Se vi capitasse di naufragare su
un'isola deserta, vi verrebbe mai in mente di darvi da fare per avere
dell'acido solforico? Eppure Jules Verne, in "L'isola
misteriosa", descrive minutamente come verrà prodotto dai suoi
cinque naufraghi (più il cane), guidati dal magnifico ingegnere
Cyrus Smith. Nell'isola misteriosa c'è di tutto, animali, vegetali,
materie prime, perfino troppo; lo scopo del lavoro che state per
leggere è rendere abitabile una grande caverna vicina a un lago.
Jules Verne, per L'isola misteriosa, deve aver letto una gran
quantità di libri di chimica e di manuali per ingegneri; queste pagine ne sono solo una piccola parte, nella prima metà quasi tutto il libro è così. Un
suggerimento per gli insegnanti di chimica è proporre questo testo
come compito in classe, o come spunto per una tesina. Anche solo
limitandosi a trascrivere le reazioni chimiche qui accennate, c'è da
lavorare parecchio.
Si rendeva pertanto indispensabile
fabbricare una sostanza esplosiva che potesse spaccare una larga
breccia in un altro punto della riva granitica del lago. Ecco quello
che si proponeva Cyrus valendosi dei minerali che abbondavano
nell'isola. (...) Nab e Pencroff furono incaricati di estrarre il
grasso dalla carne del dugongo, e di e di conservarne la carne,
destinata all'alimentazione della colonia; e i due si avviarono senza
indugio verso il lago. Qualche minuto dopo, Cyrus, Spilett e Harbert,
tirandosi dietro il graticcio, risalivano il fiume e si dirigevano
verso il giacimento di carbone dove Cyrus aveva visto in abbondanza
le piriti schistose delle quali aveva trovato, durante la prima
esplorazione, alcuni esemplari. Per tutto quel giorno si cercarono
piriti che furono caricate sul graticcio e trasportate, in numerosi
viaggi, alla Camminata. Quando venne la notte, ve n'erano adunate
alla grotta alcune tonnellate. L'indomani, 8 maggio, l'ingegnere
cominciò le sue manipolazioni.
Quelle piriti schistose erano composte
principalmente di carbone, di silicio, d'alluminio e, in abbondanza,
di solfuro di ferro; bisognava isolare quest'ultimo e trasformarlo in
solfato il più rapidamente possibile; dal solfato, si sarebbe
estratto l'acido solforico. Era lo scopo da raggiungere, perché
l'acido solforico è uno degli elementi più utilizzati e
l'importanza industriale di una nazione può misurarsi dal consumo
che fa di acido solforico. Questo acido doveva poi essere più tardi
di una grandissima utilità ai coloni per fabbricare delle candele,
per conciare le pelli, e così via, ma in quel momento un altro era
lo scopo che si prefiggeva Cyrus. Egli scelse, dietro la Camminata,
un luogo dove il terreno fosse accuratamente eguale e liscio; su quel
suolo collocò un mucchio di legna tagliata, e sopra dei pezzi di
pirite schistosa appoggiati gli uni contro gli altri; sopra vi stese
uno strato di altre piriti, ma frantumate e ridotte non più grosse
di una noce. Ciò fatto, pose fuoco sul rogo e presto le fiamme
raggiunsero le piriti che si incendiarono subito essendo composte
anche di carbone e di zolfo. A questo punto, altri strati di grosse
piriti furono collocate sul rogo così da formare un grosso mucchio,
chiuso tutto all'intorno da terriccio, con qualche spiraglio qua e là
per lasciarvi circolare l'aria. Perché la trasformazione dal solfuro
di ferro in solfato di ferro e d'alluminio in solfato di alluminio
fosse condotta a termine, non ci vollero meno di dieci giorni. Nel
frattempo Cyrus faceva compiere altre operazioni.
Nab e Pencroff avevano tolto tutto il
grasso dalla carne del dugongo, che era stato raccolto in alcune
grandi anfore di terra. Si trattava di isolarne uno degli elementi
costitutivi, la glicerina, saponificandola. Per ottenere questo,
bastava trattarla con la soda o la calce: e difatti l'una o l'altra
di queste sostanze, dopo aver attaccato il grasso, formerebbero un
sapone isolando la glicerina: ed era proprio questa glicerina che
l'ingegnere voleva utilizzare. La calce non gli mancava, come s'è
visto; ma usando la calce, non si sarebbe avuto che del sapone
calcare, insolubile, e perciò inutile; mentre usando la soda si
sarebbe ottenuto del sapone solubile che poteva essere usato dai
coloni per la pulizia. Da uomo pratico qual era, Cyrus doveva allora
cercare di avere della soda. Era difficile?
No; perché sulla costa abbondavano
quelle piante marine che producevano fuchi e grasso vegetale. Se ne
raccolsero in grande quantità, si fecero seccare e quindi bruciare
in fosse, all'aria. Per parecchi giorni durò questo rogo, e le
fiamme vennero continuamente alimentate così che perfino le ceneri
ottenute si fondevano e si otteneva una massa compatta, grigiastra,
conosciuta sotto il nome di soda naturale. Con questa soda, fu
trattato il grasso di dugongo, e l'ingegnere ottenne da una parte il
sapone solubile dall'altra quella sostanza neutra chiamata glicerina.
Ma non bastava ancora: occorreva, per
il fine che si proponeva Cyrus, un'altra sostanza, l'azotato di
potassa, più conosciuto sotto il nome di salnitro. Si sarebbe potuto
ottenere trattando il carbonato di potassa, che si estrae dalle
ceneri dei vegetali, con l‘acido nitrico; ma l'acido nitrico
mancava; ed era proprio quest‘acido che Cyrus voleva ottenere. Era,
insomma, una specie di circolo vizioso; e Cyrus non sarebbe riuscito
a cavarsela, se la natura non gli fosse venuta in soccorso
fornendogli quel salnitro senz'altra difficoltà se non quella del
raccoglierlo. Harbert infatti ne scoprì un intero giacimento ai
piedi del monte Franklin, nella parte settentrionale dell‘isola, e
non ci fu che da purificare questo sale. Tutte queste operazioni
durarono otto giorni, ed erano finite prima che fosse condotta a
termine la trasformazione del solfuro in solfato di ferro. Nei giorni
che seguirono i coloni fabbricarono delle pentole refrattarie in
argilla plastica e un forno di mattoni disposti in modo speciale
perché servisse alla distillazione del solfato di ferro. Tutto
questo fu terminato verso il 18 maggio (...)
Quando il mucchio di piriti fu
interamente ridotto dal fuoco, il risultato di quell'operazione,
consistente in solfato di ferro, solfato di alluminio, silicio e
residuati di carbone e cenere, venne depositato in un grande bacile
d'acqua. Si mescolò a lungo quel miscuglio, si lasciò depositare, e
si ottenne un liquido chiaro, contenente disciolti i due solfati,
poiché le altre materie, insolubili, erano rimaste allo stato
solido. Poi, il liquido così ottenuto essendosi vaporizzato in
parte, i cristalli di solfuro di ferro vennero a depositarsi sul
fondo. Cyrus venne così in possesso di una forte quantità di questi
cristalli di solfato di ferro dai quali si doveva adesso estrarre
l'acido solforico.
Senza ricorrere a difficili e
complicate operazioni, l'ingegnere pensò di calcinare dentro un vaso
chiuso quei cristalli così che l'acido solforico si distillasse in
vapori che, per condensazione, avrebbero poi prodotto l'acido
richiesto. A far questo servirono le pentole refrattarie che erano
state fabbricate, e il forno il cui calore doveva distillare l'acido
solforico in parola. (...)
Ma per quale motivo egli desiderava
avere l'acido solforico senza indugio? Semplicemente per estrarre
l'acido nitrico, e questo gli riuscì facile perché l'acido
solforico, attaccato dal salnitro, gli diede per distillazione quello
azotico. Quello però che i suoi compagni ignoravano era perché mai
volesse avere dell'acido azotico. (...)
Cyrus saponificò, con la la calce, il
grasso e ne ottenne una specie di sapone calcareo che l'acido
solforico subito decompose nei suoi acidi fondamentali, facendo
precipitare la calce allo stato di solfato. Dei tre acidi risultanti
quello oleico, essendo liquido, venne agevolmente cacciato dalla
miscela; gli altri due, e cioè l'acido margarico e quello stearico,
formavano proprio quella sostanza che doveva servire a fare le
candele. L'operazione non duro più di ventiquattro ore. Gli stoppini
furono fatti con delle libre vegetali sottilissime, e poco dopo le
candele erano pronte. Naturalmente, non erano né candide né
perfettamente lisce: erano state confezionate a mano; ma servivano
perfettamente allo scopo.
Jules Verne, L'isola misteriosa, parte prima capitolo XX; traduttore non indicato, ed. Crescere 2018
Jules Verne, L'isola misteriosa, parte prima capitolo XX; traduttore non indicato, ed. Crescere 2018
(la mappa dell'isola misteriosa viene da wikipedia, il cartello segnaletico da un catalogo per le industrie chimiche)
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