Per quel che mi riguarda, sono sempre
stato alla larga dalle trasmissioni sul tipo di quelle che conduceva
Aldo Biscardi. Ho ricominciato a guardare le trasmissioni sul calcio
nel 2006, al tempo di "calciopoli", per cercare di capire
cosa stava succedendo. Avevo trovato diverse voci interessanti, ex
calciatori come Anastasi, Mazzola, Mondonico, Francesco Morini,
Ferrario, e soprattutto il giudice Piero Calabrò al quale devo dei
ringraziamenti per le spiegazioni precise e chiarissime sul diritto
sportivo (e non solo). Da allora, però, le cose sono cambiate e si è
arrivati all'odierna - mi si perdoni la chiarezza - fiera del
cretino. Un po' alla volta, le voci più serie e più preparate si
sono tirate indietro, le tv private hanno preferito scegliere chi
urla di più e i discorsi da bar (tra ubriachi, mi verrebbe da
dire). Passi per le emittenti più dichiaratamente commerciali (c'è
sempre il telecomando a disposizione) ma ascoltare certi discorsi su
TeleNova, l'emittente della CEI e quindi dei Vescovi è veramente
deprimente. La star è un ex calciatore che sembra sempre ubriaco
(non lo è, e questo preoccupa) e sempre pronto a gridare; nella
parte "seria" della trasmissione si depreca il fair play
finanziario ("ai tifosi non interessa se hai i bilanci in
ordine": una vera bestemmia, su una TV che dovrebbe educare), e
così via. Non va meglio sulla Rai, dove trasmissioni un tempo
gloriose come La Domenica Sportiva si riducono a una sbrodolatura di
parole inutili con ospiti inutili, dove per vedere la partita che ti
interessa ti tocca stare alzato fino all'una di notte: non perché
trasmettano servizi e immagini, ma proprio per farti ascoltare le
sbrodolature.
Gianni Brera sarebbe infastidito da
tutte queste chiacchiere inutili, lui andava al sodo oppure faceva
divagazioni alte, da persona di cultura. Questo dovrebbe essere il
compito principale (morale) di chi scrive di calcio: il calcio è
seguito anche da persone di scarsa o nulla istruzione, è
un'occasione per migliorare le persone e la società, e farsi
sfuggire queste occasioni è davvero un peccato grave.
« (...)All'epoca (quando Brera
iniziò a scrivere professionalmente, dopo il 1945), molti di quelli
che avevano scritto sui giornali fascisti si erano riciclati nello
sport, ma tirandosi dietro una scrittura estremamente retorica, fatta
di "fantaccini d'assalto", "estremo sacrificio",
"cuore oltre l'ostacolo"... Per reazione, e anche come
forma di lotta all'analfabetismo, i giornali mandarono a scrivere di
sport, il genere più popolare, le loro firme migliori. Da Montanelli
ad Alfonso Gatto, dalla Ortese a Pratolini e Orio Vergani.
L'operazione di Brera è figlia di quel fermento.»
(Gianni Mura, intervistato sul
Venerdì di Repubblica 30.08.2019, per i cent'anni di Gianni Brera)
Siamo tornati a quello stesso punto, là
dove ha iniziato Brera, e direi che stiamo anche peggio perché non
si prende nessuna iniziativa contro il tifo violento, organizzato in
vere e proprie bande molto vicine alla criminalità. Ascolto qualche
parola, qualche deprecazione, ma poi andare contro il tifo violento
significa perdere ascoltatori, quindi le tv commerciali (che hanno
bisogno dell'audience e sono quasi sempre dei semplici contenitori
per la pubblicità) finiscono con l'assecondare il tifo, dicendo cose
come "senza le curve lo stadio è un mortorio", e così
via. Ormai il commento sportivo è quasi sempre becero o inutile, e
le eccezioni sono pochissime. Qualche esempio di altre occasioni
perdute: tempo fa Moggi (il perfido Moggi...) lanciò un suggerimento
per un'inchiesta sulle squadre di calcio fallite finanziariamente
dopo aver raggiunto obiettivi importanti, scudetti o promozioni in
serie A. L'elenco è lungo, lunghissimo: Napoli, Torino, Sampdoria, e
se poi si scende nelle categorie inferiori ci si accorge che ormai da
decenni la serie C non è fatta sulla base delle classifiche ma sul
criterio del "chi è rimasto in piedi" , cioè partecipano
le squadre che non sono finite davanti al tribunale dei fallimenti
(un'ecatombe ogni anno). Ci sono poi veri e propri scandali
finanziari, squadre di fatto fallite ma salvate da amicizie
importanti (Lazio e Roma, l'Inter di Moratti...).
Brera si interrogherebbe sul perché ci
siano così tanti calciatori provenienti da federazioni estere, dato
che l'Italia è stata da sempre una scuola di campioni o di ottimi
giocatori. La risposta, a dirla tutta, starebbe alla Guardia di
Finanza: far crescere e far giocare un ragazzo delle nostre parti (se
è figlio di immigrati non importa) non porta soldi nelle tasche di
agenti e procuratori. Far arrivare un calciatore dal Sud America,
invece, può essere utile per portare un bel pacco di soldi in
qualche paradiso fiscale caraibico: per cose come questa, è bene
ricordarlo ogni tanto, fu condannato per frode fiscale nientemeno che
Silvio Berlusconi. Non per il calcio, ma per i diritti di film e
serie Tv; l'operazione è comunque molto simile (cinque anni di
carcere in via definitiva, se non ricordo male). Sul perché la
Finanza non indaghi ci si può interrogare, ma certo toccare il
calcio non è facile, al punto in cui siamo arrivati. Ci sarebbero
poi le tante interviste a Maradona, ma mai che si ricordi che
l'acquisto di Maradona è collegato al fallimento del Banco di
Napoli...
Sempre da Gianni Mura, nell'articolo
citato sopra, leggo che Brera si offese e diede del pirla a Umberto
Eco, che lo aveva paragonato a Gadda, "un Gadda spiegato al
popolo", cioè un Gadda minore; ma è così per davvero, Carlo
Emilio Gadda è stato davvero uno dei giganti del Novecento ed essere
paragonati a lui, sia pure in minore, è una cosa di cui andare
fieri. Gadda era più vecchio di Brera, ma i suoi libri più
importanti sono stati pubblicati negli anni '50 e '60, quando il
giovane Brera cominciava a diventare una firma importante. Facile
immaginare che Brera si sia letto tutto Gadda, prendendolo a modello
magari senza pensarci troppo. La verità è che Eco stimava Brera,
lo leggeva e lo conosceva. Mi viene da dire: magari lo dicessero a
me, che somiglio a Gadda ma in piccolo...
In conclusione, il discorso non
riguarda solo l'ambito sportivo ma un po' tutto il giornalismo e il
mondo della cultura in generale. Lascio da parte la politica e il
modo in cui viene descritta, però non posso non segnalare che ho
appena visto in tv a "Quante storie", il programma di
Raitre che è stato di Corrado Augias, l'esaltazione dei Vanzina
davanti a degli studenti universitari di una scuola di cinema. Se il
dopo Augias è l'esaltazione dei Vanzina, se nelle scuole di cinema
si insegnano Fantozzi e Lino Banfi, siamo davvero messi male. I grandi
giornalisti, i grandi scrittori, i grandi conduttori televisivi, non
hanno avuto eredi.
Tornando allo sport, chissà cosa
direbbe Brera del ciclismo, dove chi vince il Giro o il Tour viene
subito dopo squalificato e arrestato, magari anche dopo dieci anni.
Vale la pena occuparsi ancora di queste cose? A chi credere, di chi
fidarsi? Possibile che nessuno si ponga queste domande?
Non credo che Gianni Brera oggi
scriverebbe di calcio, forse farebbe tutt'altro, magari l'ingegnere o
l'astronauta, vista la sua passione per il paracadutismo. Da questo
giornalismo, e da questo calcio, meglio star lontani.
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