Sulle etichette delle acque minerali sono scritte un sacco di cose, alcune interessanti da leggere ma poco decifrabili (le analisi chimiche), ma ci sono anche tante scemenze di cui si farebbe volentieri a meno (per fare un solo esempio dei tanti possibili, cosa vuol dire “acqua allegra”?).
Insomma, districarsi fra le etichette delle acque minerali è diventato difficile, e anch’io più di una volta mi sono trovato a non capirci niente e a trovarmi sul carrello l’acqua minerale “sbagliata”.
In realtà c’è un solo dato che andrebbe evidenziato, ed è la durezza, il contenuto di sali. La durezza, oppure il “residuo fisso”: si tratta dello stesso dato ma espresso in maniera diversa.
Si sa (almeno, spero che lo sappiano tutti ma ne dubito...) che tutte le acque contengono sali, tanti tipi di sali diversi; sapere quanti sali contengono è importante. Non si tratta di un indice di qualità, un’acqua minerale può essere buona sia con molti sali (durezza elevata, residuo secco elevato) che con pochi sali (durezza bassa, residuo secco quasi inesistente); dipende dall’uso che dobbiamo farne.
Per esempio, un’acqua dura (intorno a 40 gradi francesi, come la Ferrarelle o l’Uliveto) è ottima quando si corre e si suda molto, ha la stessa funzione di un integratore perché ripristina i sali che abbiamo perso correndo e sudando; un’acqua con pochi sali (sugli 8 gradi francesi, come la Fiuggi e quasi tutte le acque provenienti da fonti alpine – ce ne sono molte sul mercato) è invece indicata per chi tende a produrre calcoli renali, la famosa renella (della categoria faccio parte anch’io...).
Tutto qua. Il resto, come le fesserie sul contenuto di sodio, sono pura fuffa, magari divertente ma buona solo per i pubblicitari che sono sempre in cerca del “cattivo” da mettere al bando. Ma qui il cattivo non c’è: se la durezza è bassa, è basso anche il contenuto di sodio; e poi non è che, se si soffre di calcoli, bere acque ricche di calcio e di magnesio sia molto salutare – però adesso mi fermo, io non sono un medico ed è ai medici che ci si deve rivolgere per queste indicazioni. E che siano medici seri, mi raccomando: si sa che molti “esperti” sono a libro paga.
Purtroppo, non tutte le etichette riportano il dato della durezza: su tutte c’è il residuo fisso, che è la stessa cosa ma è più difficile da leggere. La “durezza”, espressa in gradi francesi o gradi tedeschi, fu introdotta dai chimici proprio per maggior chiarezza e semplicità, ed è un peccato che non sia maggiormente evidenziata.
Per il resto, leggere le analisi sulle etichette mi è sempre piaciuto, fin da bambino quando ancora non sapevo che cos’erano tutte quelle parole difficili (ione idrocarbonico: le bollicine); ma dubito che siano di qualche utilità pratica. Quello che è importante è che la fonte non sia inquinata: e mi preoccupa molto constatare che intorno alla famosa fabbrica dell’acqua minerale che ho qui vicino a casa, hanno costruito ovunque. Fino a una decina d’anni fa, quei terreni erano prati e campi coltivati; oggi ci sono case e strade. E si sa che case e strade significano annessi e connessi, e sarebbe interessante sapere nome e cognome di chi ha dato il permesso di costruire sopra la falda acquifera; ma così è successo ovunque, soprattutto in Padania e soprattutto ad opera di quei partiti politici che dicono (a parole) di difendere il territorio.
PS: Quando faccio questo ragionamento, di solito mi ricordano che l’acqua deve essere batteriologicamente pura: ed è vero, ma ci mancherebbe altro – un’acqua in bottiglia che non sia batteriologicamente pura? Roba da mandargli i carabinieri e farli arrestare...
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