In una delle sue tante apparizioni in
tv, sotto elezioni, Silvio Berlusconi risponde alla domanda sui suoi
"delfini", cioè sulle personalità che avrebbero dovuto
raccogliere la sua leadership in questi anni (tanti, quasi 30).
Berlusconi risponde con una battuta che andrebbe conservata negli
archivi: "non erano delfini, erano sardine". Quasi tutti
questi nomi, è questo il senso della battuta, sono spariti presto
dalla scena politica. Credo che i ventenni di oggi non ne conoscano
nemmeno il nome: Fini, Casini, Irene Pivetti, Marcello Pera,
Scognamiglio... perfino Giulio Tremonti, responsabile dell'Economia
per più di dieci anni, è quasi dimenticato. Si tratta di persone
ancora piuttosto giovani come età, per un politico avere cinquanta
o sessant'anni non è certo un handicap.Viene da chiedersi di chi sia
la colpa: se credi di allevare delfini e invece ti ritrovi delle
sardine, proprio negli anni in cui stai lavorando più duramente,
significa che qualcosa non è andato per il verso giusto. Questo
"qualcosa" secondo me è proprio la leadership di
Berlusconi e di quelli come lui. Ho ascoltato per decenni il
piagnisteo sul '68 come origine di tutti i mali, ma il '68 è roba di
cinquant'anni fa: i "maestri" del 1968 ormai sono
settantenni e ottantenni. Non è successo niente nel frattempo? Sì
che è successo qualcosa, a partire dagli anni '80 (quindi molto
presto) la generazione che fatto il '68 è stata sostituita nella
vita quotidiana e poi in politica dai paninari e dai venditori, o
meglio dai piazzisti di commercio (i venditori seri sono un'altra
cosa). All'inizio degli anni '80 nacque la moda dei "paninari":
erano stati appena aperti i primi posti dove si vendevano hamburger,
all'americana (non solo Mc Donald's, all'epoca c'era ancora molta
concorrenza) e quelli che oggi hanno cinquant'anni si ritrovavano lì.
Per molti commentatori è stata una moda come tante, invece io direi
proprio di no. I paninari di trent'anni fa oggi sono dirigenti
d'azienda e funzionari a vari livelli, e credo proprio che dentro di
loro continuino a pensarla come allora, cioè che la cosa più
importante del mondo è la marca del giaccone che indossi, e se hai
le calze di quel tipo lì ma non della stessa marca allora sei un
tamarro e non vale la pena di perdere tempo con te.
I venditori, che Berlusconi difende a
spada tratta, non sono quelli onesti e attenti che tengono molto al
loro rapporto con i clienti e sono fondamentali per la vita di
un'azienda; sono piuttosto quelli che suonano di casa in casa, che ti
telefonano a orari importuni, e che sono pronti a rifilarti qualsiasi
patacca per far vedere che loro sanno vendere. Ho conosciuto molti di
questi venditori, e del resto anche alla recente convention di una
nota marca di aspirapolvere c'era chi si vantava di questo sistema di
vendite. Berlusconi deve la sua carriera politica alla pubblicità in
tv: per le generazioni di manager da lui allevati quello che conta è
la pubblicità, il prodotto da vendere può anche essere difettoso (o
peggio) ma l'importante è venderlo lo stesso. La tv, così, è
diventata poco più di un grande contenitore per la pubblicità, dove
conta solo l'audience: se la sera girate per i centomila canali del
digitale terrestre e non trovate niente che valga la pena di
guardare, fermatevi un momento a pensare a chi ha allevato manager e
funzionari tv in tutti questi decenni dal 1980 a oggi. Anche la Rai è
così, certo: ma da dove vengono i manager e i funzionari Rai?
Berlusconi è stato al governo per tre legislature, e ancora oggi ha
grande influenza sulla Rai.
Con questa Armata Brancaleone (ma ben
vestita, paninara o figlia di paninari) dove si voleva arrivare? Alle
truffe sui bond argentini, al fallimento di aziende importanti e
storiche, alla delocalizzazione, alla perdita di valore dei salari,
alla precarietà sul lavoro. Gli stipendi dei manager hanno avuto
un'impennata folle, le paghe dei lavoratori al contrario. Le
statistiche del commercio dicono che i beni di lusso hanno avuto un
enorme boom, in questo inizio di millennio: Rolex e Ferrari, suv da
centomila euro. Secondo me, non è affatto un caso e le due cose sono
collegate, collegatissime: giù le paghe di chi lavora, su le paghe
dei manager. Delocalizzazione, riduzione del personale, vendita di
storici marchi a imprese estere (comprese Inter e Milan), i palazzi
storici di Milano ai cinesi, i nuovi grattacieli agli arabi...
Un'economia da paninari, io mi compro il bel giubbotto e la marmaglia
dei tamarri (cioè noi) si fotta. Sorvolo sugli scandali della
sanità per non far diventare troppo lungo questo post, ma quando
prenotate un'ecografia e vi dicono che dovete ripassare fra sei mesi
per prendere l'appuntamento, cominciate a pensare ai manager della
sanità e alla loro origine.
Tornando a sardine e delfini, ai
paninari e ai piazzisti di commercio nell'ultimo decennio si è
aggiunta un'altra scuola di management: quella degli ultrà del
calcio. Non è uno scherzo, abbiamo in Parlamento un paio di deputati
che provengono dagli ultrà del calcio, a Roma la giunta Alemanno
aveva un cospicuo bacino di voti in quell'area, e oggi, per la prima
volta nella nostra storia, abbiamo un Ministro degli Interni che si
fa fotografare a braccetto con i capi ultrà. A questo punto, direi,
non solo i delfini ma anche le sardine le abbiamo salutate da tempo;
che tipo di bestia sia oggi di attualità non lo voglio nemmeno
pensare e vado piuttosto a vedere un bel film di fantascienza: "La
cosa da un altro mondo", magari. Più attualità di così...
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