Adesso che le acque si sono un po’ calmate, posso dirlo: io c’ero. Non al bunga-bunga presidenziale di cui si è parlato in questi giorni, s’intende, ma al Teatro dell’Elfo nel gennaio 1987: ad ascoltare Claudio Bisio che raccontava la storiella del bunga-bunga. E’ un storiella che ho memorizzato e raccontato più volte, in questo quarto di secolo che è passato, perché è vero che non è il massimo della finezza, ma è divertente e ha inaspettati risvolti filosofici; e va a toccare uno dei temi cruciali della nostra esistenza.
Non sto scherzando: quante volte vi è successo che vi stessero mettendo davanti a una scelta, per poi accorgervi che la scelta, in realtà, non esiste? E non è finita qui, perchè non solo la scelta non esiste, ma la vostra decisione in merito non ha alcuna importanza. Un classico e lampante caso di bunga-bunga, in questi ultimi mesi, è stato il dibattito aperto alla Fiat di Pomigliano d’Arco: qualcuno ha davvero pensato che ci fosse una possibilità di scelta? Il bunga-bunga può anche essere divertente, ma lo è solo per il vincitore.
La storiella, così come la raccontava Claudio Bisio, la trascriverò qui sotto (vado a memoria), per intanto racconto qualcosa dello spettacolo, che si chiamava “Comedians” e che raggruppava un bel gruppetto di attori: Paolo Rossi, Claudio Bisio, Silvio Orlando, Antonio Catania, Renato Sarti, Alberto Storti, Renato Carpentieri,Gianni Palladino, Gigio Alberti, Luca Toracca. Regia teatrale di Gabriele Salvatores, che avrebbe poi tratto un film dallo spettacolo, “Kamikazen”, uscito nel 1987. “Comedians” nell’originale era opera dell’inglese Trevor Griffiths, e fu molto riadattato nella versione italiana, perché è un testo che ben si presta a improvvisazioni e cambiamenti calibrati sui diversi attori che lo interpretano di volta in volta. Nel film, e anche a teatro, Paolo Rossi esponeva con estrema serietà la filosofia dello Sgurz: ma dello Sgurz, e delle sue implicazioni filosofiche, converrà parlare un’altra volta, se no questo post non finisce più. E’ dunque l’ora del bunga bunga, eccolo qua.
Siamo nell’Africa dell’Ottocento, tempo di guerre coloniali: immaginarsi qualcosa come la guerra anglo-boera, o “Le quattro piume” di Zoltan Korda. Un drappello di soldati inglesi in perlustrazione viene assalito dagli africani, che sono in numero esorbitante e vincono la battaglia. Rimangono tre superstiti: un ufficiale e due soldati. I tre vengono portati al campo dei guerrieri africani, dove assistono ai festeggiamenti. Sono un bel po’ spaventati, e la preoccupazione cresce quando vedono staccarsi dal gruppo dei festanti, e avvicinarsi a loro, due persone: il capo, e uno dei guerrieri che parla un buon inglese e si presenta come interprete. Il capo sta in silenzio, parla l’interprete.
Interprete: Il Grande Capo ha osservato il vostro coraggio durante il combattimento, e ha deciso di offrirvi una possibilità: di solito non diamo scampo ai prigionieri, ma stavolta potrete scegliere fra la morte e il bunga bunga.
Uno dei soldati inglesi: Cos’è il bunga bunga?
Interprete: Non so tradurre bene...non trovo parola inglese corrispondente. Bunga bunga è un rito, una festa, come dire? Bunga bunga è bunga bunga...
Il primo soldato accetta subito la proposta: la morte si sa cos’è, il bunga bunga chissà. Viene preso e sodomizzato da tutti i guerrieri; ma alla fine si rialza, un po’ stordito ma vivo. Il secondo soldato, che ha visto tutto, non è affatto contento: ma che fare, in fin dei conti il suo collega è ancora vivo, sia pure un po’ barcollante appare in condizioni accettabili. Anche il secondo soldato accetta il bunga bunga; ora è il turno dell’ufficiale. L’interprete e il Capo sono davanti a lui, in attesa della sua decisione.
Ufficiale: Non posso accettare. Io sono di nobile stirpe, stirpe di soldati che hanno sempre combattuto con onore; questo sarebbe un disonore. Scelgo la morte.
L’interprete traduce e il Capo ascolta con grandi cenni di meraviglia; poi abbraccia l’ufficiale, è commosso, e gli fa un lungo discorso in cui l’unica parola comprensibile, detta alla fine, è bunga bunga.
Interprete: Grande Capo commosso. Ho tradotto il tuo discorso parola per parola, e Grande Capo ha apprezzato molto. Tu hai scelto la morte, e morte avrai. (nell’allontanarsi, festante) Ma, prima, un po’ di bunga bunga!
(siccome sono stato bravo e ho conservato il programma di sala, metto le foto originali: faccio notare che Bisio era già pettinato come oggi) (“da che pulpito!”)
PS: chi volesse trovare la versione “storica” del bunga-bunga può fare un giro in rete usando un motore di ricerca: si tratta, a quanto dicono, di una magnifica burla (ma niente sesso) fatta da alcuni studenti inglesi alla Reale Marina Britannica, e vi sarebbe coinvolta nientemeno che Virginia Woolf, allora giovanissima.
PPS: siamo ad un livello culturale così basso, ma così basso, che sono riusciti perfino a rovinare la storiella del bunga-bunga. Non sono ancora riuscito a darmene pace.
Life History of the Forget-me-not
10 ore fa
5 commenti:
Ricordo con grande nostalgia alcuni programmi televisi dei primi anni novanta, con Paolo Rossi, Antonio Albanese, Bisio, e molti attori di "quel giro lì". Li davano in Rai, anche in prima serata. E' grazie a loro che ho imparato ad apprezzare i monolghi lunghi e scritti bene, a recuperare Dario Fo e Giorgio Gaber. Oggi ci sono spettacoli di cabaret volgari e svilenti, e trasmissioni come "Vieni via con me" vengono accolte com eventi sensazionali, pur essendolo, forse, solo in parte. Beh, tutto questo per dire che ho rivisto Paolo Rossi proprio a "Vieni via con me" e mi ha messo un po' di tristezza. Forse era solo una serata storta, forse era stanco, forse non lucidissimo, ma farfugliava confuso, non azzeccava i tempi comici e faticava a strappare un sorriso. O forse anche Gino e Michele stanno invecchiando.
Non è che fosse tutto ad altezza stratosferica, in "Comedians" - anzi, a dire il vero c'erano poche cose davvero belle. Però poi Bebo Storti e Renato Sarti hanno fatto ottime cose (le meno pubblicizzate), Silvio Orlando è diventato un bravo attore, Bisio non ha dato il suo meglio ma quantomeno non ha mai sbracato. Forse il meglio della mia generazione è venuto da Marco Paolini, che ha un paio d'anni più di me.
Ma è comunque penoso far notare come si sia mandato tutto in letame (gentile eufemismo), non solo Verdi e Leopardi ma perfino la barzelletta sul bungabunga che quando la raccontava Bisio era molto divertente e ben costruita (ho cercato su youtube, purtroppo non c'è)
La barzelletta a parer mio è volgarotta e penosa, degna degli italiani che ridono sempre quando si parla di sesso e negri. Certo Berlusconi fa più pena di tutti, a raccontare coram populo una barzelleta stravecchia e, per di più, non sapendola proprio raccontare.
Bisio è un bravo personaggio di spettacolo ed ha scelto la sua strada; a me le pubblicità delle pagine gialle o dell'enalotto ( o qualcosa di simile) fanno sempre sorridere.
Ma hai guardato poi quel sito che ti ho segnalato?
Alla Fiat, con Marchionne, sono esattamente in questa situazione. Lo so che non fa fino, ma nelle barzellette c'è quasi sempre un fondo di verità. (dico "quasi sempre" perché quella che raccontava Berlusconi, quella della bestemmia, è veramente orribile e senza senso).
Mi hai scritto di recente?
Di recente non proprio, diciamo una ventina di giorni fa.
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