giovedì 2 dicembre 2010

"Cosa protestano a fare"

L’altra sera, mentre stavo cucinando, ascoltavo un dibattito su Radio Popolare, riguardante i cortei, le occupazioni e le proteste fatte da studenti e insegnanti. A un certo punto il conduttore non ha potuto fare a meno di dire (cogliendo, da giornalista vero, il punto principale della discussione) : “Ma, signori, un po’ me l’aspettavo che non tutti fossero solidali con chi protesta; però questa è una radio di sinistra e non mi aspettavo tutti questi pareri contrari”. Poi il dibattito è proseguito, sempre con le telefonate da casa: e molto seriamente, non parlando a vanvera – ed è un’ottima cosa che ci siano ancora giornalisti così.
Le obiezioni alla protesta erano di questo tipo: “gli insegnanti sono fannulloni, i ricercatori non fanno un tubo dalla mattina alla sera, gli studenti vadano a lavorare”, eccetera. Tutte cose che conosciamo bene, compresi gli immancabili “e io, allora??” e “li manteniamo noi con i nostri soldi”.
Ecco, secondo me è proprio questo il punto. Perché, sia pure con grande ritardo, insegnanti e studenti e ricercatori, toccati nel vivo, fanno le loro manifestazioni di protesta: e invece impiegati e operai si sono lasciati fare di tutto, ma proprio di tutto, e per di più - da perfetti masochisti – anche sorridendo e approvando contenti? E non per un mese o due, si badi bene: per 15 anni filati.
E non è ancora finita. Stamattina ho comperato il giornale locale, e c’era questo titolo.

Premesso che il giornale locale non lo compero per me (fosse stato per me, con quel titolo, l’avrei lasciato a prender polvere in edicola), conosco bene i miei comaschi e so come la pensano; ma, per quanto mi riguarda, mi sono venuti i brividi e mi è salita una gran rabbia. Sono troppo grosso e robusto per essere credibile come iettatore, dovrei perdere almeno trenta chili per sembrare attendibile, ma stavolta ci ho provato, e ho augurato tutti i mali peggiori a chi propone e approva queste cose. Mali tipo chemioterapia e dialisi, per intenderci; o magari un malato da assistere personalmente, uno di quelli senza speranza.
Cattivo gusto? Probabilmente sì, ma sono cose che capitano quotidianamente e non mi va di chiudere gli occhi e far finta che non succedano. Probabilmente non avrei dovuto pensare queste cose, e nemmeno scriverle qui, ma provate a pensare a un vostro collega che viene a lavorare di fianco a voi pur avendo la febbre a 39, o una malattia infettiva. Provate a pensare a tutti i morti per lavoro: una media di due o tre al giorno, nella civile ed evoluta Lombardia (mi dicono che gli infortuni sono in calo? per forza, hanno chiuso i tre quarti delle industrie, e nelle altre gli infortuni non si denunciano per non perdere il posto...).
Queste sono le stesse persone che, a parole, dicono di difendere la Famiglia e l’Integrità della Persona Umana. I fatti sono diversi, e lo si constata ogni giorno di più.
PS: questo post è dedicato anche alla memoria di Mario Monicelli, oltre che a tutti i malati che stanno soffrendo in questi giorni, e ai loro parenti che li assistono. (“assistere i malati”, non ricordo le parole esatte ma mi pare che sia scritto da qualche parte nel Catechismo Cattolico Cristiano...).

Nessun commento: