avrebbero pubblicato niente e li avrebbero caldamente invitati a cambiare mestiere).
PS: ho fatto scorrere i trecentoventidue nuovi canali del digitale terrestre: trecentonove sono dedicati completamente alle xxxxxxx. Si vede che è un genere che piace, e ormai non me ne stupisco più, visti i risultati delle elezioni in politica, e vista anche la nostra economia nazionale.
Fabrizio RAVANELLI
16 ore fa
8 commenti:
I tempi, ma tutti questi signori&signori li avrà seminati qualcuno, non è che nascono spontaneamente sotto i cavoli, penso. Uhm anche la mia parrucchiera che vota Berlusconi e si spertica per Tremonti dice che si stava meglio prima. Ha trent'anni!
Ciao
...tutti questi signori&signori li avrà seminati qualcuno": eh sì, cara Angela, hai toccato proprio il punto esatto.
Seminati magari no, perché gli idioti c'erano anche prima, ma una coltivazione su così vasta scala non s'era mai vista.
Come si diceva anni fa, a uno come Materazzi si dà una pacca sulla spalla e ci si fa una risata insieme al bar, a uno come Umberto Bossi gli si offre volentieri una birra, ma poi - caspita! mica li si manda in Parlamento o gli si fanno fare discorsi filosofici...
(e invece, invece di coltivare asparagi e carote, guarda mo' bene chi è stato coltivato con cura...)
come si dice o si fa la rivoluzione o si torna in campagna :))
Avercela, la campagna... qui in Padania se trovano un metro quadrato di verde lo asfaltano subito, bisogna fare attenzione anche ai vasi di fiori (cemento anche su quelli).
(il mio ortolano di fiducia mi ha detto che le ciliegie per ora arrivano tutte dalla Puglia, perché in Puglia non pioveva a dirotto come al Nord!)
Ero una sportiva, perchè giocavo a pallacanestro. Davvero mi avevano insegnato che chi è in campo è guadrato da tante persone e dovevamo essere d'esempio. Dove è finito questo spirito?
Ciao Giuliano
Giulia
Alle volte ci si rimane male, soprattutto da bambini, perché agli atleti ci si affeziona; io per fortuna sono stato bambino in un'epoca in cui si sapeva che peso dare alle partite di calcio, ma non posso dimenticare che proprio dai tifosi della pallacanestro, a Varese, partì l'ondata neonazista: un Ignis-Maccabi, se non ricordo male, di cui fece in tempo a parlare anche Primo Levi, quindi prima del 1986.
Se poi, invece di dire agli stupidi che sono stupidi, li si acclama e li si fa diventare forza di governo, c'è davvero da preoccuparsi.
pioveva anche in Puglia, mia mamma mi ha raccontato, addolorata, che l'acqua e il vento hanno distrutto il raccolto della bigarreau e che la ferrovia (altra varietà) sta già spaccandosi. Capita, per la campagna è così. I proprietari si lamenteranno, reclameranno i danni e costruiranno (o compreranno) altre case.
eh sì, le ciliegie sono delicate...una volta c'era sempre qualcuno che le aveva in giardino, adesso bisogna comperarle e costano parecchio, ma se son buone ne vale la pena.
Non è successo come per le fragole, che sono enormi e solo di serra: almeno questo un po' consola.
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