Sui giornali di questi giorni, e un po’ ovunque tra internet e la tv, trovo molte celebrazioni di Jean Paul Goude. E chi è? Il nome non mi è del tutto nuovo, e infatti: «Forse a qualcuno il suo nome non dirà nulla, ma è quasi impossibile non conoscerne il lavoro. Chi non ricorda lo spot del profumo di Chanel, con le donne che urlavano “egoïste” affacciate alla finestra di un palazzo? O quello in cui Vanessa Paradis cantava in una gabbia di canarini? In quarant’anni di attività, il pubblicitario, fotografo e direttore artistico francese Jean Paul Goude ha cambiato il mondo dell’immagine e della moda. Come? “Cerco i soggetti capaci di dare forma e colore ai sogni della gente”, dice (...)» (da La Repubblica, 23 dicembre 2011, articolo di Micol Passariello)
Ecco, adesso finalmente so chi è il responsabile di alcuni di questi fastidiosi tormentoni, di queste gran rotture che ho dovuto subire negli anni passati. Vorrei prendere la pagina del giornale e buttarla via, ma capisco che non serve a niente e mi trattengo. Ragionandoci sopra, andando a frugare nella memoria, sono però riuscito a mettere qualcosa che può essere utile.
Lo spot di Egoiste (o era quello di Arrogance? che bei nomi, che finezza) puntava tutto sulla musica di Prokofiev, un brano dal balletto “Romeo e Giulietta”. Prokofiev è uno dei grandissimi del Novecento, uno dei più grandi musicisti di tutti i tempi, autore di Pierino e il lupo, delle musiche per Alexander Nevskij di Eisenstein, di Sinfonie, Concerti, Sonate...l’elenco sarebbe infinito, ed è musica straordinaria. Nascondendosi dietro questo brano di Prokofiev, o dietro a determinati frammenti della Nona e della Quinta e di Beethoven, o magari dietro una canzone che esiste da vent’anni e che piace a tutti, anche un nano può fare la figura di un gigante. Non un nano in senso fisico, s’intende: ma un nano in senso artistico può finire per essere scambiato per gigante se si mette dietro ad un grande musicista (che non può opporsi perché è morto venti o trent’anni prima) e ad ottimi tecnici cinematografici, che sono in grado di far sembrare bello e importante anche lo slogan più idiota. Nel secondo degli spot citati, Goude si nascondeva dietro la meravigliosa quindicenne francese Vanessa Paradis (impossibile non fermarsi a guardarla), messa in una gabbia per uccellini: un’idea usuratissima e banale, ma girata in modo eccellente da un tecnico di cinema del quale non viene detto il nome. Passa solo il nome di Goude, cioè il nome di chi non ha fatto nulla di particolare e che si è appoggiato a un grandissimo musicista e a degli ottimi tecnici cinematografici. Il musicista, come si è detto, non ha potuto opporsi: è morto nel 1953. I registi e i tecnici di cinema, da sempre, usano la pubblicità perché li pagano bene; dopodiché usano i soldi guadagnati in quel modo per fare qualcosa che a loro piace. Il principe di questi comportamenti era Orson Welles, disposto a fare pubblicità a qualsiasi cosa pur di avere a disposizioni i soldi per girare i film a cui teneva. Di queste cose, e di altro ancora, ringraziamo sentitamente il mondo della pubblicità: gli spot di Welles li guardo per curiosità, ma dell’Othello, del Falstaff, di Citizen Kane, del Macbeth, del Processo di Kafka, non saprei fare a meno.
Di nani che vengono fatti passare per giganti è ricchissimo il mondo della pubblicità, e oltretutto mi tocca di vedere che vengono fatti passare per punti di riferimento, maître à penser, quando sono solo parassiti del talento di qualcun altro, di un talento che a loro è stato negato. La stessa cosa capita con molti che parlano o scrivono di arte, di libri, di cinema, e che non sono lì perché davvero ne capiscono qualcosa, ma perché parenti, amici, amanti, mogli, figli di qualcuno che ha i mezzi per imporli. Chiedo scusa a Goude e ai suoi amici, amanti, mogli, figli, stagisti più o meno pagati, ma il talento quando c’è si vede, che sia Mapplethorpe o Klee o Marcello Marchesi, o magari gli spot anni ’60 dell’agenzia Testa, che non avevano certo bisogno di appoggiarsi ai “Capuleti e Montecchi” dal Romeo e Giulietta di Prokofiev.
PS: la strip che porto qui non ha molto a che vedere con quello che ho scritto qui sopra, ma l’ho appena ritrovata e ogni volta mi fa ridere: si tratta del protagonista di un fumetto belga che sul Corriere dei Piccoli (anno 1968) veniva chiamato “Gastone” (nell’originale “Gaston Lagaffe”, di André Franquin). La metto qui anche per ricordare ai diciottenni (ogni tanto bisogna pur farlo) che, contrariamente a quello che spingono a pensare i pubblicitari, ai quali interessa far vendere i prodotti e non importa con che mezzo, alle donne non importa molto dei capelli che avete in testa. Le donne non sono così stupide, sanno che per un uomo è normale diventare calvo: pensate piuttosto a stare in forma col vostro fisico, anche senza esagerare, basta poco. Questa cosa, cioè l’avere il fisico in ordine, invece alle donne interessa molto (ed è più che comprensibile); quanto al resto, cioè il carattere, eccetera, il discorso si farebbe molto più complicato. Con i consigli di vita vissuta mi fermo qui, per il resto, cioè per le scemenze che si inventano i pubblicitari, ahinoi, mi sa che non mi basterà questa vita per portarle qui tutte. (facendo clic sull'immagine si vede bene tutto)
domenica 19 febbraio 2012
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5 commenti:
Io quella con la Paradis nella gabbia l'ho trovata stupenda. L'ho anche postata in passato...
Credo che i nomi dei profumi siano decisi però dalla società e non da lui. Ciao amico.
Eccola!
sì, la signora Depp è stupenda ancora oggi! condivido l'entusiasmo
:-))
Come (quasi) sempre mi trovo daccordo con quanto scritto. Inoltre mi fa piacere rivedere Gaston, vecchio compagno di mille sorrisi, del quale conservo gelosamente tutti gli albi usciti in italia.
saluti Stefano
è la quarta vignetta (la prima in basso) che mi stronca...
però, sia ben chiaro, con la carta vetrata non funziona! piuttosto un panno liscio e morbido, e un po' di cera
:-)
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