Ogni tanto, quasi a scadenze fisse, si
torna a parlare dei negozi aperti di domenica: è giusto, è
sbagliato? Ogni volta, telegiornali e commentatori vari affrontano il
tema allo stesso modo, cioè con una serie di interviste a clienti
dei centri commerciali, a passanti, a politici, a imprenditori o a
manager e dirigenti d'azienda. Difficilmente, raramente, la parola
viene data ai diretti interessati e cioè a chi poi deve fare per
davvero la fatica, ai lavoratori o ai gestori di imprese familiari.
Questo è uno dei momenti in cui più viene a mancare la cultura di
sinistra, eppure dovrebbe essere semplice trovare la chiave giusta
per affrontare la questione. Dato che io ho lavorato la domenica e
nei festivi per molti anni, in fabbrica, so come si affrontava la
questione quando c'era ancora una sinistra forte e degna di questo
nome, e provo a ricordarlo a chi ha la memoria corta o cortissima o
magari proprio zero memoria.
La Ditta ha bisogno di lavorare senza
interruzioni, perché ha molte commesse e buone prospettive e non
bisogna perdere l'occasione; si convocano i rappresentanti dei
lavoratori (sindacati locali e consiglio di fabbrica) e si discute su
tre punti essenziali: retribuzione, riposi compensativi, nuove
assunzioni. Tutto questo senza mai dimenticare la sicurezza sul posto
di lavoro, della quale fanno parte anche i riposi compensativi. Vale
a dire: lavorare nei festivi è pesante, soprattutto per chi ha i
bambini piccoli ma anche per chi ha persone da accudire, e senza
dimenticare i più giovani che hanno pur diritto a una loro vita
sociale. Di conseguenza, il lavoro festivo va pagato come festivo,
cioè di più del normale. Il secondo e il terzo punto sono
strettamente collegati: i supermercati e i centri commerciali,
soprattutto, aumentano le ore di lavoro del personale senza fare
nuove assunzioni o facendone pochissime, o magari lasciando a casa il
personale più esperto (con le leggi odierne sul lavoro si può fare
in un attimo) e assumendo personale precario che verrà pagato di
meno. Se questa cosa avviene nei supermercati, i problemi con la
sicurezza saranno comunque limitati; ma provate a pensare a ditte
come l'acciaieria Thyssen di Torino, qualche anno fa, o come quella
in cui lavoravo io, un'industria chimica a rischio di incidente
rilevante (normativa Seveso). Nel mio caso, i dirigenti furono
attenti o abbastanza attenti e non successe niente di grave; alla
Thyssen andò in un altro modo.
Questi ragionamenti dovrebbero essere
l'abc per una persona che si dice di sinistra o che raccoglie voti da
sinistra, invece succede come a Milano dove il sindaco Sala ha uscite
su questi temi che fanno pensare che davvero di sinistra non abbia
niente, del tipo "i negozi alla domenica chiusi? lo facciano ad
Avellino". Sala è un buon manager, e abbiamo bisogno di buoni
manager, ma il suo curriculum ha poco a che fare con la sinistra e
quindi ci può stare che faccia di questi discorsi; mi colpisce
invece il silenzio di chi lo accompagna in questa sua avventura, cioè
il PD e gli altri assessori con un curriculum "di sinistra".
Mi fermo qui per brevità, non perché
sia esaurito l'argomento. C'è tanta gente che lavora la domenica,
magari di notte come ho fatto io (la notte tra sabato e domenica, la
notte fra domenica e lunedì), ma viene costantemente dimenticata,
così come ci si dimentica sempre dei turnisti (mettere la sveglia
alle 5 del mattino per andare al lavoro alle sei), dei proprietari di
negozi a conduzione familiare (se i centri commerciali sono aperti 24
ore su 24, io quando riposo? mai?), dei lavoratori sui cantieri e
sulle autostrade, e più in generale di tutta la gente che lavora, e
che dovrebbe essere al centro del pensiero di persone che si reputano
di sinistra. Insomma, io ho lavorato su tre turni domenica e festivi
compresi, ma mi hanno pagato bene e ho visto assumere con tutte le
regole (non precari) tante persone che avevano bisogno di lavorare.
Capita così ancora oggi?
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