domenica 2 febbraio 2020

Gli occhiali in laboratorio


- Antefatto (gennaio). Porto gli occhiali da quando facevo la terza elementare, e ormai sono parte di me stesso. Ma sono lenti spesse e pesanti: manca poco alle 10 dieci diottrie. Così, quando l'oculista durante una normale visita di controllo mi dice che io sarei il soggetto ideale per un'operazione di correzione della miopia, comincio a prendere seriamente in considerazione la cosa. Oltretutto, già l'anno prima, durante un'altra visita, l'oculista mi aveva accennato a questa possibilità. La tecnica è nuova ma ormai collaudata, il mio oculista è bravissimo e ormai lo conosco bene, e così mi sottopongo subito ad una visita più accurata, mirata all'intervento.
L'operazione riesce benissimo, e nel giro di un mese gli occhiali sono ormai solo un ricordo. Nel frattempo ho ripreso a lavorare; e siccome lavoro in un laboratorio chimico comincio a pormi qualche domanda. E' vero che il laboratorio non è dei peggiori, anzi: però qualche volta capita di usare l'acido solforico concentrato, o magari la soda caustica al 50%...Prima avevo sempre gli occhiali da vista, che un minimo di protezione me la davano; adesso non è più così, e allora vado dal mio amico magazziniere a chiedere gli occhiali di protezione, che fin qui non avevo mai adoperato.
Sorpresa: il magazziniere, ottimo amico e bravo persona, mi dice di no, che non può darmeli: - Mi dispiace, ma gli occhiali di protezione non sono previsti fra i dpi del laboratorio. Non sono indispensabili, e non vengono forniti. Puoi averli, ma devi chiederli al direttore: se lui fa una deroga, vieni qui che te li dò.
Dpi è l'abbreviazione che si usa per indicare i "dispositivi di protezione individuale": la Direzione, insieme al Medico di Fabbrica e alla Commissione per la Sicurezza, composta da gente esperta, decide fabbrica per fabbrica, nel rispetto della legge, quali sono i dpi necessari reparto per reparto. Gli occhiali di sicurezza spettano ai lavoratori che fanno travasi, dai fusti alle cisterne, per esempio; o dai serbatoi ai fusti, e via dicendo. Nei reparti il rischio di vedersi schizzare qualcosa in un occhio è piuttosto alto, ed allora è necessario premunirsi. La Direzione invece ha valutato i rischi che si corrono in laboratorio: pressoché nulli, hanno concluso. E allora, perché spendere soldi inutilmente?

- Prologo (gennaio). La Direzione, riunita con tutta la Commissione di Sicurezza, vuole ridurre al minimo i rischi. Per quanto riguarda il laboratorio, d'ora in avanti molte materie prime non verranno più campionate: troppo rischioso il prelevamento del campione e il suo stoccaggio. L'acido solforico e l'acido cloridrico, per esempio, possono corrodere coperchi e guarnizioni dei vasetti nei quali vengono campionati e stoccati; ma la lista è piuttosto lunga e alle volte sorprendente, tenuto conto che siamo tutti chimici di buoni studi e di lunga carriera.
- Anche l'acqua ossigenata? - chiedo io
- Sì, hai ragione: ma tanto a te cosa ti interessa? A loro va bene così, e per noi è tutto lavoro in meno.
Boh, un po' a me dispiace: fare il chimico di laboratorio è divertente, e analizzare le materie prime aiuta a tenere in mente concetti e formule... Comunque il mio collega ha ragione: non è una decisione che spetta a me, e mi toglie un po' di lavoro. Pazienza: si può fare, perché lavoriamo in regime di Certificazione di Qualità. Le materie prime arrivano dai nostri fornitori con il loro bravo Certificato d'Analisi, che è un Documento Ufficiale; e anche noi facciamo così con i nostri prodotti in uscita. Se tutto è certificato non c'è bisogno di controllare, no?

- Tragedia (agosto) E' l'ultimo giorno di lavoro, poi la fabbrica chiude. Io sono già in vacanza e lo verrò a sapere a fine mese, ma proprio all'ultimo giorno di lavoro il mio collega che si cura del prelevamento dei campioni ha un incidente serio: nel riordinare i vasetti dei campioni, scivola sulla scaletta e ne rovescia alcuni dagli scaffali. Sfortuna vuole che uno dei vasetti, rovesciandosi, versi una parte del suo contenuto nei suoi occhi; fortuna vuole che il danno non sia grave, anche se l'amico avrà da tribolare per tutto il mese di agosto.
L'uomo viene trasportato d'urgenza al pronto soccorso, e di conseguenza si apre un verbale relativo all'infortunio, cosa che fa sempre cattiva impressione, nei riguardi dell'azienda, e fa scattare aumenti assicurativi. Di conseguenza, il Direttore in persona piomba in laboratorio, convoca tutti i presenti e ordina (sottolinea: ORDINA) che d'ora in poi, per prevenire questi incidenti, tutti (dicasi: TUTTI) dovranno portare gli occhiali di protezione; e dovranno portarli sempre (ovvero: SEMPRE ) qualsiasi cosa si faccia, anche un travaso d'acqua distillata.
Al mio rientro in fabbrica, provo a discutere la cosa e a ragionarci sopra. Primo: il vasetto conteneva acido solforico. Da dove veniva l'acido solforico, per di più concentrato? Non ne erano stati vietati il campionamento e lo stoccaggio? Secondo: il campionatore stava usando una scaletta a norma, questo sì: ma il terreno sul quale poggiava non era livellato, e anzi un po' accidentato. La scaletta, d'alluminio e leggera, non era in piano; e già una volta io, salendoci, avevo rischiato di ribaltarmi. Terzo: com'è che sei mesi fa gli occhiali non erano necessari, e adesso invece bisogna portarli sempre ma proprio sempre?

- Conclusione (settembre). Sono nell'ufficio del Direttore. Con lui c'è il Capo del Personale. Mancherebbe la Dottoressa, che è quella che mi ci ha mandato: ma forse è meglio che non ci sia, meglio discutere queste cose tra addetti ai lavori. Espongo le mie considerazioni, e il Direttore risponde ad alcune delle mie osservazioni, ma non a tutte. Per esempio, io so perché c'era qual vasetto di acido solforico: veniva dall'impianto di solfatazione, del quale è un sottoprodotto. Quando l'impianto non funziona bene e c'è qualche dubbio, il dottor Biribò fa prelevare un campione di acido solforico per farne il titolo (cioè la concentrazione). E' un acido solforico nero e fumante, non quello limpido e denso che gli alchimisti chiamarono, per l'appunto, vetriolo: è nero perché sporco, e fuma perché contiene anidride solforosa e solforica. Come procedura, disposizioni interne a parte, può andare; non può andar bene invece il fatto che detto acido solforico fumante venga campionato dentro vasetti di vetro buoni per la marmellata o i sottaceti, come facciamo da sempre in questa Ditta. Il Direttore ascolta questa mia considerazione e anche tutte le altre, e scuote la testa: non ho capito, e se ne dispiace sinceramente perché mi conosce bene e apprezza molto il mio lavoro. Ribadisce l'obbligo di portare sempre e comunque gli occhiali di plastica trasparente: fanno così anche in Germania, non lo sapevo forse? E' la norma, e non si discute. E poi, via, non è vero che la scaletta traballa! Ma la parola finale la lascia al Capo del Personale, che fin lì è rimasto zitto o quasi. Anche lui è una brava persona, è molto comprensivo e fin qui ha avuto pazienza, mi spiega; ma ormai certe cose dovrei saperle, dice: siamo in fabbrica, e si esige disciplina. Il concetto lo spiega ancora meglio, e lo ribadisce più volte durante il suo intervento:
- Lei non deve rompere i coglioni. Lei deve smetterla di rompere i coglioni. Se proprio vuole rompere i coglioni, vada a farlo da un'altra parte...
Eccetera, con variazioni sul tema, ma non molte. L'importante è il concetto, che è solido e ben chiaro.

- Epilogo. Esco dall'ufficio del Direttore e vado finalmente in magazzino a ritirare il mio dpi, cioè gli occhiali di plastica trasparente che mi serviranno da protezione.
- Sono piccoli, mi vanno stretti e rischio di cacciarmi le stanghette in un occhio. E poi mi segnano il naso, - dico all'amico magazziniere, forte della mia trentennale esperienza di utilizzatore di occhiali.
- Spingi un po' che entrano. - mi risponde l'amico.
Ed è vero. Spingendo un po', entrano; e dopo un po' si assestano. L'unico problema è se si appannano, o magari se si rigano...

- Finalino moralistico (marzo, l'anno dopo). Arriva in laboratorio Luciano B. con un vasetto (tipo sottaceti, coperchio metallico) pieno di roba nera, fumante. Ha i guanti, il casco, gli occhiali e la maschera di protezione.
- Che cos'è? - gli chiedo.
- Ah, niente, le solite cose. L'impianto di solfatazione non va bene e il dottor Biribò vuole sapere com'è il titolo dell'acido solforico. Telefona subito in reparto, che è urgente.
(anni 2000-2003)

PS: ad oggi, anno 2020, gli incidenti sul lavoro continuano ad esistere. Per essere più precisi: ci sono meno posti di lavoro, ma gli incidenti sul lavoro (anche gravi, o gravissimi) continuano a crescere. L'illusione è che tutto si possa risolvere con un casco, un paio d'occhiali, i guanti: sono più che sicuro che gli operai morti all'acciaieria Thyssen di Torino avevano il casco in testa, e magari anche tutti i dpi; ma se avessero detto cosa non andava sarebbero stati licenziati. Negli anni '90, prima delle leggi sul lavoro oggi in vigore, i corsi sulla sicurezza (l'allora legge 626) erano gestiti insieme da Sindacati e Confindustria, alla pari: si insegnava che lavoratori e datori di lavoro avevano pari valore, quando si trattava di non farsi male. Ma, a quei tempi, essere licenziati era ancora abbastanza difficile; oggi non serve nemmeno più licenziare, esistono i contratti a termine.

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