Stavo parlando di Massimo Troisi, che avevo visto la sera prima in tv, quando il mio collega mi interrompe dicendo così: «Può darsi, ma quando parla Troisi io non capisco niente». Mi dispiace molto per te, ho pensato: non sai cosa ti perdi. Troisi parlava spesso in napoletano, ma non era un napoletano difficile. Se lo capivo io, lo potevano capire tutti. Bastava volere, ne valeva la pena, ed era sempre molto divertente: ma io cosa ci potevo fare, era solo una chiacchierata tra colleghi all’ora di pranzo, ho lasciato perdere. La chiusura verso l’altro, verso lo straniero, verso chi viene da fuori, è presente ovunque e non è una prerogativa dei lombardi: dietro ci sono ragioni comprensibili (come fai a fidarti se non capisci quello che ti dicono?) ma è un difetto che dovremmo imparare a superare.
Io sono contentissimo di capire almeno un po’ il napoletano, e per questo ringrazio di cuore tutti i napoletani e i campani che ho conosciuto qui in Lombardia, senza nemmeno dover viaggiare: al primo posto ovviamente mio cognato (casertano), ma poi tutti i salernitani, beneventani, avellinesi, amalfitani, con cui ho lavorato e sono andato a scuola, magari condividendo i turni di notte in fabbrica.
Comunque sia, anche prima, già a metà degli anni ’70, avevo incontrato Napoli grazie a Roberto De Simone e alla Nuova Compagnia di Canto Popolare: fuori da tutti i luoghi comuni e le banalità, grande musica e grandi musicisti, un ascolto che mi aveva sorpreso e interessato moltissimo.
In seguito, avrei scoperto due o tre cose importanti: che Napoli era stata una delle capitali della grande musica fin dal ‘500, ininterrottamente fino a oggi (il pericolo è nell’oggi, infatti: nei tagli di Tremonti), e che le canzoni proposte dalla NCCP erano già state musicate anche dal veneziano Adrian Willaert (1490-1642, fiammingo di nascita ma veneziano d’adozione). Per esempio questa:
Madonn' io non lo so perché lo fai
che me ti mostr'in tutto scurrucciata.
Perché sei così ingrata
se sai (che) per te son cieco?
Dolor, dolor, sta sempre meco...
O Dio, fammi n'escir de tanti guai
ca non gir campar'aggio io un'altra fiata
Perché sei così ingrata? ...
O mora o camp'homai,
non me ne curo:
'sto mondo latr' è fatto a chi ha ventura.
Perché sei così ingrata,
se sai per te son cieco?
Dolor, dolor, sta sempre meco...
(dalle villanesche di Adrian Willaert)
Willaert non era uno qualsiasi: c’è chi dice che il vertice della musica fu toccato in quegli anni, con compositori che danno ancora oggi le vertigini, e Willaert era uno di quei grandi maestri fiamminghi del contrappunto che fecero scuola in tutta Europa. Le canzoni napoletane erano già così famose, agli inizi del ‘500, che se ne occupò anche un grande maestro come Adrian Willaert.
Nel repertorio della Nuova Compagnia di Canto Popolare c’è di tutto, si va dalle villanelle di Willaert (inizi del 1500) fino alla Tammurriata nera (fine della seconda guerra mondiale, 1945 e dintorni) e ai nostri giorni; una delle caratteristiche volute da Roberto De Simone (penso che fosse una cosa voluta) è stata quella di affidare le canzoni più famose alla voce di Giovanni Mauriello, cantante straordinario per tecnica e capacità interpretativa, ed è come ascoltare la voce di Pulcinella in prima persona. Ed è una cosa che raccomando cercare ed ascoltare, per esempio, “Marenariello” (“vicino ‘o mare / facimm’ ammore) proprio dalla voce di Mauriello; però prima di chiudere vorrei ricordare la “mia” formazione della NCCP, quella del mio primo lp (NCCP, anno 1973): Nunzio Areni, Giuseppe Barra, Eugenio Bennato, Roberto De Simone, Giovanni Mauriello, Patrizio Trampetti, Fausta Vetere. Ecco, per Fausta Vetere, a suo tempo, avevo fatto quasi una malattia: una delle voci più belle che mi sia mai capitato da sentire.
Altre mie grandi passioni napoletane: Roberto Murolo (voce e chitarra) e cose come “Lo frate ‘nnamurato” di Pergolesi (traduzione: il fratello innamorato), dal quale Igor Stravinskij trasse una delle melodie più belle del suo “Pulcinella”, quella che fa così:
Chi disse ca la femmena / sa cchiù de farfariello / disse la verità...
I pignoli dicono che questa melodia non è di Pergolesi, ma io non li sto ad ascoltare, di chiunque sia è bellissima, altro non voglio sapere, anche perché, a dirla tutta,
...io stongo malinconico e stizzoso,
e fra la stizza e la malinconia
che ti fa questo core, arrasso sia!
sembra una nave in mezzo a un mar cruccioso.
(pergolesi-g.a.federico, lo frate ‘nnamorato, atto secunno)
giovedì 23 giugno 2011
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4 commenti:
Nel Medioevo è a Salerno che viene istituita la I Università. Nel Settecento i due centri della cultura in Italia sono Napoli e Milano. Poi, nell'Ottocento, c'è stata l' Unità...
Effettivamente si sa molto poco della situazione politica economica e culturale del Meridione prima dell'Unità ( Chissà perchè... )
Grazie per questo post.
a dire il vero, credo nella superiorità degli Emiliani, soprattutto quelli di Parma e soprattutto per quel che concerne mangiare e bere, ma qui confesso il mio personale conflitto d'interessi: mia mamma è di Parma!
Però i parmigiani e gli emiliani delle nuove generazioni (da me stesso - compreso - in poi)non sono all'altezza di chi li ha preceduti. Temo che tra pochi anni dovremo scordarci il parmigiano, il lambrusco, il culatello: ormai anche lì sono tutti lombardi, cementificano anche i fossi e le aiuole, e se vedono un albero lo segano subito alla base.
"Ci vuole davvero un bel coraggio ad affermare, come fanno i Calderoli e altri esemplari della fauna leghista, che quella di Napoli non sia una tragedia nazionale ma soltanto un caso di inettitudine "locale". La verità, non mi stancherò mai di ripeterlo, è un'altra. Napoli non è un altrove. Napoli è l'Italia."
Ermanno Rea, dal Manifesto del 28 giugno
Napoli è un palcoscenico enorme: se capita qualcosa in un'altra città, non se ne parla nemmeno. Questo nel bene come nel male.
Quello che sta succedendo oggi è ovvio e prevedibile: ha vinto il candidato sbagliato...
Adesso vediamo cosa sa fare il sindaco nuovo, ma non avrà l'appoggio né dal governo né dalla Regione.
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